Le norme della Regione Piemonte che disciplineranno la macellazione potrebbero creare un ulteriore motivo di sofferenza per gli animali
Seguendo un costume invalso da alcuni anni, nel testo di un decreto legislativo di recepimento di una direttiva europea tesa ad armonizzare il sistema dei controlli sugli alimenti in genere, in Italia è stato inserito un articolo che introduce preoccupanti novità in tema di macellazione.
L’articolo 16 al punto 1, infatti, precisa “Al fine di consentire il mantenimento a livello nazionale di metodi e consumi tradizionali, è consentita la macellazione per autoconsumo al di fuori di stabilimenti registrati o riconosciuti”.
Il punto 2 indica le specie oggetto del decreto: “pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata; ovini e caprini; suidi; bovidi”.
Altre indicazioni sono per le regioni che devono disciplinare la pratica della macellazione per autoconsumo, prevedendo il divieto di commercializzazione delle carni e dei prodotti ottenuti dalla macellazione degli animali e il rispetto del benessere animale e il divieto di macellazione rituale che non preveda lo stordimento degli animali.
I Servizi veterinari delle ASL sono chiamati ad effettuare controlli a campione.
In attesa che si completi l’iter legislativo con l’approvazione da parte della Regione Piemonte delle norme che disciplineranno la macellazione, alcuni elementi del decreto permettono una riflessione critica.
Un primo elemento è il richiamo alla tradizione: può essere un elemento di valore nel terzo millennio rispolverare la tradizione delle macellazioni familiari? In un paese sempre più urbanizzato quale può essere il richiamo alla tradizione contadina ancora di più se si considera che l’evoluzione della zootecnia, dati alla mano, vede una continua, inarrestabile diminuzione delle piccole aziende a favore degli stabilimenti industriali di allevamento?
Si constata che tra le specie coinvolte vi è l’aggiunta dei “bovidi” in quanto, è bene ricordalo, finora le altre specie già erano passibili di macellazione di tipo familiare.
Suscita molti dubbi la dizione “al di fuori di stabilimenti registrati o riconosciuti”: come si deve intendere il contenuto? Si pensa comunque a impianti, che non possono che essere quelli piccoli, le vecchie macellerie, dove ancora esistono, oppure si ipotizza un via libera per qualsiasi localizzazione. Detto così anche un prato potrebbe rientrare nella tipologia.
Vi sono varie conseguenze rispetto a come si interpreta la frase, anche in relazione alle altre prescrizioni.
Ad esempio come si può garantire il corretto smaltimento degli scarti della macellazione se questa non avviene in strutture attrezzate?
Come si potrà verificare il rispetto dell’obbligo dello stordimento se le macellazioni saranno numerose e i controlli da parte dei Servizi veterinari solo a campione?
Nel dispositivo legislativo si indica in modo chiaro il divieto di macellazione rituale, islamica ed ebraica, senza preventivo stordimento.
Però, proprio a causa dei controlli a campione, chi può escludere che, facendo leva sul numero delle macellazioni, siano in molti a macellare non rispettando la prescrizione? Ricordando per l’ennesima volta che i controlli a campioni danno un resoconto generale di un fenomeno ma non possono certo verificare lo svolgimento di tutte le operazioni.
La conclusione, in attesa delle decisioni regionali, è di forte preoccupazione per la sofferenza degli animali: è risaputo che la macellazione è un momento problematico e di possibile forte sofferenza per il maneggiamento prima della macellazione e per gli eventuali errori.
Una macellazione di fatto senza controlli non potrà che aumentare il rischio della sofferenza per gli animali che, ancora una volta, sono subordinati ad un principio umano, in questo caso la tradizione, per il quale si ignora il loro dolore e sofferenza.
Enrico Moriconi, medico veterinario, è Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte
5 maggio 2021