Si ribadiscono qui le considerazioni già formulate a suo tempo in merito agli aspetti soprattutto urbanistici e paesaggistici, con carenze che dovrebbero condurre a invalidare tutta la procedura, ovvero sia il bando che l’aggiudicazione provvisoria, e infine quella definitiva del 29 giugno 2016
LA CONCESSIONE PER VALORIZZAZIONE. Ogni atto di cessione o “valorizzazione” di aree di proprietà pubblica (demanio ed enti territoriali) deve sempre essere accompagnata da una verifica preventiva dell’interesse pubblico di carattere storico, architettonico e paesaggistico dell’immobile. Ciò è richiesto dal Codice dei Beni Culturali. Tale verifica va fatta preventivamente alla alienazione o concessione ad altri soggetti, a maggior ragione se privati. In questo caso invece è stato tutto demandato alla fase attuativa delle proposte progettuali di Zoom, per cui toccherebbe a Zoom ottenere poi le necessarie autorizzazioni per intervenire sugli immobili (Acquario-Rettilario, “Ippopotamo” ed altri reliquati dell’ex-Zoo, e infine le stesse aree esterne), dei quali non è indicata la tutela se non in modo molto generico. Mi pare che questo non sia regolare, nel senso che il Comune cede per “valorizzazione” un complesso di immobili di cui va ancora accertata la possibile tutela, pur tenendo presente che tutta la sponda destra del Po a Torino è oggetto di tutela per Decreto Ministeriale ed è posta in regime di salvaguardia per il PPR che deve ancora essere approvato dal Consiglio Regionale e poi all’intesa col MIBACT. E’ come se l’Amministrazione Comunale rinviasse l’esercizio di questa tutela a un futuro rilascio del Permesso di Costruire, senza un accertamento preventivo. La scheda del Piano Paesaggistico Regionale recepisce ovviamente il D.M. 11 gennaio 1950, che dichiara di “notevole interesse pubblico” tutte “le sponde del fiume Po che attraversa la città di Torino”; e queste si caratterizzano in sponda dx. dalla Gran Madre fino a Sassi per la continuità del viale alberato di platani impiantati verso la metà del XIX sec. Di cui va garantita la conservazione. Poi intervenne la “Legge Galasso”, come ulteriore elemento di tutela delle sponde fluviali, e di tutta la fascia posta “a Levante del fiumePo”. Nel 1995 il Consiglio Regionale approvò il Piano d’Area del Sistema delle Aree Protette delle Fasce Fluviali del Po – Tratto Torinese, che classificando il tratto torinese come area di salvaguardia in cui si recepivano gli strumenti urbanistici locali già in vigore (il PRGC), prevedeva l’emissione del parere dell’Ente Parco per ogni proposta di modifica o trasformazione di questa parte del territorio. Con la introduzione del Testo Unico sulle Aree Protette, approvato dal Consiglio Regionale nel 2015, non è più richiesto il parere formale dell’Ente, pur che le proposte siano coerenti col vigente Piano d’Area, e le zone di salvaguardia sono state trasformate in “aree contigue”. In questo caso come già da me trasmesso, il Comune di Torino approvò nel 2005 una variante urbanistica (di cui ho trasmesso già il testo brevi manu, n.d.r.) per gli edifici indicati come Acquario-Rettilario, affinchè all’interno di un’area complessivamente classificata dal PRG come Area a Servizi contrassegnata con la lettera “v” (verde), gli edifici suddetti potessero ospitare “attrezzature di interesse comune” (come è noto si ipotizzava all’epoca l’insediamento di attività teatrali), e non certo la trasformazione di tutto il parco.
1) LA VARIANTE AL PRG DEL 2005. A questo punto occorre a mio parere contestare la coerenza della procedura di “Concessione per Valorizzazione” con la Variante al PRG approvata dal Consiglio Comunale il 26 settembre 2005 (codice 02755/009), “Provvedimento di variazione al PRG ai sensi dell’art. 17 comma 8, lettera G della legge 56/77, relativo all’ex-Acquario Rettilario in corso Casale 15”. Tale provvedimento non mutava la destinazione d’uso del parco Michelotti, ma solo dell’edificio suddetto, che all’interno di una destinazione a servizi di una vasta area di proprietà comunale con la dicitura “v”, verde pubblico, assumeva una connotazione leggermente diversa, ovvero: con la lettera “a” poteva ospitare attrezzature di interesse comune, ma pur sempre funzionali al parco. Per contro, negli atti che hanno portato al bando e all’assegnazione a Zoom, tutto ciò è rimasto nel vago, e si fa riferimento anche a volumetrie di edifici non catastalmente censiti, in un’area oggetto di tutela ministeriale, per cui il Comune non può certo procedere ad una sorta di “autosanatoria” ignorando le norme. Eppure nel bando e nell’assegnazione si fa riferimento a S.L.P. che vanno ben oltre quelle dell’edificio oggetto della Variante citata. Il Comune di fatto cede non solo l’area complessivamente destinata a verde, ma anche SLP inesistenti che verrebbero triplicate o quadruplicate.
2) IL PARERE DELL’ENTE PARCO SULLA VARIANTE. DEL 2005 Sempre con riferimento alla Variante sopracitata, va sottolineato che: essa era stata subordinata al parere dell’Ente Parco del Po Torinese, che all’epoca aveva ancora titolarità ad emettere pareri. Il parere dell’Ente (anche questo da me trasmesso brevi manu, n.d.t.) riteneva la proposta pressochè inammissibile, condizionando tuttavia il suo parere favorevole all’approvazione da parte della Città di un progetto unitario di riqualificazione di tutto il parco, mantenendone e migliorandone la fruizione pubblica, conservando le alberate come elemento caratterizzante, e aprendo visuali verso il fiume, migliorando le connessioni con il percorso di sponda. L’area era già stata oggetto del primo intervento del Progetto Torino Città d’Acque, approvato dalla Città nel dicembre 1993, e nel parere si richiamava tale priorità. Orbene, da allora questa proposta e questo ridisegno, malgrado sollecitazioni da parte dell’Ente, non sono mai stati oggetto di uno specifico provvedimento, né della Giunta, né del Consiglio Comunale.
3) LA MANCANZA DI UN PROGETTO UNITARIO DI RIQUALIFICAZIONE DEL PARCO MICHELOTTI. Tale mancanza non può essere surrogata con una procedura di “concessione per valorizzazione”, che demanda di fatto le proposte progettuali ad un soggetto privato a cui l’area verrebbe assegnata. PRIMA di tutto Giunta e/o Consiglio avrebbero dovuto approvare una proposta di riqualificazione, e non collocarla all’interno di un bando così generico, che dava quasi carta bianca agli eventuali concorrenti, per generiche attività ludiche e didattiche. Un atto almeno della Giunta se non del Consiglio avrebbe dovuto stabilire coordinate di un progetto di riqualificazione del parco, raccogliere le osservazioni preliminari degli Enti interessati, per valutarne la coerenza urbanistica, ambientale e paesaggistica, e solo DOPO si sarebbe potuta attivare una procedura di “Concessione per Valorizzazione”. Senza questo progetto, la Giunta avrebbe potuto emettere un bando siffatto per il solo Acquario-Rettilario, che aveva già la coerenza urbanistica dopo la Variante del 2005, al fine di collocarvi “attrezzature di interesse comune”. La mancanza di un progetto unitario è testimoniata anche dalle prescrizioni molto “flessibili” indicate per la tutela delle alberature storiche del verde in piena terra, giacchè si ipotizzano in partenza ridimensionamenti delle alberature, possibili trapianti, e “pavimentazioni permeabili” anziché verde in piena terra, già ipotizzando di consentire di violare il Regolamento di Tutela del Verde approvato dalla Città nel 2006.Anche in questo caso, una sorta di “mano libera” agli operatori.
4) PERCHE’ NON SI E’ PROVVEDUTO A PROPORRE UNA VARIANTE URBANISTICA PER L’INTERA AREA DEL PARCO MICHELOTTI? La città, per perseguire i suoi intenti di cessione dell’intero parco e delle aree fronti stanti verso corso Casale, dovuto, con un nuovo procedimento, proporre l’approvazione di una nuova Variante Urbanistica per l’INTERO parco Michelotti. Una variante urbanistica, col suo iter (adozione e poi approvazione da parte del Consiglio Comunale), doveva allora accogliere anche osservazioni nel pubblico interesse, e l’Amministrazione era tenuta a controdedurre opportunamente. In questo caso si è invece voluto procedere d’autorità, senza consentire le forme di partecipazione previste dalla legge, al solo fine di costruire un bando in funzione delle proposte di Zoom, mentre da parte della Città pareva esistere solo una decisa volontà di liberarsi di una sorta di “oggetto ingombrante” e fastidioso e delle spese di manutenzione. Questo modus operandi a nostro parere viene di fatto ad invalidare l’intero procedimento partito con il Bando a cui ha fatto seguito la “Attivazione della Procedura di Valorizzazione” approvata dal Consiglio Comunale il 12 gennaio 2015, privo di coerenza dal punto di vista urbanistico.
5) UNA GENERICA E SCORRETTA DEFINIZIONE DELLE AREE A SERVIZI. Nelle procedure, come già detto, si fa riferimento ad una generica identificazione del parco Michelotti come Area per Servizi, e all’art 19 delle Norme di Attuazione del PRG vigente. Va premesso, come già detto, che salvo Acquario Rettilario tutto il resto dell’area reca la lettera “v”, quindi non si tratta di un’area a servizi di proprietà della Città di cui vada ancora decisa la destinazione o la trasformazione, bensì di un parco pubblico consolidato e storicamente identificato, da sempre di proprietà della Città, utilizzato costantemente come parco pubblico con un intervallo (1954-1987) in cui buona parte del parco venne adibito a giardino zoologico. La revoca da parte della Città della concessione alla ditta Molinar che gestiva lo Zoo lo rese nuovamente nei suoi intenti parco pubblico, e tale fu la priorità con cui venne attrezzato e risistemato, fatte salve le concessioni temporanee per diverse attività: come Experimenta, mostre tematiche, attività ludiche per i bimbi a libero accesso (mai a pagamento) come il Parco Gio. Un parco pubblico consolidato può vedere il coinvolgimento dei privati nella sua gestione, e concessioni di breve o lungo periodo degli edifici che su di esso insistono purchè sempre funzionali all’utilizzo pubblico del parco. All’art. 19 comma 5 si indica che “è ammesso l’intervento diretto del privato per la realizzazione di strutture di uso pubblico, solo previa stipulazione di specifica convenzione”. Nel caso in questione “l’uso pubblico”, nel momento in cui tutto il parco viene dato in concessione a privati operatori per realizzarvi un parco tematico a pagamento, di fatto non viene più garantito, se non con l’escamotage di lasciare aperto all’uso pubblico ciò che è già tale, ovvero l’area esterna. Difatti nell’attivazione della procedura di Concessione per Valorizzazione approvata dalla Giunta il 15 maggio 2015 anziché accennare alla proposta progettuale finalizzata all’uso pubblico, si dice che Zoom realizzerà (pag. 3 della delibera) un “polo di rilevanza pubblica”, cosa ben diversa. Inoltre persiste in tutta la procedura una sostanziale ambiguità circa le strutture già esistenti nel parco: come già detto solo Acquario-Rettilario risulta perimetrato e regolarizzato attraverso la Variante del 2005, mentre le altre strutture esistenti non sono definibili se non come”precari”, che non possono in alcun caso costituire nuovi volumi. Stranamente già la delibera della Giunta Comunale del 28 novembre 2014, approvata poi dal Consiglio 1l 12 gennaio 2015, dà per scontato (pag. 2) che viene prevista “la costruzione di nuovi volumi”, dei quali non si danno né giustificazione né consistenza, e che questi richiederanno il reperimento di quote di parcheggi pertinenziali. Eppure, come testimoniato anche dalla Commissione Consiliare svoltasi il 21 gennaio 2016, oltre ad Acquario-Rettilario si fa riferimento (intervento arch. Cavaglià a nome di Zoom) a ben “5.000 mq. di edifici da recuperare” (!). Non essendo ciò stato smentito dall’Amministrazione Comunale in alcuna forma, viene dato per scontato che la proposta di costruire nuovi volumi edificati all’interno del parco (come la cosiddetta “Biosfera”) venga assentita dall’Amministrazione, creando illusorie aspettative da parte dell’aggiudicatario, e la necessità di reperire quote rilevanti di parcheggi pertinenziali che, vedi caso, vengono proposti nell’arra esterna, unitamente ai parcheggi pubblici, con la tombatura delle vasche delle fontane monumentali di cui è ancora da verificare la possibile tutela, essendo addirittura preesistenti all’insediamento dello Zoo nel 1954. L’ipotizzata costruzione di nuovi volumi edificati è in contrato poi con il regime di salvaguardia vigente dopo l’adozione del nuovo Piano Paesaggistico da parte della Regione Piemonte, con la scheda specifica che riguarda “Il Torinese”; tale salvaguardia al più potrebbe consentire i soli interventi di manutenzione ordinaria dell’esistente. Anche se nelle aree a verde il PRG ammette la realizzazione di “attrezzature sportive, chioschi ed edicole per attività commerciali”, ognuna di queste attività deve essere oggetto di un provvedimento specifico, cosa ben diversa dall’assegnare tutta quanta l’area del parco ad un privato operatore.
6) LA MANCATE RICHIESTA DI UNA PROCEDURA DI V.I.A. L’aggiudicazione provvisoria, e soprattutto quella definitiva, non fanno alcun cenno alla necessità che la prevista trasformazione del parco Michelotti da parte di Zoom sia da sottoporre a Valutazione di Impatto Ambientale da parte della Città Metropolitana. Infatti a quest’ultima compete tale valutazione in base al Testo Unico sull’Ambiente, valutazione espressamente indispensabile per la realizzazione di “parchi tematici”, per i quali sono peraltro state abbattute di recente anche le soglie dimensionali. Un’aggiudicazione definitiva avrebbe dovuto quanto meno indicare tutti i passaggi a cui la proposta progettuale dovrebbe essere sottoposta, a maggior ragione se di questa si vuole sostenere l’interesse pubblico. Invece nella Relazione del Gruppo di Lavoro che ha condotto alla aggiudicazione definitiva si fa soltanto cenno al parere che dovrà essere dato dalla Commissione Locale per il Paesaggio della Città di Torino, senza menzionare la salvaguardia posta dal Piano Paesaggistico Regionale che non può essere aggirata col parere della Commissione Locale, data l’entità della trasformazione prevista. Nella frase conclusiva di tale verbale si evidenzia poi che le risultanze del gruppo di lavoro comunale e l’aggiudicazione definitiva non “rappresenteranno in alcun modo approvazione del Progetto da parte della Città, né degli altri Enti preposti a rilasciare… gli atti di assenso necessari (autorizzazioni, nulla osta, etc.), di cui è tenuto a farsi carico unicamente il soggetto Aggiudicatario”. Se ne parla quindi come di meri atti di “ordinaria burocrazia”, quando in realtà si tratta di passaggi di grande rilievo come la Valutazione di Impatto Ambientale e il regime di salvaguardia imposto dal Piano Paesaggistico Regionale, che l’Amministrazione Comunale avrebbe dovuto espressamente prescrivere prima di convalidare l’aggiudicazione.
Emilio Soave
Vice presidente Pro Natura Torino