Eventi
Documentazione Campagna “No Zoo 2017”
- Torino non vuole uno zoo – La petizione
- L’innegabile libera fruizione collettiva del bene comune
- Proposta di Atto di Autotutela
- La dichiarazione dei giuristi
- Gli zoo, luoghi di sofferenza
- Negatività di bioparchi, oasi e parchi naturali
- Storia della protesta
- Storia del vecchio zoo di Torino
- Breve storia del Parco Michelotti di Torino
- Commissione consiliare per la chiusura del vecchio zoo
- Il Ricorso al T.A.R.
- La richiesta di Pro Natura alla Città Metropolitana di Torino
- Alcune puntualizzazioni sulla procedura dell’assegnazione del Parco Michelotti a Zoom
Torino non vuole uno zoo – La petizione
Petizione “No alla riapertura dello zoo in Parco Michelotti”
di Rosalba Nattero
Relazione presentata alla seduta della VI Commissione del Consiglio Comunale di Torino il 6 giugno 2017
A nome dei firmatari della petizione, chiediamo che nell’area dell’ex zoo di Parco Michelotti venga escluso qualsiasi utilizzo di animali vivi al fine di evitare la riapertura del modello “ZOO” chiuso definitivamente nel 1987. E inoltre che l’area non venga privatizzata, ma venga restituita ai cittadini come parco pubblico.
La storia e le motivazioni sono note: 30 anni fa chiudeva lo zoo di Torino dopo le migliaia di proteste dei cittadini che assistevano allo spettacolo indegno e quotidiano di animali in gabbia, stressati e depressi, proprio nel cuore della città e quindi in mezzo al traffico cittadino.
La chiusura del vecchio giardino zoologico ha rappresentato il diritto di ogni animale a vivere libero nel proprio ambiente naturale, importante tappa nella storia del movimento animalista italiano.
Il Parco Michelotti era diventato il simbolo della liberazione animale.
Ora, trent’anni dopo, se il progetto andrà avanti, la città farà un salto involutivo di decenni perdendo quella caratteristica di città sensibile agli animali che aveva acquisito in questi ultimi anni.
Le amministrazioni comunali sono cambiate, ma la situazione non muta: l’amministrazione attuale, nonostante nel suo programma si mostri sensibile al benessere degli animali, su questo caso sembra rappresentrare una continuità con quella precedente, non facendo nulla per evitare un nuovo lager per gli animali.
Dal programma di governo 2016-2021 dell’attuale Giunta leggiamo che sono previste:
● precise misure atte a sfavorire la detenzione a qualsiasi titolo di animali selvatici ed esotici in strutture fisse (vedi zoo, bioparchi) o temporanee.
● ed è previsto Riconvertire le fattorie didattiche in strutture di accoglienza per i Nuovi Animali da Compagnia e per il recupero e riabilitazione animali da reddito.
Il piano del Comune invece prevede la svendita del parco Michelotti alla società Zoom per un periodo di ben trent’anni (rinnovabili poi per ulteriori venti), per farne un nuovo zoo, anche se con il termine più moderno di “bioparco”.
Un’area di grande pregio naturalistico che da trent’anni attende di essere riaperta ai cittadini, e che rischia invece di essere privatizzata. Le strutture del nuovo zoo quindi sottrarrebbero per sempre un bene pubblico ai cittadini.
Osserviamo con rammarico come la nuova amministrazione comunale si sia schierata a favore del nuovo zoo, sotto la minaccia di fantomatiche multe plurimilionarie, che appaiono del tutto inverosimili da un punto di vista legale.
In un documento firmato da 11 autorevoli giuristi di tutta Italia si dichiara: “una penale congrua non potrebbe superare significativamente il costo ragionevole della progettazione, una cifra dunque relativamente modesta che lascia certamente all’amministrazione in carica la scelta politica sul se interrompere o meno la realizzazione dello Zoo eventualmente riconoscendola a Zoom.”
Pertanto non possiamo fare a meno di notare l’assenza della reale volontà politica di contrastare il progetto figlio dell’amministrazione precedente.
Ed è inevitabile porci delle domande: perché questa amministrazione intende perseguire questo progetto e non fa niente per tentare di fermarlo, in netto contrasto con quanto promesso nella campagna elettorale?
La Sindaca Appendino in un incontro al Salone del Libro ha dichiarato:
“Il bando era già stato assegnato dall'amministrazione precedente e quindi l'amministrazione non può contraddirlo per il principio della continuità amministrativa”
Si ritiene che non vi sia continuità amministrativa ma continuità politica in quanto altrimenti non si spiegherebbe come normalmente ad ogni cambio di Sindaco, nel caso di elezioni amministrative, vi sia sempre l’attuazione del proprio programma elettorale, differente da quello degli altri. Altrimenti perché si presenterebbero liste con programmi differenti?
Sempre la Sindaca Appendino ha dichiarato:
“La rinuncia a proseguire la decisione presa sullo Zoo esporrebbe l’amministrazione a una causa certa che costerebbe milioni.”
E ha aggiunto:
“Dal momento in cui è stato assegnato il bando c'è un diritto che non si può violare, altrimenti poi tutti i bandi non avrebbero più valore.”
Per quanto riguarda l’aspetto del risarcimento milionario si richiama al documento dei giuristi, primo firmatario Prof. Ugo Mattei. Ma si aggiunge anche che la legge 241/90 prevede che l’amministrazione pubblica possa applicare un atto di AUTOTUTELA per revocare i propri atti “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, come da documento del dott. Alessandro Piacenza Resp. Settore Giuridico OIPA.
Concetto espresso anche dall’attuale assessora all’Ambiente Stefania Giannuzzi che in data 9 gennaio 2017, in una intervista al giornale Vegolosi, ha dichiarato "per fermare questo progetto ci devono essere cause di forza maggiore, come un alluvione che impedisca l'uso dell'area, oppure (citando il regolamento della Città di Torino) sopravvenuti motivi di pubblico interesse”.
Quindi sia la legge 241/90 sia il regolamento della Città di Torino prevedono la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse…”
Ma cosa si intende per pubblico interesse? Nella filosofia del diritto non si è arrivati a dare una definizione univoca, però si avvicina molto quella che lo associa al concetto di bene comune attuato con la discrezionalità amministrativa per il perseguimento dell’interesse pubblico primario.
Si ritiene pertanto che tali sopravvenuti motivi di interesse pubblico ci siano, sia per evitare lo zoo con animali sia per privatizzare un importante parco cittadino, come dimostrano l’adesione alla manifestazione del 27 maggio scorso e di fatto alla campagna 2017 contro lo zoo a cui oltre alle 9 associazioni promotrici hanno partecipato anche oltre trenta realtà associative e movimenti.
E soprattutto, sono da valutare l’interesse delle circa 2.000 persone, per la maggior parte torinesi, presenti alla manifestazione, al di là delle cifre ridicole citate dai media, facilmente verificabili dalle foto e dai filmati, nonché le centinaia di firme raccolte nelle varie iniziative.
Avremmo desiderato poterci confrontare su questi temi con la Sindaca nell’incontro che le associazioni le hanno chiesto in data 1° Febbraio 2017, richiesta a cui non abbiamo mai avuto risposta.
Riteniamo che non possano esserci priorità più importanti del benessere di esseri senzienti. E anche se il progetto non parla di zoo ma di bioparco, il termine più “moderno” non cambia la sostanza: saranno comunque animali estrapolati dal loro habitat naturale, e quindi sottoposti a stress e al pericolo di depressione e patologie.
Lo zoo inoltre è diseducativo per i giovani in quanto non contribuisce a far conoscere gli animali, poiché non vengono conosciuti nel loro ambiente ma in cattività.
Lo spettacolo di animali detenuti è altamente antieducativo poiché mostra la violenza su esseri senzienti considerati inferiori, comunicando un messaggio di sopraffazione dell’essere umano verso le altre specie. Un messaggio devastante che vedremo proposto ai giovani per 30 anni e forse per ulteriori altri 20.
Se questo progetto andrà avanti, Torino diventerà un esempio negativo nazionale e con molte probabilità anche internazionale, così come invece era stata di esempio internazionale quando fu la prima città europea a vietare i botti di Capodanno, poi imitata da molte altre città italiane ed europee. La città farà un salto indietro nel tempo in un momento storico in cui sono sempre più numerose le persone sensibili agli animali e al loro benessere.
Pertanto chiediamo accoratamente che questo progetto venga fermato.
Le associazioni animaliste e ambientaliste, insieme a tutti coloro che amano e rispettano gli animali e l’ambiente, non si fermeranno nell’azione contro la riapertura dello zoo in Parco Michelotti.
Dopo la manifestazione nazionale del 27 maggio il Comitato promotore ha intenzione di proseguire nella protesta fino al totale annullamento del progetto.
Rosalba Nattero
Presidente di SOS Gaia
Membro della Consulta Animalista della Città di Torino
Proposta alla Amministrazione Comunale di attuare un ATTO DI AUTOTUTELA
OSSERVAZIONI ALLE PRINCIPALI MOTIVAZIONI DEL COMUNE SUL MANTENIMENTO DEL PROGETTO ZOO IN PARCO MICHELOTTI
di Alessandro Piacenza
PREMESSA
SITUAZIONE ATTUALE : Aggiudicazione definitiva della gara N. 56/2015 per la Concessione di valorizzazione della porzione del Parco Michelotti costituente l’area dell’ex Giardino Zoologico di Torino a favore di - Zoom Torino S.p.a -- Zoom in Progress S.r.l. Tale aggiudicazione è stata fatta in data 29 giugno 2016, esattamente dopo 23 giorni dalle elezioni ed il giorno prima dell’insediamento ufficiale della Giunta Comunale attuale. Però non sono ancora iniziati i lavori e la presa del parco Michelotti da parte dell’aggiudicante in quanto mancano ancora dei presupposti documentali tra i quali il parere delle Belle Arti ed il progetto definitivo da parte di Zoom. Pertanto, essendo ancora tutto a livello astratto formale si ritiene che sia il momento da parte della Giunta di intervenire.
OSSERVAZIONI IN MERITO ALLE DICHIARAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Dalle affermazioni della Sindaca Appendino (durante un colloquio con un attivista al Salone del Libro 2017):
“Il bando era già stato assegnato dall'amministrazione precedente e quindi l'amministrazione non può contraddirlo per il principio della continuità amministrativa”
Si ritiene che non vi sia continuità amministrativa ma continuità politica in quanto altrimenti non si spiegherebbe come normalmente ad ogni cambio di Sindaco, nel caso di elezioni amministrative, vi sia sempre l’attuazione del proprio programma elettorale, differente da quello degli altri. Non si spiegherebbe perché si presentino liste con programmi differenti. Nel caso specifico anche la Sindaca Appendino ha promesso discontinuità con la precedente Giunta contro il “Sistema Torino”, e l’ha attuata ad esempio cambiando competenze a 9 dirigenti su 12, o il progetto di variazione del piano regolatore ed altro.
La discontinuità politica esiste invece nella attuale Giunta da prima delle elezioni a dopo essere stati eletti, proprio con la scelta di voler continuare il progetto zoo,basta richiamare il programma elettorale del Movimento Cinque Stelle torinese.
Sempre dalle dichiarazioni della Sindaca Appendino:
“La rinuncia a proseguire la decisione presa sullo Zoo esporrebbe l’amministrazione a una causa certa che costerebbe milioni, visto che c'è un diritto dal momento che è stato aggiudicato il bando. Inoltre il Consiglio di Stato ha confermato questo diritto.”
Premesso che il Consiglio di Stato non essendo entrato nel merito, così come il TAR Piemonte, non ha sostenuto questo. Per quanto riguarda l’aspetto del risarcimento milionario si richiama al documento dei giuristi primo firmatario Prof. Ugo Mattei. Ma si aggiunge anche che la legge 241/90 prevede che l’amministrazione pubblica possa applicare un atto di AUTOTUTELA per revocare i propri atti. Infatti all’art. 21-quinquies (Revoca del provvedimento) viene previsto che “1.Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (che deve essere letto insieme al concetto di bene comune e di discrezionalità amministrativa) ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.
[1-ter. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico. “
Tale possibilità inoltre è stata citata dalla attuale assessora all’Ambiente della Città di Torino Stefania Giannuzzi che in data 9 gennaio 2017 in una intervista al giornale ‘Vegolosi’ ha dichiarato "dal punto di vista politico siamo in difficoltà, perché non possiamo fermare questa procedura anche se avevamo spiegato in campagna elettorale che avremmo fatto di tutto per fermarlo, ma allora l'iter amministrativo non si era ancora concluso e potevamo intervenire -racconta- il problema è che per fermare questo progetto ci devono essere cause di forza maggiore, come un alluvione che impedisca l'uso dell'area, oppure, citando il regolamento: "sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario", in caso contrario il Comune verrebbe citato per danni erariali che ad oggi non sono quantificabili; in poche parole il Comune di Torino potrebbero dover pagare i danni anche del mancato guadagno di Zoom per i prossimi trent'anni”.
Quindi sia la legge 241/90 sia il regolamento della Città di Torino prevedono la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse…”. Ma cosa si intende per pubblico interesse? Nella filosofia del diritto non si è arrivati a dare una definizione univoca, però si avvicina molto quella che lo associa al concetto di bene comune attuato con la discrezionalità amministrativa per il perseguimento dell’interesse pubblico primario. Si ritiene pertanto che tali sopravvenuti motivi di interesse pubblici ci siano sia per evitare lo zoo con animali sia per privatizzare un importante parco cittadino, un’area di grande pregio naturalistico situata sulle sponde del Po nel pieno centro della città. Tali motivi esattamente sono:
- La tanto dichiarata politica ambientalista e di rivalutazione dei parchi cittadini della attuale Giunta Comunale ( http://www.chiaraappendino.it/programma/#tab4 ) (http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/torino/gruppo-di-lavoro.html )
- L’interesse della maggioranza dei cittadini torinesi, visto che è stata eletta la lista che in campagna elettorale aveva promesso che non si sarebbe fatto lo zoo ed avrebbero rivalutato il verde pubblico, ovviamente non privatizzandolo.
- L’adesione alla manifestazione del 27 maggio e di fatto alla campagna 2017 contro lo zoo, oltre alle 9 associazioni promotrici anche di oltre trenta realtà associative e di movimenti.
- Le circa 2.000 persone, per la maggior parte torinesi, presenti alla manifestazione.
- Centinaia di firme raccolte nelle varie iniziative.
Se l’amministrazione comunale non fosse ancora convinta del pubblico interesse da parte dei cittadini contro lo zoo, privatizzando un parco pubblico, ha ancora una strumento a sua disposizione per poterlo verificare:
- Indire ai sensi dello STATUTO della CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO un referendum consultivo, deliberato a maggioranza assoluta dal Consiglio Comunale, con il quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi su materie che non siano tributi locali, tariffe o provvedimenti esecutivi vincolati dalla legge. Però tenuto conto che un referendum consultivo cittadino potrebbe costare oltre 500.000 euro l’Amministrazione Comunale potrebbe indire delle consultazioni on line ed investire una minima parte dei soldi previsti per un eventuale referendum per le spese di revoca dell’atto.
- Inoltre non si esclude, se non vi sia ascolto da parte della Commissione Consiliare, che le associazioni e i movimenti partecipanti alla manifestazione del 27 maggio u.s., seguendo la procedura formale prevista dallo Statuto, non raccolgano le 2.000 firme per richiedere un referendum abrogativo della delibera della gara o di altri atti amministrativi attinenti.
Se invece non si vuole parlare di revoca ma di recesso dell’eventuale contratto si richiama quanto previsto dall’ex art . 21-sexies della legge 241/90 Recesso dai contratti “ 1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto.” Si invita alla lettura dell’articolo al seguente link: “http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3031 “Sempre in caso di recesso si richiama anche quanto previsto dall’art. 1373 codice civile “Recesso unilaterale.- Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario.” (si presume che l’opzione di recesso sia stata inserita nel contratto tra Città di Torino e Zoom, ma non possiamo saperlo non avendo copia dello stesso - ndr)
Per concludere, non si capisce quale sia il diritto superiore anche alla volontà dei cittadini al quale si appella la Giunta. Inoltre in caso di revoca o recesso di tale bando, esistono dei precedenti e pertanto non sarebbe la prima volta e nemmeno l’ultima, come dimostrato dall’interessante contenuto del link:
“Revoca e annullamento in autotutela della procedura di gara: il Consiglio di Stato esemplifica i casi concreti che consentono alla Stazione Appaltante di fare marcia indietro”
Dott. Alessandro Piacenza
Resp. Settore Giuridico OIPA Italia Onlus
L’innegabile libera fruizione collettiva del bene comune
di Monica Fontana
Relazione presentata alla seduta della VI Commissione del Consiglio Comunale di Torino il 6 giugno 2017
Il sostenere i diritti degli animali è differente dalle altre rivoluzioni dei diritti in quanto è un movimento non portato avanti in prima persona dagli interessati poiché non sono in condizioni di promuovere la loro causa, sono allora gli esseri umani spinti da empatia e ragione a favorire il riconoscimento degli interessi degli animali. Se siamo qui a parlarne è perché non c’è dubbio che ancora esiste indifferenza nei confronti del loro benessere ed una delle tante realtà che purtroppo lo conferma è lo Zoo. La città di Torino sta rendendo possibile l’installazione di un giardino zoologico in un area verde di diritto pubblico. Grandi cambiamenti si attendevano da parte dell’amministrazione attuale che invece desta preoccupazione perché quella direzione di novità che doveva essere rappresentata dalla nuova Giunta risulta assente, la città non è accompagnata e rappresentata nella sua crescita di sensibilizzazione per combattere l’indifferenza nei confronti del benessere degli animali e neppure nella doverosa crescita politica per la tutela dei Beni Comuni, trovandoci di fronte alla logica della privatizzazione del Bene Pubblico ragionando in termini di interesse puramente economico non tenendo in considerazione i diritti dei cittadini e degli animali. Parco Michelotti parco pubblico, Bene Comune di diritto pubblico da poter liberamente fruire viene concesso a privati.
Il Bene pubblico, diritto della persona in quanto cittadinanza e comunità diventa la vittima sacrificale di una cieca legge di mercato al solo fine di “fare cassa”: sostanziale privatizzazione del Bene Comune proposta come la sola possibile soluzione senza ascoltare le istanze provenienti dalla cittadinanza. In quanto Bene Comune tutti devono avere la possibilità di goderlo, poterne fruire escludendo la privatizzazione che implica la privazione, il venir meno ai cittadini di un bene di loro diritto avente come fine il benessere della comunità. Il Bene Comune non deve rimanere semplicemente un termine di convenienza in occasione di programmi elettorali, bensì una partecipata realtà da vivere condividendola al meglio tra le differenti energie attive sul territorio per cercare e trovare quelle soluzioni che derivano dalle proposte dei cittadini. La fruizione collettiva compete al Bene Comune che non coglie la sostenibilità della pura legge di mercato poiché di dimensione collettiva, nell’interesse pubblico di libera fruizione e godimento da parte della cittadinanza implicante la “titolarità diffusa” nel senso che tutti devono poter accedervi senza che nessuno possa vantare pretese esclusive, rendendo possibile l’attuazione dei diritti della collettività. Bene Comune quale specifico bene di interesse pubblico da condividere da tutti i membri della comunità in quanto proprietà collettiva implicante l’uso civico, diritto di libero godimento collettivo. E’ andando oltre la logica del mercato che si privilegia l’attenzione alle esigenze del Bene Comune liberamente godibile e fruibile dalla cittadinanza consolidando l’innegabile diritto di avvantaggiamento della collettività, evitando la sottrazione al godimento comune.
Monica Fontana
Responsabile Leal Torino
Membro della Consulta Animalista Comune di Torino
La dichiarazione dei giuristi
Parere circa la validità di una clausola penale milionaria che renderebbe eccessivamente oneroso mantenere la promessa elettorale del Sindaco di Torino di impedire la realizzazione di un giardino zoologico al Parco Michelotti di Torino.
I sottoscritti giuristi, Professori universitari di diritto, portati a conoscenza del fatto che una gravosa penale, dell’ordine di uno o più milioni di Euro, impedirebbe all’amministrazione Torinese in carica di adempiere alla promessa fatta in campagna elettorale di interrompere il progetto della precedente Amministrazione volto alla sostanziale privatizzazione del Parco Michelotti al fine di allestirvi un giardino zoologico privato, dichiarano quanto segue:
Sebbene sia molto difficile esprimere un parere in astratto senza avere contezza reale degli accordi formali di natura contrattuale o concessionaria fra il Comune di Torino e la Società Zoom al fine di valutare la congruità di tale presunta gravosa penale, si può certamente affermare che il diritto italiano consente l'introduzione delle c.d. clausole penali previste in via generale (e dunque applicabile anche a rapporti fra soggetti pubblici e privati) al fine di rafforzare le promesse contrattuali. La norma che le prevede è l'Art 1382 del Codice Civile. Per pacifica giurisprudenza tuttavia le clausole penali che pure hanno una funzione sanzionatoria nel caso di inadempimento (quale sarebbe quello nel caso in cui la nuova Amministrazione si rimangiasse quanto pattuito dalla vecchia) non possono essere del tutto scollegate dal danno effettivamente subito. Esse ne costituiscono una liquidazione anticipata che può certo essere superiore allo stesso e che libera dall'onere probatorio del danno effettivamente subìto ma sempre vanno interpretate in relazione al danno subìto. Per tutte Cass 1183/07.
In particolare quando la clausola penale risulti manifestamente sproporzionata rispetto al danno effettivamente subìto essa può essere ridotta e riportata a ragionevolezza da parte del giudice (Art. 1384 Cod civ.). La giurisprudenza dà al giudice questo potere anche quando le parti dovessero aver espressamente pattuito l' irriducibilità della penale.
Da questi principi generali di natura imperativa discende che molto difficilmente la penale a favore di Zoom potrebbe essere milionaria, perché il danno ragionevole in questa fase non può essere molto superiore alle eventuali ragionevoli spese di progettazione del giardino zoologico. Qualora dovesse esserlo, in virtù di un'inopinata decisione dell'amministrazione precedente, (che potrebbe pure integrare gli estremi del danno erariale) il giudice manterrebbe comunque il potere di riduzione ad equità (cioé di collegarla al danno effettivamente provato come subìto e non meramente ipotetico). Inoltre, lo scopo della penale sproporzionata non potrebbe considerarsi meritevole di tutela in quanto presumibilmente introdotta al solo scopo di impedire alla successiva amministrazione, in una fase ancora preliminare del processo, di operare una valutazione differente da quella precedente.
Di più allo stato delle nostre conoscenze non è possibile purtroppo dire. Sarebbe importante conoscere, tramite procedura di accesso agli atti, quanto effettivamente pattuito fra il Comune e la Zoom al fine di valutare la congruità della penale eventualmente apposta.
In ogni caso una penale congrua non potrebbe superare significativamente il costo ragionevole della progettazione, una cifra dunque relativamente modesta che lascia certamente all’amministrazione in carica la scelta politica sul se interrompere o meno la realizzazione dello Zoo eventualmente riconoscendola a Zoom. E’ certo che il principio di ragionevolezza e proporzionalità, cardine del nostro sistema di interpretazione del diritto, non consente che una decisione politica di grande delicatezza quale quella volta a privatizzare per ben trent’anni un parco pubblico possa essere dettata dai contenuti di una penale pattuita fra un’amministrazione uscente e una società privata.
Rilasciamo questo parere, pro bono in spirito di cittadinanza attenta alle esigenze della democrazia e dei beni comuni, soprattutto al fine di evitare l’uso strumentale del diritto come alibi per non affrontare il costo politico dell’inadempimento di promesse elettorali di cambiamento.
In fede,
Prof. Avv Ugo Mattei, Ordinario di Diritto Civile, Università di Torino
Prof. Avv. Carmelita Camardi, Ordinario di diritto civile, Università di Venezia
Prof. Avv. Maria Rosaria Marella, Ordinario di diritto civile Università di Perugia
Prof. Avv. Alessandro Ciatti, Ordinario di diritto civile, Università di Torino
Prof. Avv. Antonio Gambaro, Emerito Università di Milano, Accademico dei Lincei
Prof. Avv. Luca Nivarra, Ordinario di diritto civile, Università di Palermo
Prof. Avv. Francesco Astone, Ordinario di diritto privato, Università di Foggia
Prof. Avv. Alberto Lucarelli, Ordinario di diritto pubblico, Università di Napoli
Prof. Avv. Alessandro Somma, Ordinario di diritto Comparato, Università di Ferrara
Prof. Giovanna Savorani, Ord. Diritto Privato, Università di Genova
Prof. Oberdan Tommaso Scozzafava, Ordinario di diritto civile, Università di Roma Tor Vergata
Prof.ssa Francesca Poggi professore di Diritto e bioetica e Teoria generale del diritto Università degli Studi di Milano
Prof. Avv. Diana Cerini, professore di diritto privato comparato Università Milano Bicocca
Prof. Francesca Rescigno, professore di diritto pubblico Università di Bologna
Prof. Avv. Raffaele Torino, Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Scienze Politiche