Le richieste di referendum depositate in Corte di Cassazione rischiano un autogol
Le richieste alla Corte di Cassazione presentate da due gruppi animalisti in merito a un referendum abrogativo in materia di caccia lasciano piuttosto perplessi per i metodi adottati.
Ovviamente SOS Gaia sostiene incondizionatamente tutto ciò che può andare nella direzione dell’abolizione della caccia, appoggiando qualsiasi iniziativa tesa a inibire l’attività venatoria, cercando le strategie più efficaci e collaborando con quelle associazioni che da tempo hanno le stesse finalità.
Pertanto ci saremmo aspettati che questi due gruppi ci avessero interpellati, o quanto meno, avessero concordato una linea di azione con quelle associazioni animaliste e ambientaliste trentennali che da varie decadi si occupano dell’argomento, con la finalità di arrivare all’abolizione totale della caccia, e che magari avrebbero potuto dare un contributo con la loro esperienza sulla strategia da seguire.
È quello che è stato fatto dal “Tavolo Animali & Ambiente”, nato per evitare la riapertura dello zoo di Torino: un gruppo di associazioni animaliste e ambientaliste ha discusso e concordato la strategia da seguire ed è riuscito nell’intento. Le iniziative in cui crediamo hanno qualche probabilità di successo se si mettono da parte ambizioni di protagonismo cercando di adottare tutti insieme le strategie più efficaci.
Questo non è avvenuto per il referendum sulla caccia. Le due associazioni non hanno consultato nessuno prima di avviare la procedura, un errore strategico che può compromettere la possibilità di mobilitare tutte le forze in campo per sperare nel successo dell’impresa.
Pertanto SOS Gaia è perplessa sul progetto, non solo per questa mancanza di comunicazione strategica, ma anche per tutta una serie di altri motivi.
Le richieste referendarie sono almeno 3: una riguarda la legge 157 del 1992, la seconda solo alcuni articoli di detta legge e la terza riguarda l’art. 842 del Codice Civile, che consente ai cacciatori l’accesso a fondi privati anche senza il consenso del proprietario.
Le prime due delle tre richieste hanno scarse possibilità di essere ritenute ammissibili dalla Corte Costituzionale. Il terzo quesito può avere più chances, ma ricordiamo che è già stato sottoposto in passato a due tornate referendarie (1990 e 1997), entrambe concluse con il mancato raggiungimento del quorum.
Il momento in cui viene attivato il referendum è uno dei più difficili mai attraversati dal Paese. Come si può pensare di raccogliere 500.000 firme CERTIFICATE, quindi vuol dire raccoglierne almeno 300.000 in più, da luglio a settembre, proprio ora che la gente finalmente sta pensando solo alle vacanze?
E anche nell’improbabile caso di riuscita nella raccolta delle 500.000 firme richieste, resta il problema del raggiungimento del quorum, senza il quale il referendum viene invalidato.
Con il risultato di fare un ennesimo regalo ai cacciatori rendendoli più forti e intralciare il lavoro delle associazioni animaliste e ambientaliste che da anni stanno attuando una strategia per limitare le attività delle associazioni venatorie.
Ovviamente non intralceremo questo progetto, anzi, inviteremo a firmare.
Ma continueremo a lavorare con le associazioni che hanno le nostre finalità, ossia l’abolizione totale della caccia, perseguendo nel frattempo ogni passo verso una riduzione dell’attività venatoria, e nel contempo intervenendo a livello culturale per creare una mentalità che dimostri quanto sia insensato e anacronistico proseguire in una pratica che toglie la vita a esseri senzienti e crea squilibri ambientali.
26 giugno 2021