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Pratico la meditazione. E sono animalista. Le due cose non sono apparentemente collegate, ma per me lo sono. Non sono sempre stata animalista, e me ne vergogno. Chiariamo: non ho mai tollerato che si facesse del male agli animali, ma non posso dire di essere stata sensibile nei loro confronti come lo sono ora.

Sono stata carnivora per molto tempo, pur non amando particolarmente né la carne né il pesce. Non cercavo un dialogo con gli animali e mi limitavo a difenderli verbalmente innescando delle agguerrite polemiche con i miei famigliari cacciatori. Ma di fronte alle brutture che sapevo essere compiute nei loro confronti ero come paralizzata da una sorta di fatalismo che mi faceva pensare che tanto questo mondo non lo si poteva  cambiare.

Il vero cambiamento, per me, è iniziato da quando ho cominciato a praticare la meditazione. Inesorabilmente si è innescato un processo di trasformazione che mi ha portato ad essere più incline a guardarmi intorno, a notare la sofferenza altrui (di qualsiasi specie), ad essere meno ripiegata su me stessa, uscendo poco a poco da quel perenne dialogo tra il proprio io e il resto del mondo. Alquanto faticoso, tra l’altro, in quanto il resto del mondo è formato per la maggior parte da altri “io” che si rapportano con il loro personale “resto del mondo”… insomma un casino.

In questa confusione rumorosa a cui ognuno contribuisce con i propri problemi, le proprie ambizioni, sofferenze, aspirazioni, ricordi, aspettative, un intero mondo fatto di frastuono mentale, ecco che la meditazione fornisce un interruttore che “spegne” il proprio e l’altrui rumore, e tutto miracolosamente si placa. Come sentire il verso dei gabbiani nel caos più assordante.

Questo “click” mi ha fatto fare un salto di consapevolezza, e mi sono accorta di non accettare più supinamente il mondo così com’è. A cominciare dalla condizione degli animali. E dall’alimentazione, argomento strettamente collegato.

Ho smesso di mangiare animali, non come una costrizione, ma come una conseguenza della mia presa di coscienza. Semplicemente, non riuscivo più a mangiarli, perché sarebbe stato come mangiare degli amici. Ho fondato l’associazione SOS Gaia per aiutarli concretamente. Ed è proprio tramite la meditazione che ho conosciuto tante altre persone divenute sensibili alle altre specie.

Per questo io credo che i due argomenti, meditazione e animalismo, siano strettamente collegati. Un mondo di meditanti non tollererebbe che gli animali venissero usati come nostri schiavi. Chi pratica la meditazione cerca l’armonia, dentro e fuori di sé. Quindi il mondo dei meditanti è “necessariamente” un mondo armonico, per il semplice fatto che la meditazione produce armonia, e l’armonia è una condizione sine qua non per chi la pratica.

Il mondo animalista è molto variegato, e purtroppo c’è anche chi pensa di essere più animalista degli altri, innescando una sorta di competizione per dimostrare che solo il suo modo di intendere l’animalismo è quello giusto. Si crea così disarmonia in una dimensione in cui si dovrebbe stare uniti per una giusta causa, pur con tutte le sfaccettature che contraddistinguono i singoli e le specifiche associazioni. Le differenze aiutano a crescere, mentre le competizioni basate sull’egocentrismo rovinano il comune lavoro.

La battaglia per la conquista dei diritti degli animali passa per tante azioni, dalla tutela all’aiuto concreto sul campo, dalle campagne di sensibilizzazione ai blitz. Tutto è utile per far emergere il problema e creare una consapevolezza sull’argomento. E’ innegabile che solo con un salto di mentalità globale si possono pretendere delle leggi adeguate.

Ma come si può aiutare veramente gli animali a conquistare il posto che compete loro su questo pianeta in quanto figli, come noi, di Madre Terra? Possiamo aiutarli se siamo disarmonici dentro? Se ci portiamo appresso i nostri conflitti, le invidie, le rivalità, l’ansia e la disarmonia?

E soprattutto, cosa ancora più importante, come poter dialogare con loro per conoscere le loro reali esigenze? Molte volte gli animali sono visti come degli eterni bambini, o come i figli che non si hanno avuti o che ci hanno deluso. Loro non ci deludono perché sanno di dipendere da noi, e faranno in modo, sempre, di accontentarci. Ma chiediamoci quale dialogo potremmo intraprendere con loro se avessimo una mente “pulita”, non appesantita da malumori o stati d’animo negativi che fanno da filtro nei nostri rapporti con loro. Magari scopriremmo di avere davanti, non un figlioletto, ma un amico sincero. Una creatura senziente diversa da noi nella forma, ma anch’essa con una mente complessa e con una consapevolezza molte volte superiore alla nostra.

Non una creatura da aiutare secondo i nostri schemi, ma un fratello a cui dare amore disinteressato, proprio come lui fa con noi.

 

19 agosto 2015