Le innumerevoli ricerche condotte in questi ultimi anni dalle più prestigiose università hanno portato a evidenziare come il passaggio a una alimentazione a base vegetale possa avere un impatto positivo sulla nostra salute, sull’ambiente, sulla biodiversità, ma anche positivo nell’incoraggiare il rispetto verso gli animali.
Il vegan avanza e la maggiore attenzione e consapevolezza verso cosa mangiamo, ha portato anche il modo della moda a fare le sue riflessioni e a prendere le sue decisioni sul futuro di questo settore.
Così la moda vegan si sta facendo sempre più spazio, anche tra le griffe famose, proponendo abiti senza pelle, pellicce, lana, seta, imbottiture in piuma e riferendosi ad alternative sostenibili e cruelty free.
L’utilizzo della terminologia “vegano” e “cruelty free” da parte dei marchi più conosciuti e non, ha guadagnato importanza nel corso degli anni. Questo aumento è in parte dovuto ai consumatori consapevoli desiderosi di estendere i loro principi vegani a tutti i settori della loro vita, compresa la cosmesi e l’abbigliamento senza l’uso di animali.
In un sondaggio condotto da Four PAWS su un campione di 14.000 persone, emerge che quasi il 90% degli intervistati vuole che l’industria della moda dia priorità al benessere degli animali insieme alla protezione ambientale e agli standard sociali.
È evidente che si tratta di una risposta precisa, che mette in luce una tendenza importante per il futuro della moda vegana nel rispetto della vita dei nostri fratelli animali.
Però non tutti sono a conoscenza, quando si accingono a comprare un capo di abbigliamento, a quale sofferenza e torture siano sottoposti moltissimi animali: un po’ come quando al supermercato si compra il pacchetto di carne confezionata, o il latte o le uova, ma senza sapere cosa c’è dietro.
Purtroppo ancora oggi gli animali vengono sfruttati in allevamenti per le pellicce, allevamenti di bestiame da mandare ai macelli, per citarne alcuni, e la mancanza di trasparenza e tracciabilità da parte dei marchi significa che i consumatori non possono sapere in quali condizioni gli animali finiscono nei nostri articoli di moda o come sono stati allevati, trasportati o macellati.
Ma quali sono i principali materiali di origine animale, così da poterli escludere dai propri acquisti?
I più diffusi sono il cuoio, la pelle, le pellicce, l’eco-pelliccia, la seta, il cachemire, l’angora, l’alpaca, la lana, i piumini.
Per quel che riguarda la pelle e il cuoio si tratta di una ecatombe, in quanto vengono uccisi milioni di animali, dai bovini alle pecore, dai cavalli ai maiali, ma anche numerosi animali esotici. È ampiamente presente sia nell'abbigliamento di moda che negli accessori, nell’arredamento, come poltrone e divani, sedili di auto e altro. L'industria della pelle è piena di crudeltà sugli animali, mancanza di regolamentazione e applicazione e abusi sul lavoro, comprese le concerie che impiegano bambini minorenni e danneggiano i loro lavoratori e le loro comunità con sostanze chimiche tossiche. Senza contare che la pelle è un sottoprodotto dell’industria della carne.
Per le pellicce, secondo quanto riporta Animalfree, per produrre 1 chilogrammo di pelliccia di visone vengono uccisi 12 animali. Ma molti altri vengono impiegati per questo tipo di capo d’abbigliamento, come procioni e cincillà.
Nel caso delle imbottiture in piuma, le vittime sono anatre e oche. Basterebbe considerare le alternative sintetiche, che esistono già da diverso tempo e sono qualitativamente alla pari se non persino meglio di quelle strappate agli animali.
La moda vegan sta coinvolgendo anche le griffe famose, orientandosi verso abiti senza pelle, pellicce, lana, seta, imbottiture in piuma e riferendosi ad alternative sostenibili e cruelty free |
E che dire della lana, diffusissima come tessuto? Purtroppo ricavata attraverso la tosatura delle pecore che, in realtà, è una pratica violenta. E poi ancora vari altri filati come la lana mohair, il cashmere, la lana di angora: tutti ricavati da animali, solitamente privati, da vivi, del loro pelo in modo cruento.
C’è molta violenza anche dietro la produzione della seta: dove gli animali in questione, ovvero i bachi, vengono sfruttati e uccisi. Il primo passo della lavorazione consiste nell’ uccidere il baco gettandolo vivo nell'acqua bollente o stufato nel forno. Dopodiché si estrae la fibra di seta e inizia il processo di lavorazione.
Organizzazioni globali come Humane Society International e People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) hanno documentato l’abuso diffuso di animali per motivi di moda.
Tutto questo sta a significare che una specie singola, quella umana, ruba, sottrae o peggio ancora strappa ai suoi simili le piume, la pelliccia, la pelle, il pelo: ovvero quello che necessita a ognuno di loro secondo natura. Insomma, un po’ come se a noi umani venisse tolto lo scalpo.
Per quanto riguarda la pelliccia, inoltre, non necessariamente ci si riferisce al capo unico e costoso, ma esistono anche passamanerie e accessori relativamente economici come bordure di giacconi e cappucci o pompon sui cappelli.
Ma fortunatamente il mondo della moda si sta muovendo verso un approccio più compassionevole, rivolgendosi a tessuti alternativi.
E i tessuti vegani?
I tessuti “vegani” sono costituiti da materiali che si ottengono dalla lavorazione di fibre naturali o sintetiche e dove, una volta elaborate, il risultato finale imita l’aspetto, le caratteristiche e le sensazioni tipiche del corrispettivo tradizionale.
Vengono utilizzati per un ampio ventaglio di prodotti: scarpe, borse, cinture, vestiti in genere, ma, se negli aspetti e nella consistenza arrivano ad assomigliare a quelli tradizionali di derivazione animale, la grande differenza di questi materiali è etica, perché i materiali vegani non si ricavano uccidendo gli animali. Possiamo definirli quindi come cruelty-free e spesso anche come ecosostenibili.
Solitamente i tessuti vegani vengono suddivisi in due grandi categorie: le finte pelli, fatte con materiali sintetici, alcune già diffuse e conosciute, e quelli basati su prodotti vegetali, ovvero i “plant-based”, di cui alcune tipologie sono di più recente produzione.
Tra quelli sintetici, il poliuretano (PU) e il cloruro di polivinile (PVC) ci sono ormai da diversi anni, anche nella forma "faux leather", che è il materiale più utilizzato per realizzare la cosiddetta "pelle vegana" sintetica.
Questa viene prodotta attraverso la combinazione di poliuretano con un film superficiale che ricorda l’aspetto della pelle e viene utilizzata in molti modi grazie alla sua versatilità: dai capi di abbigliamento ai sedili delle auto, giusto per fare un esempio. Anche il PVC ha caratteristiche simili, ma è più inquinante del materiale in PU.
C’è poi il poliestere, che è un polimero che deriva da materiali di riciclo (come le bottiglie di plastica PET) e di scarto o dalla fermentazione batterica. Le caratteristiche principali di questo materiale sono la resistenza, l’elasticità e l’idrorepellenza e proprio la resistenza tipica di questo tessuto fa sì che venga impiegato insieme al cotone o ad altre fibre naturali per aumentarne la robustezza, oltre ad essere antimacchia e anti-umido.
Attualmente la tipologia di poliestere maggiormente usata per i tessuti è il PET (polietilene tereftalato) che può essere lavorato in diversi modi e dare origine ad altri materiali tessili come, per esempio, il pile o l’organza.
Alcuni degli innovativi tessuti vegani: dalla seta coltivata in laboratorio derivata dai residui di agrumi, al Pinatex per la produzione della vera “finta pelle”, ricavato dall’ ananas o l’Apple Skin prodotta a partire dagli scarti della mela |
Per quanto riguarda invece i materiali vegani prodotti con fibre naturali, ovvero i “plant-based”, ce ne sono di già molto conosciuti e altri innovativi.
Di quelli già conosciuti e in uso comune c’è il cotone, che è un materiale naturale, traspirante, solitamente anallergico, oppure il lino, ideale per l'abbigliamento estivo, perché è fresco e leggero. Poi ancora la canapa, che ricorda molto il lino, ma la consistenza è leggermente diversa utilizzata per produrre tessuti più resistenti. Senza dimenticare la viscosa, che è una fibra artificiale realizzata da cellulosa di legno. Così come dalla cellulosa di legno si realizza il Lyocell (detto anche Tencel): si tratta di un materiale vegan amico dell'ambiente, poiché la produzione avviene in modo sostenibile utilizzando meno acqua rispetto a molti altri tessuti.
E poi ancora, materiali innovativi come il Pinatex per la produzione della vera “finta pelle”, ricavato dall’ananas, o l’Apple Skin prodotta a partire dagli scarti della mela.
Comunque sono molte le piante, i frutti o gli scarti di questi ad essere utilizzati per produrre tessuti cruelty free, come anche il mais, il cactus, il bambù, le bucce di mela e d’uva, le foglie di ananas.
Ovviamente ogni pianta ha le sue particolari caratteristiche che le rende più o meno indicate verso la migliore applicazione e realizzazione nel campo dell’abbigliamento.
Ma possiamo ancora citare gli innovativi tessuti vegani già in produzione o in fase di sviluppo: dalla seta coltivata in laboratorio derivata dai residui di agrumi, alla pelle Mylo derivata dai funghi, al nylon riciclato noto come Econyl, realizzato persino da reti da pesca abbandonate… insomma il futuro dei tessuti vegani è promettente.
Quello che accomuna le categorie di questi materiali è ovviamente l’assenza di impatti diretti sugli animali, ma nel caso delle finte pelli sintetiche, utilizzare prodotti che derivano dall’uso di combustibili fossili ha comunque un risvolto sull’ambiente.
I tessuti “plant-based” invece non hanno questo genere di criticità, in quanto sono prodotti da fibre naturali o comunque da materiali vegetali. E quindi sono, non solo cruelty free, ma spesso anche più rispettosi per quanto ci circonda.
Comunque optare per una moda vegan è principalmenteuna scelta etica. Usare prodotti vegani è una decisione a favore degli animali, altrimenti allevati per un fine tremendo.
Indubbiamente con i suoi svariati risvolti la moda vegana può essere davvero un'ottima scelta e un numero crescente di realtà del fashion, piccole e grandi, lo stanno dimostrando.
È certo che i tempi stanno davvero cambiando e il futuro è vegan anche per ciò che indosseremo, dove il nostro guardaroba potrà avvantaggiare gli animali, le persone e il pianeta.
Miriam Madau è medico omeopata e nutrizionista vegano. Conduce su Shan Newspaper le rubriche “Felicemente Veg” sull’alimentazione vegana e “H2O” sull’omeopatia. Conduce inoltre la trasmissione “VeganSì” su Radio Dreamland www.radiodreamland.it
Riferimenti:
https://www.ox.ac.uk/news/2019-10-29-plant-based-foods-are-good-both-health-and-environment
https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/animals-used-clothing-factsheets/
https://goodonyou.eco/ethical-silk-alternatives/
https://goodonyou.eco/material-guide-econyl/
21 aprile 2024