“Mi hanno gettata in un cassonetto dell’immondizia insieme alla mia sorellina quando ero così piccola da stare nel palmo di una mano. Ma ho avuto fortuna. Degli umani buoni mi hanno trovato e portato in una casa dove c’erano altri gatti e due umani anche loro buoni. Nessuna gatta del clan ci ha volute adottare e allora l’umana femmina ci ha fatto da mamma. Ci ha curate con amore, proteggendoci da ogni pericolo. Non dimenticherò mai quando ce l’ha messa tutta per farci salire e scendere dal tronco di un glicine: non è stato come l’istruzione di una mamma gatta ma se l’è cavata con onore!
La mia sorellina Tara se n’è andata presto, falciata da un’automobile. Lei era curiosa ed avventurosa e così si è allontanata dalla casa degli umani e non è più tornata. Io invece sono rimasta e la mia vita è stata presto riempita da Runa, un’altra gatta, nera come me, che è stata salvata dall’umano maschio. Era incinta ed ha avuto ben sei cuccioli. All’inizio non me ne sono curata molto, Runa se la cavava da sola, ma ad un certo punto li ha affidati a me. Li ho cresciuti con amore e li ho istruiti saggiamente. Ognuno ha fatto la sua strada, soprattutto da quando gli umani si sono trasferiti in un’altra casa sulle colline, in mezzo ai vigneti. Non volevano che nessuno di noi dovesse ancora morire sotto una macchina. La vita nella nuova casa è stata bellissima: ho goduto il sole pigramente sdraiata nel cortile per tanti giorni, ho sentito i profumi dell’aria, conosciuto gli esseri che popolano quel luogo…
L’umana femmina mi ha sempre voluto molto bene, ma non sempre capiva: non riusciva a dimenticare che era un’umana e che io ero un gatto. Ci ha messo un po’ ma alla fine ha capito e ci siamo finalmente parlate: è stato un momento molto bello, ho visto che lei era commossa.
Così ho potuto aiutarla meglio nelle sue difficoltà di salute ed esserle finalmente davvero vicina.
Pian piano gli altri gatti del clan sono morti o scomparsi, è rimasta solo più Giga, una delle figlie di Runa, con cui ho condiviso i miei ultimi giorni prima di proseguire il mio cammino.
Quando ho saputo che avevo un tumore oramai incurabile non mi sono rattristata: mi sono goduta a fondo la compagnia degli umani, ho giocato, gustato ancora il sole, le stanze della casa, gli odori e le erbe del prato, ho assaggiato i cibi degli umani che non mi avevano mai attirato, ma che ho voluto provare almeno una volta ...
La malattia è andata avanti senza sosta e mi sono fermata sempre di più. Gli umani non mi hanno mai abbandonata e Giga … oh Giga non mi ha mai lasciato, mi ha tenuta pulita, mi ha tenuto caldo, mi ha tenuto compagnia, mi ha protetto da qualsiasi cosa, ha chiamato gli umani quando era necessario, mi ha lasciato cibo ed acqua, mi ha perfino lasciata sempre pulita la lettiera …
Giga è stata con me praticamente sempre. Usciva poco e tornava subito. Gli umani l’hanno rassicurata che c’erano anche loro e lei, allora, si è un po’ tranquillizzata. Mi ha portato leprotti vivi con grande disperazione degli umani che, per fortuna, sono riusciti a salvarli tutti. Giga è una grande cacciatrice.
Gli umani hanno passato lunghe ore con me, non ci dicevamo niente perché non c’era più niente da dire, ma eravamo insieme.
Alla fine, quando me ne sono andata, ci siamo salutati dolcemente. Ci ritroveremo, ha detto l’umana, verrò anche io dove stai andando tu. E abbiamo sentito che siamo parte l’una dell’altra, lo siamo sempre state e sempre lo saremo.”
Aspettando
Ci siamo detti
tutto quello che c’era da dire
Abbiamo fatto
tutto quello che c’era da fare
Abbiamo riso
abbiamo scherzato
sognato
giocato
…
Non c’è più niente da dire
né da fare
Il tempo rallenta
e si ferma,
dilaga
sottile
come la nebbia
nel primo mattino
Aspettiamo
silenziosi e quieti
aspettiamo
che il tempo si compia
Ci prepariamo
sempre più fermi
a scivolare
dall’altra parte.
Gilda Paolicchi