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Vivisezione, sperimentazione animale… qual è la differenza?

“La sperimentazione animale non serve al progresso della medicina”. Intervista a Susanna Penco

 

Susanna Penco, è biologa, ricercatrice e docente presso l’Università di Genova, socio fondatore di Osa – Oltre la Sperimentazione Animale, ricercatrice nell’ambito delle cellule staminali. Ha iniziato la sua ricerca attraverso sperimentazioni in vitro ed è stata tra le pioniere dei metodi alternativi e sostitutivi basate su cellule umane.È convinta che sia proprio la sperimentazione animale ad allontanare le soluzioni e quindi la guarigione per i malati.

 

Il tema che trattiamo è complesso, controverso, investe il piano etico, quello animalista, ma anche gli effetti che la ricerca sugli animali può avere sull'uomo. Sono tanti gli argomenti che mi piacerebbe trattare con lei. Partiamo dalla vivisezione, un termine che non si usa più. Oggi si usa “sperimentazione animale”. Qual è la differenza secondo lei?

Non c'è una differenza vera e propria, diciamo che è una questione di termini, ossia, “sperimentazione animale” è il termine utilizzato attualmente ed è corretto; con “vivisezione” s’intende quando un animale viene sottoposto a un esperimento senza anestesia. In realtà gli animali ora vengono anestetizzati prima di essere sottoposti ad un intervento chirurgico, però magari non ricevono poi l'antidolorifico quando si risvegliano. Pertanto, se vogliamo farne una questione di effettivo dolore che l'animale prova, la vivisezione esiste ancora, anche perché ci sono molte deroghe; è chiaro che se un ricercatore sottopone un progetto nel quale, per esempio, l'uso dell'anestetico o dell'antidolorifico è inopportuno per l'esito dell'esperimento, ecco che si applica una deroga.

Quindi, diciamo che la vivisezione fa parte della sperimentazione animale, semplicemente. Però forse, più che delle parole bisognerebbe preoccuparsi del contenuto; non della forma ma della sostanza, ossia di quanto effettivamente gli animali soffrono. Se teniamo presente tutte le procedure cui possono essere sottoposti gli animali (e questo da direttiva, secondo la norma) direi che gli animali non si salvano dalla sofferenza.

 

 Susanna Penco, biologa, ricercatrice e docente presso l’Università di Genova
Susanna Penco, biologa, ricercatrice e docente presso l’Università di Genova

Lei in un'intervista ha parlato di vere e proprie torture sugli animali sottoposti a ricerca medica. Vogliamo elencarne qualcuna, anche se fa male sentirlo?

Sì, per esempio c'è proprio un allegato che fa parte della direttiva che abbiamo recepito.Si trova online,è l'allegato 7 per l'Italia (che in realtà è allegato 8 in Europa), che comporta prove di tossicità in cui la morte è il punto finale e in cui si prevedono decessi accidentali e sono indotti stati fisio-patologici gravi. Per esempio, prove di tossicità acuta con una dose unica con la quale l'animale muore e, naturalmente, non lo aiutiamo a morire, possiamo solo starlo a guardare. Oppure, prova di dispositivi che in caso di guasti possono provocare angoscia e dolore intensi, o la morte dell'animale. Ancora, la permanenza in gabbie metaboliche che comportano l'isolamento dell'animale. La gabbia metabolica è una gabbia piccola, angusta e isolata in cui l'animale deve rimanere fermo. Gli possiamo dare il cibo, naturalmente, e magari dobbiamo raccogliere le feci o le urine, e l'animale vive isolato per un tempo non ben determinato. C'è da tener presente che un giorno di dolore è già molto lungo per noi che viviamo una media di ottant'anni. Pensiamo a quanto è lungo un giorno di sofferenza nella vita di un topo che di anni ne vive due.

 

È terribile...

In effetti non ci si può sottrarre alla critica, chi lo fa deve comunque accettare che altri umani come lui possano non condividere. Anche senza parlare di esperimenti invasivi, che sono la maggior parte, l'isolamento completo, soprattutto in specie socievoli come possono essere i cani o le scimmie (ma anche un topo, anche i roditori sono animali socievoli) per un periodo lungo possiamo definirlo tortura. Non trovo un altro termine.

 

La mia associazione (SOS Gaia – N.d.R.), insieme alla LAV e altre associazioni animaliste, sta conducendo una battaglia contro l'uso dei macachi per il progetto LightUp che sicuramente lei avrà seguito. Anche qua si tratterebbe di tortura perché – a parte il fatto che è una battaglia emblematica poiché vogliamo mettere in luce le centinaia di migliaia di altri esseri che vengono torturati ogni anno, non solo questi sei macachi – gli stessi ricercatori hanno affermato che questo esperimento comporta “grave sofferenza. E la fase finale è la morte.

Vivisezione, sperimentazione animale… qual è la differenza?

Dobbiamo anche pensare che questi animali vengono isolati e le procedure sono invasive, ma se nessuno ha nulla da temere, se davvero è dimostrabile che le procedure sono indolori, potremmo pensare a delle telecamere. Quando io lavoro sotto cappa, in laboratorio, mi farebbe piacere che ci fosse una telecamera alle mie spalle, poiché non ho nulla da temere. Mi piacerebbe essere ripresa, primo, per dimostrare che se commetto un errore è un errore perfettamente in buona fede; e poi, anche per far giudicare ad altri, magari chi mi finanzia, la qualità del mio lavoro. Sarebbe bello il grande fratello degli stabulari, è tanto tempo che lo invoco, mi piacerebbe proprio perché, davanti alla maledetta concretezza dell'immagine, si potrebbe giudicare quanto effettivamente questi animali stiano bene, quanto soffrano o no.

 

Io credo che sia un po' come il termine “vivisezione”: si vuole dare l'impressione che ci sia un'evoluzione anche rispetto al benessere degli animali, cosa che non credo molto.

Prima di questa direttiva a dire il vero c'era proprio il Far West: era lecito fare qualsiasi cosa. Se non altro, adesso occorre una sorta di giustificazione, ossia occorrono dei progetti che devono essere poi approvati. Non cambia il risultato finale: gli esperimenti comportano dolore. Cambia più la forma che la sostanza.

 

Lei sostiene che la ricerca sugli animali non serve e può essere anche dannosa per l'uomo. Perché?

Qua ci sono i numeri, nel senso che soprattutto per quanto riguarda la parte più grande, la tossicologia, la farmacologia, cioè la creazione di un farmaco, è dimostratodalla FDA (Food and Drug Administration), ossia dell'ente americano più celebre in tema di controlli sui farmaci e anche sugli alimenti, che su quasi il 100% di molecole che sono disegnate e poi applicate sugli animali, il 98 e rotti percento di questi farmaci poi non arrivano fino all'uomo. Questo mi pare che sia grave, è importante da sottolineare proprio perché dobbiamo cambiare metodo. Così come non si può pensare di studiare malattie come l'Alzheimer o la schizofrenia, in cui l'uso del linguaggio è fondamentale per porre diagnosi; direi che studiarlo sull'animale che non parla è davvero un controsenso in termini oltre che in fatti.

 

 

Anche perché la sperimentazione finale dev'essere comunque fatta sull'uomo.

Per forza, lo prevede la legge. Lo vediamo anche adesso con quella serie di vaccini in tempo di Covid che sono stati creati in svariati paesi del pianeta: quando dall'animale si passa all'uomo è la resa dei conti e ci sono spesso molte sorpresenel campo dei farmaci. Quindi, la cosa più corretta e più opportuna da fare, non solo per il bene degli animali, ma anche per il nostro, sarebbe approfondire molto la fase in cui si somministra la molecola, il farmaco, su tutto quello che deriva dall'uomo, per esempio cellule, tessuti umani. Tra l'altro, adesso esistono delle apparecchiature chiamate bioreattori in cui si possono ricostruire non solo degli organi, ma addirittura degli apparati, nonché dei modelli di malattia.

 Il caso della sperimentazione sui macachi, su progetto dell’Università di Torino. Un caso che fa molto discutere
Il caso della sperimentazione sui macachi, su progetto dell’Università di Torino. Un caso che fa molto discutere

 

 

Infatti, le moderne tecnologie dovrebbero consentire questo aspetto. Parlando ancora di vaccini, un argomento quanto mai attuale, la senatrice Cattaneo ha dichiarato che non si può fare a meno della sperimentazione su ratti e topi, e chi dichiara che la sperimentazione animale è inutile fa pura propaganda. Penso che lei sia a conoscenza di questa affermazione.

Sì, ho anche già risposto però purtroppo non mi invitano a “Porta a porta” e non ho modo di sottopormi a un confronto. Vorrei essere contraddetta, mi piacerebbe che qualcuno mi dimostrasse di aver torto. Purtroppo, non è ancora capitato, anche perché è passato troppo poco tempo perché la sperimentazione sia stata seguita secondo i canoni e, purtroppo, non trapelano notizie, nel senso che nessuno racconta effettivamente come sono stati creati questi vaccini, pertanto sono dati che non abbiamo. Però, vista la fretta che c'è stata, immaginiamo (io e molti altri addetti ai lavori) che la fase sull'animale sia stata quasi bypassata, seppur la legge lo preveda. Pertanto, probabilmente gli esperimenti sono stati condotti in contemporanea, in parallelo sull'uomo e sugli animali. C'è da dire che la fase che può essere più illuminante è proprio la fase condotta su tessuti, organi e cellule umane, proprio perché sono umane quindi appartengono alla nostra specie. Così come sappiamo – ma basta guardare la televisione – che un antiparassitario che funziona su un cane può essere letale per un gatto, e addirittura, a seconda della razza del cane, può essere necessario utilizzare farmaci antiparassitari diversi perché c'è differenza tra le varie razze. Pensare di poter trasferire il dato da un animale lontano come il topo a noi è veramente poco credibile, per cui siamo tutti un po' in pericolo finché andremo avanti così; e quantomeno verranno sprecate molte risorse economiche e umane, perché molta gente sta dietro a un modello che è ormai bypassato. Nessuno nega che sia servito in passato, però la tecnologia va avanti, è un po' come se io mi ostinassi a voler usare il fax e non il computer.

 

Parliamo di metodi alternativi. Lei è una ricercatrice sul campo, oltretutto non fa mistero di essere affetta da sclerosi multipla, quindi diciamo che sperimenta anche sulla sua pelle ciò che afferma.

Sì, certo, nel senso che essendo malata, avendo dei parenti malati di altre patologie, ed essendo poi un'addetta ai lavori so bene quantogli esperimenti sugli animali abbiano ritardato delle conoscenze importanti, per esempio sull’Alzheimer. I farmaci studiati sugli animali per l’Alzheimer sono stati fallimentari al punto che grandi multinazionali hanno abbandonato i progetti. Ci vorrebbe proprio una mentalità nuova.

 

Pensiamo a quanto è lungo un giorno di sofferenza nella vita di un topo che di anni ne vive due.
“Pensiamo a quanto è lungo un giorno di sofferenza nella vita di un topo che di anni ne vive due.”

Però i metodi esistono.

Sì, i metodi ci sono, per esempio quelli che chiamiamo “metodi alternativi” che, in realtà, potrebbero essere sostitutivi. Coi modelli matematici, con le simulazioni al computer già si possono ottenere moltissime informazioni che prima non avevamo. Poi c'è tutto il materiale di origine umana: le cellule, i tessuti, gli organi, tutto quel materiale che viene, per esempio, dalla sala operatoria e che dev'essere incenerito, dev'essere smaltito. E questo è un costo, nonché uno spreco immenso, perché se ci fosse davvero un collegamento efficace ed efficiente tra la sala operatoria e il laboratorio che riceve i materiali, gli studi da fare sarebbero infiniti, non solo per quel determinato paziente ma anche per altre persone con patologie del genere, nonché per i figli, nipoti, la progenie del paziente che è stato operato. Quando, per esempio, togliamo un tumore, o un organo o una parte di esso, non si toglie solo il tumore, ma si toglie anche un po' di tessuto sano circostante quindi, bingo! avremmo sia del materiale tumorale da studiare, sia del materiale sano, per cui avremmo anche delle cellule sane di umano da studiare. E poi non dimentichiamo che ora è molto in voga, giustamente, la medicina di genere, per esempio una medicina dedicata all'uomo o alla donna. Perché siamo diversi, abbiamo un assetto ormonale diverso e quindi certi farmaci possono avere un orientamento metabolico diverso, anche nei bambini o negli anziani, quindi questo è proprio il concetto della specie specificità della ricerca.

 

Immaginiamo quindi quanto possa essere diverso da noi un topo, se siamo diversi già tra uomo e donna…

Esatto, quindi è proprio una ricerca fuorviante, una ricerca che ora dovrebbe essere bypassata. Poi teniamo presente che, per esempio, per far studiare i giovani chirurghi si possono utilizzare i cadaveri perfusi; ora con la nuova legge è possibile donare il proprio corpo alla scienza e si può – all'estero lo fanno – perfondere il cadavere, quindi simulare ancora una forza di circolazione e addirittura procedere a intervenire su un cadavere. E questo è eticissimo, perché il cadavere non soffre e, se quando era vivo ha donato il suo corpo alla scienza, non potrà che essere contento, ovunque egli sia, di vedere che il suo corpo serve a qualcosa. Come disse Francesco di Sales: “il mio corpo non è servito da vivo, voglio che serva da morto”.Una modestia magari esagerata, però questo è il concetto.

 La liberazione dei beagle di Green Hill, un altro caso che ha fatto scalpore
La liberazione dei beagle di Green Hill, un altro caso che ha fatto scalpore

Poi ci sono dei manichini che sono perfetti, oppure creazioni di apparati respiratori o apparati digerenti con il collegamento di cellule umane nei bioreattori. Per esempio, c'è un modello di diabete, di obesità, di sindrome metabolica.

E poi c'è la ricerca clinica, con le ultime grandi informazioni che abbiamo avuto su malattie terribili come la sclerosi multipla, l’Alzheimer o la schizofrenia. La culla della nascita della schizofrenia è stata identificata recentemente da una dottoressa americanacon la diagnostica per immagini. Significa sottoporre i pazienti, in maniera etica e completamente indolore, a risonanze magnetiche, o tac, apparecchi che ci rimandano delle immagini meravigliose e reali con cui il ricercatore, con la banale (si fa per dire) e attenta osservazione, può verificare cosa c'è di diverso tra un paziente malato di schizofrenia e un paziente sano, oppure tra un paziente malato di sclerosi multipla e un paziente sano. Il futuro è proprio questo, sfruttare la diagnostica per immagini.

Scienze che potrebbero essere utilissime se ben utilizzate, come l'epidemiologia, la statistica, ossia vedere perché in quella popolazione c'è un incremento di malattie e, quindi, con un’anamnesi accurata, capire cos'hanno in comune le persone che hanno avuto una certa malattia. Questo comportamento sarebbe utile non solo per curarli, ma soprattutto per scoprire le cause, quindi operare la parola magica, la famosa “prevenzione” che non è attualmente possibile.

 

I metodi alternativi probabilmente sarebbero molto meno costosi, però questo vorrebbe dire una rivoluzione della società, perché la ricerca senza animali evidentemente non è produttiva per l'economia così com'è impostata adesso. Forse ci sono in ballo profitti miliardari.

Io immagino proprio di sì, anche perché l'utilizzo degli animali è una vera e propria industria, nel senso che c'è qualcuno che li alleva e che li vende. Ci sono poi le lettiere, gli stabulari, c'è dietro tutta un'enorme industria come c’è dietro a tanti altri argomenti. Alcune ricerche in vitro, quindi senza animali, possono essere meno costose, altre possono essere ugualmente costose, però certamente un animale va poi mantenuto: non possiamo andare nei negozietti a comprare il cibo, è necessario che sia tutto certificato e, quindi, i costi lievitano.

Ma, soprattutto, dovremmo guardare al risultato finale: il target è curare l'uomo, quindi studiare l'uomo per curare l'uomo e i veterinari devono continuare a studiare i cani per curare i cani, studiare i gatti per curare i gatti. Sempre tenendo conto chenon è solo una questione scientifica, ma anche etica.

 

 Scimmie negli stabulari
Scimmie negli stabulari

Al di là dell'efficacia, come si può pensare che sia giusto usare degli esseri senzienti per una ricerca a beneficio del genere umano?

Dal punto di vista etico è una cosa che stride, grida, urla. Dal punto di vista etico non possiamopiù far finta di niente. Siamonel 2021, sappiamo perfettamenteche gli animali sono non solo senzienti, ma intelligenti, che possono soffrire, che sono interattivi.

 

L'ha stabilito anche l'unione europea con il Trattato di Lisbona.

Esattamente. Non possiamo ignorarlo. Sono esseri senzienti dei quali non possiamo assolutamente pensare di fregarcene, perché se la scienza non è sottoposta a un'etica allora diventa tutto lecito.

 

E questo ricade poi anche sull'essere umano, perché la stessa logica che ci fa accettare degli abomini così gravi sugli animali è la stessa logica che subiamo anche noi: la logica del profitto innanzitutto. Io credo che ci voglia un salto di civiltà. Lei non pensa che siamo davanti a un salto di civiltà e i vivisettori – perché ormai li chiamo così – sono ormai il passato? Forse è questo il motivo per cui c'è questo accanimento da parte loro nel non voler mollare. Un passaggio culturale tra una fase involuta e una verso la civiltà. Cosa ne pensa?

È un argomento contorto, un po' perché io ho dei colleghi che effettivamente vorrebbero “cambiare aria” ai loro esperimenti, vorrebbero un po' “rinfrescare le pareti” dei loro esperimenti. Però, effettivamente, non è facile. Il primo punto è che se non cambiano le norme, le leggi, noi ricercatori in realtà siamo subordinati alla politica.

 

Però anche la politica è subordinata a chielegge i politici. Ci vuole un salto di mentalità già alla base, e forse c'è già questo cambiamento in atto...

Per taluni sì, ma poi i risultati sono deludenti. È chiaro che ad un certo punto ci sarà una svolta, ma è continuamente rimandata. Tutti i laboratori dovrebbero imparare. Dovrebbe essere obbligatorio per legge l'aggiornamento sui metodi sostitutivi; bisognerebbe essere costretti, perché altrimenti è difficile farlo di spontanea volontà. O perché non tutti siamo sensibili allo stesso modo, oppure perché in effetti non è facile. Intanto la legge prevede che i farmaci vengano testati sugli animali, quindi prevede una fase preclinica prima di passare all'uomo, che è un paravento per non dire “testiamo subito sull'uomo”, ma poi il risultato è identico.

Anche i cani sono usati per la sperimentazione
Anche i cani sono usati per la sperimentazione

Poi c'è tutto l'aspetto delle pubblicazioni. I ricercatori sono costretti a pubblicare altrimenti non ricevono fondi. Una volta che hanno i fondi devono essere veloci a spendere i soldi, altrimenti diventa un problema poterli trattenere. Quindi io devo ricevere i soldi, devo spenderli velocemente e, in tutta questa folle corsa, non ho il tempo di imparare cose nuove ma tendo, umanamente, a fare quello che ho sempre fatto, cioè quello che mi hanno insegnato, quello che ho imparato a fare bene nella vita. Pertanto, a una certa età non è così facile cambiare completamente modo di lavorare. Sa che cosa ci vorrebbe? Che la carriera dei ricercatori prevedesse ogni tre anni di attività un biennio di pausa. In questo biennio, tu ricevi comunque quei fondi, ma questi fondi li dedicherai a corsi di formazione, a imparare un altro modo di lavorare. Basterebbero dieci anni per rivoluzionare la ricerca, per rivoluzionare anche la vita dei ricercatori, di coloro che vorrebbero cambiare modo di lavorare ma che non hanno l'opportunità perché altrimenti non vengono finanziati.

 

È un sistema perverso in cui ricadiamo però anche noi, anche quelli che vorrebbero cambiare.

Esattamente, questo modo penalizza i ricercatori per primi, infatti alcuni si lamentano. Nei corridoi io ricevo le loro lamentele e la loro solidarietà – di taluni, non certo di tutti. Mi dicono: “Io vorrei imparare tutte queste cose nuove, ma come faccio?” Non sono cose facilissime da imparare, occorre tempo.

 

Oltretutto, la divulgazione non aiuta, perché la cultura proposta dal mainstream non cerca il contradditorio. Non c'è un confronto tra opinioni diverse.

Sarebbe anche democratico ascoltare tutte le campane, invece il messaggio che passa è sempre il solito: gli animalisti vogliono fermare la ricerca. Sarebbe utile invece intervistare tutti gli addetti ai lavori, con lauree scientifiche, che sostengono l'opposto di quanto viene sostenuto da una certa frangia della ricerca. Ci sono opinioni contrastanti, ma viene promosso solo colui che sta “dalla parte del potere costituito” e mai all'opposizione, quindi non abbiamo modo di farci sentire se non grazie a voi, a chi ci invita e ci fa parlare. Non esiste proprio il confronto, e quindi alla gente comune, che sta davanti alla televisione, riceve i messaggi di Telethon, AIRC, AIL, AISM che chiedono soldi per la ricerca. In realtà vengono finanziate ricerche su animali, quindi questi fondi vengono anche molto spesso sprecati perché non c'è un vero obiettivo, ne è un esempio una malattia vecchia come l’Alzheimerche è ancora orfana di terapia. Non parliamo di guarigione o di prevenzione, ma è orfana di terapia. E l’Alzheimer è stato descritto nel 1906. Quali progressi abbiamo fatto studiando gli animali?

 

A quanto pare nessuno.

Sì, questo si può proprio dire. Io ho la mamma malata di Alzheimer, e nessuno su questo può mettermi a tacere, perché la mia mamma i farmaci li ha presi: ma è stata una Caporetto, una disfatta. Lo stesso neurologo ci ha compreso quando abbiam detto “Noi buttiamo via i farmaci, perché la nostra mamma non solo è stata peggio, ma ha cambiato personalità, non la riconosciamo più e soffriamo ancora più di prima.”

 

Vivisezione, sperimentazione animale… qual è la differenza?

E che dire dei classici luoghi comuni: “tra salvare mio figlio e salvare un topo io salvo mio figlio.”

Questa è proprio propaganda, ma di bassa qualità.

 

Perché in realtà con i metodi alternativi si salverebbe sia l’uno che l'altro.

Trovo ipocrita parlare sempre del topo, del ratto. Lo si fa perché sono animali che non piacciono alle persone. Perché non proviamo a immaginare che il nostro cane o il nostro gatto di casa lo dobbiamo cedere a un laboratorio, a uno stabulario per sottoporlo a tutte le cose che ho descritto, per il bene dell'umanità? La domanda è: chi lo farebbe? Sarebbe mostruoso, nessuno accetterebbe una cosa del genere. Parlano sempre del topo perché la gente dice “vabbè, cosa vuoi che sia un topo?”Sembra molto lontano da noi.

 

Lei è tra i fondatori di OSA, Oltre la Sperimentazione Animale.

Siamo nati per questo, per dimostrare che abbiamo le competenze per poter valutare una procedura.

 

…E fa parte anche del Movimento Antispecista.

Certo, è una questione etica. Io non credo che possiamo distinguere tra etica e ricerca perché altrimenti finiremmo male. Il Movimento Antispecista di cui faccio parte (sono nel consiglio direttivo) mi è particolarmente caro perché, pur offrendo moltissime alternative molto etiche anche, per esempio, sulla ricerca sull'uomo, sul fatto che i volontari sani vengono pagati (e questo è terribile), ha un occhio in particolare anche per l'etica umana, verso l'uomo. Non sono un'animalista, sono una biologa, sono specialista in patologia generale, ho studiato una vita e conosco la ricerca, quindi non si può fare discriminazione tra animalisti e ricercatori.

 

La ringrazio infinitamente perché è stata chiarissima e la sua opera di divulgazione è importantissima. Quando vuole venirci a trovare, teniamoci in contatto perché vogliamo appoggiare le sue ricerche.

Grazie, volentieri.

 

 

11 marzo 2021