Ad agosto del 2002, un articolo celebrava la chiusura dell’ultimo cinodromo italiano, l’impianto di Ponte Marconi a Roma, poco tempo dopo diventato un canile, peraltro assai chiacchierato per le modalità di gestione dei cani. A distanza di vent’anni ecco che qualche imprenditore ha avuto la brillante idea di realizzare una struttura per le corse dei levrieri a Maserada sul Piave in provincia di Treviso.
Gli argomenti avanzati a suo tempo per la chiusura sostengono oggi le motivazioni di coloro che criticano aspramente la riproposizione delle corse dei levrieri. La principale negatività è la conseguenza diretta sulla salute degli animali: in Gran Bretagna, secondo i dati ufficiali dell’ente corse inglese, il Greyhound Board of Great Britain (GRGB), che gestisce e autoregolamenta le corse commerciali coi Greyhound, negli anni dal 2018 al 2021, i cani hanno subito in pista 17.930 lesioni e 777 sono morti.
In una riunione del Comitato Congiunto sull’Agricoltura (25 maggio 2022), il Direttore veterinario del Greyhound Racing Ireland (GRI) ha rivelato che nei primi quattro mesi del 2022, “circa” 72 levrieri hanno subito ferite sulle piste in Irlanda e 24 sono stati poi soppressi dai veterani di pista.
Gli ultimi dati del GRI sono relativi al 2021 e mostrano che 351 greyhound sono stati feriti durante le gare e 154 di loro sono stati poi soppressi.
Va notato che le statistiche del GBGB e del GRI sono dati sottostimati e coprono solo i feriti durante le gare e non includono i levrieri feriti durante le prove ufficiali e non ufficiali.
Anche in Australia e in Nuovo Galles del Sud i numeri degli infortuni sono simili.
Lo studio scientifico del dottor Andrew Knight (Professore di Etica e Benessere Animale e Presidente Fondatore del Centre for Animal Welfare all’Università di Winchester, membro del Royal College of Veterinary Surgeons (RCVS) ha concluso che l’alta velocità e le condizioni oggettive della corsa rendono inevitabili gli infortuni. La corsa in pista dietro la lepre meccanica, in un contesto di gara e di competizione fra più cani, spinge infatti massimamente i levrieri a raggiungere una velocità media di corsa di 65 km/h, in brevissimo tempo, esponendoli ad alto rischio di farsi male e di collisione fra loro. Nel Regno Unito gli incidenti accaduti durante le gare di greyhound da corsa nell’arco di 10 anni ammontano a 40.151 cani infortunati e 18.410 che non hanno mai più corso.
Gli infortuni sono intrinsecamente dovuti alla tipologia di corsa; quando i concorrenti arrivano in curva la velocità rallenta e si ha una compressione del gruppo che origina scontri e quindi incidenti, gravi come denunciano i dati; il fondo sabbioso richiede un maggiore sforzo che sottopone il fisico a un lavoro superiore a quanto fisiologicamente adatto.
Si è anche constatato che allenamenti ripetuti e corse rimodellano lo scheletro osseo con l’organismo che “sposta” il calcio verso le parti anatomiche sottoposte a maggiore sforzo; inevitabilmente le parti depauperate saranno a rischio di fratture.
Il riconoscimento della pericolosità viene dalla stessa Enci (Ente Nazionale Cinofili Italiani) che nel suo regolamento prescrive la presenza di un veterinario, peraltro libero professionista e non ufficiale, per “tenere sotto continuo controllo le condizioni generali dei soggetti e pronto ad intervenire durante tutta la manifestazione, con un equipaggiamento che gli permetta il trattamento in loco delle urgenze dovute a ferite, fratture, collasso cardiocircolatorio.”
Nello stesso regolamento si afferma che “Il principio della protezione degli animali deve sempre essere rispettato e deve guidare i comportamenti dei funzionari e dei partecipanti alle prove, impegnati ad assumere misure preventive, volte a limitare i rischi di infortunio impliciti nell’esercizio di ogni disciplina sportiva.” È evidente che l’Enci propone una contraddizione solare tra la sua conoscenza del pericolo e la pretesa, assurda, di limitare i danni.
A dimostrazione che l’ente non si preoccupa minimamente delle conseguenze per i cani, che, come detto, sono molto gravi.
Le conseguenze per i cani non si fermano a quelle già gravissime elencate, in quanto si deve aggiungere il trattamento riservato ai soggetti che non corrispondono alle richieste dei proprietari; cani che non dimostrano propensione alla corsa o che non raggiungono risultati accettabili (non tutti possono vincere!) sono spesso destinati a trattamenti orribili, come dimostrano i casi riscontrati in Spagna, dove le corse sono tuttora in attività: cani legati a morire di fame, picchiati, bastonati, sottoposti a lesioni e traumi di cui abbiamo conoscenza non solo per gli articoli giornalistici ma anche per quanti animali arrivano salvati in Italia.
Non è difficile immaginare, purtroppo, casi simili anche da noi.
Una conseguenza delle corse sono le scommesse: le corse vivono sulle scommesse; i premi ufficiali sono solo la parte meno importante del guadagno, quella più sostanziosa è l’incasso dovuto agli scommettitori e quindi si aggiungerà un’altra stimolazione per le persone verso la ludopatia. In un paese dove il vizio della scommessa contagia già moltitudini di individui e ne mette a rischio il tenore di vita si aggiungerà così una nuova tentazione. Dispiace veramente che in Italia si torni a proporre un’attività legata alle corse di cani che rappresenterà un’ulteriore sollecitazione negativa per persone a rischio di incorrere nei problemi legati alle scommesse ma, soprattutto, non possiamo che criticare aspramente la riapertura di un cinodromo per le gravissime conseguenze che implica in termini di sofferenza e dolore per gli animali utilizzati.
Pochissimo tempo dopo aver festeggiato l’inserimento della tutela degli animali nella Costituzione dobbiamo constatare che anche la massima carta italiana sembra diventare carta straccia di fronte agli interessi economici, anche quando hanno molti lati e ricadute oscure e negative.
Enrico Moriconi, medico veterinario, è Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte
10 luglio 2022