OSSERVAZIONI ALLE PRINCIPALI MOTIVAZIONI DEL COMUNE SUL MANTENIMENTO DEL PROGETTO ZOO IN PARCO MICHELOTTI
di Alessandro Piacenza
PREMESSA
SITUAZIONE ATTUALE : Aggiudicazione definitiva della gara N. 56/2015 per la Concessione di valorizzazione della porzione del Parco Michelotti costituente l’area dell’ex Giardino Zoologico di Torino a favore di - Zoom Torino S.p.a -- Zoom in Progress S.r.l. Tale aggiudicazione è stata fatta in data 29 giugno 2016, esattamente dopo 23 giorni dalle elezioni ed il giorno prima dell’insediamento ufficiale della Giunta Comunale attuale. Però non sono ancora iniziati i lavori e la presa del parco Michelotti da parte dell’aggiudicante in quanto mancano ancora dei presupposti documentali tra i quali il parere delle Belle Arti ed il progetto definitivo da parte di Zoom. Pertanto, essendo ancora tutto a livello astratto formale si ritiene che sia il momento da parte della Giunta di intervenire.
OSSERVAZIONI IN MERITO ALLE DICHIARAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Dalle affermazioni della Sindaca Appendino (durante un colloquio con un attivista al Salone del Libro 2017):
“Il bando era già stato assegnato dall'amministrazione precedente e quindi l'amministrazione non può contraddirlo per il principio della continuità amministrativa”
Si ritiene che non vi sia continuità amministrativa ma continuità politica in quanto altrimenti non si spiegherebbe come normalmente ad ogni cambio di Sindaco, nel caso di elezioni amministrative, vi sia sempre l’attuazione del proprio programma elettorale, differente da quello degli altri. Non si spiegherebbe perché si presentino liste con programmi differenti. Nel caso specifico anche la Sindaca Appendino ha promesso discontinuità con la precedente Giunta contro il “Sistema Torino”, e l’ha attuata ad esempio cambiando competenze a 9 dirigenti su 12, o il progetto di variazione del piano regolatore ed altro.
La discontinuità politica esiste invece nella attuale Giunta da prima delle elezioni a dopo essere stati eletti, proprio con la scelta di voler continuare il progetto zoo,basta richiamare il programma elettorale del Movimento Cinque Stelle torinese.
Sempre dalle dichiarazioni della Sindaca Appendino:
“La rinuncia a proseguire la decisione presa sullo Zoo esporrebbe l’amministrazione a una causa certa che costerebbe milioni, visto che c'è un diritto dal momento che è stato aggiudicato il bando. Inoltre il Consiglio di Stato ha confermato questo diritto.”
Premesso che il Consiglio di Stato non essendo entrato nel merito, così come il TAR Piemonte, non ha sostenuto questo. Per quanto riguarda l’aspetto del risarcimento milionario si richiama al documento dei giuristi primo firmatario Prof. Ugo Mattei. Ma si aggiunge anche che la legge 241/90 prevede che l’amministrazione pubblica possa applicare un atto di AUTOTUTELA per revocare i propri atti. Infatti all’art. 21-quinquies (Revoca del provvedimento) viene previsto che “1.Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (che deve essere letto insieme al concetto di bene comune e di discrezionalità amministrativa) ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.
[1-ter. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico. “
Tale possibilità inoltre è stata citata dalla attuale assessora all’Ambiente della Città di Torino Stefania Giannuzzi che in data 9 gennaio 2017 in una intervista al giornale ‘Vegolosi’ ha dichiarato "dal punto di vista politico siamo in difficoltà, perché non possiamo fermare questa procedura anche se avevamo spiegato in campagna elettorale che avremmo fatto di tutto per fermarlo, ma allora l'iter amministrativo non si era ancora concluso e potevamo intervenire -racconta- il problema è che per fermare questo progetto ci devono essere cause di forza maggiore, come un alluvione che impedisca l'uso dell'area, oppure, citando il regolamento: "sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario", in caso contrario il Comune verrebbe citato per danni erariali che ad oggi non sono quantificabili; in poche parole il Comune di Torino potrebbero dover pagare i danni anche del mancato guadagno di Zoom per i prossimi trent'anni”.
Quindi sia la legge 241/90 sia il regolamento della Città di Torino prevedono la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse…”. Ma cosa si intende per pubblico interesse? Nella filosofia del diritto non si è arrivati a dare una definizione univoca, però si avvicina molto quella che lo associa al concetto di bene comune attuato con la discrezionalità amministrativa per il perseguimento dell’interesse pubblico primario. Si ritiene pertanto che tali sopravvenuti motivi di interesse pubblici ci siano sia per evitare lo zoo con animali sia per privatizzare un importante parco cittadino, un’area di grande pregio naturalistico situata sulle sponde del Po nel pieno centro della città. Tali motivi esattamente sono:
- La tanto dichiarata politica ambientalista e di rivalutazione dei parchi cittadini della attuale Giunta Comunale ( http://www.chiaraappendino.it/programma/#tab4 ) (http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/torino/gruppo-di-lavoro.html )
- L’interesse della maggioranza dei cittadini torinesi, visto che è stata eletta la lista che in campagna elettorale aveva promesso che non si sarebbe fatto lo zoo ed avrebbero rivalutato il verde pubblico, ovviamente non privatizzandolo.
- L’adesione alla manifestazione del 27 maggio e di fatto alla campagna 2017 contro lo zoo, oltre alle 9 associazioni promotrici anche di oltre trenta realtà associative e di movimenti.
- Le circa 2.000 persone, per la maggior parte torinesi, presenti alla manifestazione.
- Centinaia di firme raccolte nelle varie iniziative.
Se l’amministrazione comunale non fosse ancora convinta del pubblico interesse da parte dei cittadini contro lo zoo, privatizzando un parco pubblico, ha ancora una strumento a sua disposizione per poterlo verificare:
- Indire ai sensi dello STATUTO della CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO un referendum consultivo, deliberato a maggioranza assoluta dal Consiglio Comunale, con il quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi su materie che non siano tributi locali, tariffe o provvedimenti esecutivi vincolati dalla legge. Però tenuto conto che un referendum consultivo cittadino potrebbe costare oltre 500.000 euro l’Amministrazione Comunale potrebbe indire delle consultazioni on line ed investire una minima parte dei soldi previsti per un eventuale referendum per le spese di revoca dell’atto.
- Inoltre non si esclude, se non vi sia ascolto da parte della Commissione Consiliare, che le associazioni e i movimenti partecipanti alla manifestazione del 27 maggio u.s., seguendo la procedura formale prevista dallo Statuto, non raccolgano le 2.000 firme per richiedere un referendum abrogativo della delibera della gara o di altri atti amministrativi attinenti.
Se invece non si vuole parlare di revoca ma di recesso dell’eventuale contratto si richiama quanto previsto dall’ex art . 21-sexies della legge 241/90 Recesso dai contratti “ 1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto.” Si invita alla lettura dell’articolo al seguente link: “http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3031 “Sempre in caso di recesso si richiama anche quanto previsto dall’art. 1373 codice civile “Recesso unilaterale.- Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario.” (si presume che l’opzione di recesso sia stata inserita nel contratto tra Città di Torino e Zoom, ma non possiamo saperlo non avendo copia dello stesso - ndr)
Per concludere, non si capisce quale sia il diritto superiore anche alla volontà dei cittadini al quale si appella la Giunta. Inoltre in caso di revoca o recesso di tale bando, esistono dei precedenti e pertanto non sarebbe la prima volta e nemmeno l’ultima, come dimostrato dall’interessante contenuto del link:
“Revoca e annullamento in autotutela della procedura di gara: il Consiglio di Stato esemplifica i casi concreti che consentono alla Stazione Appaltante di fare marcia indietro”
Dott. Alessandro Piacenza
Resp. Settore Giuridico OIPA Italia Onlus