SOS Gaia
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La responsabilità è da ricercare nella gestione venatoria degli animali selvatici

 

 

Assurdo dichiarare lo stato di emergenza quando 88 persone sono rimaste vittime di armi da caccia solo nell’ultima stagione venatoria, con 22 morti

Quanto avvenuto sabato 8 agosto a Cefalù (Palermo), è una sconfitta per tutti: “esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia della vittima, così duramente colpita. La morte dell’uomo, avvenuta a seguito delle ferite riportate nello scontro con il cinghiale, è però conseguenza del comportamento di qualsiasi animale, uomo compreso, quando si trovi di fronte una minaccia nei confronti della sua prole –afferma Massimo Vitturi, responsabile LAV Animali selvatici – tutti gli animali difendono i propri piccoli, anche a costo della propria vita. Lo farebbe chiunque di noi, e lo ha fatto, pur nella tragicità degli esiti, il cinghiale che si è sentito minacciato dai cani e dal loro proprietario.”

Ciò che è accaduto impone una approfondita riflessione sulla gestione degli animali selvatici, troppo spesso affidata ai cacciatori, i cui interessi sono naturalmente in contrasto con una soluzione a lungo termine del problema.

La presenza dei cinghiali sul territorio nazionale non è una novità, sono sempre stati presenti ed oggetto di caccia. Ma nel timore che il numero di animali cacciabili diminuisse irreversibilmente, negli anni ‘70 e ‘80 vennero organizzati numerosi ripopolamenti introducendo gli animali dai Paesi dell’Est Europa. Cinghiali molto più grossi e molto più prolifici di quelli italiani, quindi molto più interessanti per i cacciatori, che dal quel momento si garantirono carnieri sempre pieni e copiosi.

Fino a che la cosa non sfuggì al controllo, creando la situazione che ora riscontriamo in tutto il Paese. Alcune Regioni hanno reso commerciabile la carne dei cinghiali per rendere più appetibile il loro abbattimento da parte dei cacciatori, incrementando così il numero degli animali uccisi, e contemporaneamente l’interesse dei cacciatori a non limitare eccessivamente la presenza di cinghiali sul territorio, in modo da avere sempre prede disponibili.

Si è creato, inoltre, un circolo vizioso nel quale gli agricoltori denunciano di aver subito danni dai cinghiali, le Regioni li rimborsano economicamente e impongono quote di abbattimento più elevate, i cacciatori uccidono ancora più cinghiali, aumentando così il guadagno economico derivante dalla vendita delle loro carni.

“Nel caso dei cinghiali, l’approccio venatorio alla gestione degli animali selvatici dimostra quindi tutto il suo fallimento e la sua totale inefficacia – prosegue Vitturi –  uccidere gli animali per contenerne il numero non ha senso perché comporta inevitabili squilibri nella struttura sociale delle specie selvatiche che saranno indotte a riprodursi di più allo scopo di recuperare la densità in equilibrio con le risorse fornite dal territorio”.

E’ ora che le amministrazioni investano sulla prevenzione, attuando un controllo della fertilità dei cinghiali. Negli USA esiste un contraccettivo usato da decenni per gestire le popolazioni di grandi erbivori selvatici, che con una sola iniezione consentirebbe di sterilizzare un cinghiale per 3-5 anni.

Lo sviluppo della forma somministrabile per via orale del farmaco è lasciato all’iniziativa ed ai fondi messi a disposizione dai privati e dalle associazioni di tutela degli animali. Sarebbe ora che l’intervento pubblico facesse la sua parte per rendere finalmente disponibile anche in Italia uno strumento per la gestione degli animali selvatici realmente efficace, perché svincolato dagli interessi dei cacciatori e dei loro politici di riferimento.

Non è possibile affermare che lo stato dei cinghiali in Sicilia sia emergenziale, se non altro perché conosciuto benissimo dalle istituzioni fin dal 2009, anno in cui molte amministrazioni comunali disposero l’uccisione dei cinghiali anche all’interno del Parco delle Madonie. Ordinanze poi sospese dal TAR di Palermo perché emesse in violazione delle leggi statali sui parchi e sulla caccia.

Il Presidente delle Regione Sicilia, Crocetta, si astenga dal proporre scorciatoie amministrative dettate dall’emotività. – aggiunge Massimo Vitturi – E’ necessario pensare a soluzioni pragmatiche e di buon senso Se la priorità è la sicurezza dei cittadini, sguinzagliare centinaia di cacciatori dotati di potenti fucili con gittata superiore ai 3 Km in piena stagione turistica, può produrre effetti ancora peggiori del male che si vuole curare”.

Il primo passo deve essere l’informazione: a cittadini e turisti devono essere forniti gli strumenti per essere in grado di adottare comportamenti adeguati in caso di incontro con animali selvatici.

Invece dalle pallottole dei fucili da caccia non c’è alcuna via di scampo, lo sanno bene milioni di animali sterminati, ed i 22 morti e 66 feriti umani, vittime dell’ultima stagione venatoria (settembre 2014-gennaio 2015 - dati Associazione Vittime della Caccia)”, conclude Vitturi.

 

www.lav.it

 

10 agosto 2015

 

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