Tre condanne e un’assoluzione. I Beagle restano a casa degli affidatari
Venerdì, 23 Gennaio 2015
È arrivata poco dopo le 9 di stamattina la sentenza del processo Green Hill davanti alla prima sezione del Tribunale di Brescia. Renzo Graziosi, veterinario dell'allevamento e Ghislane Rondot, co-gestore di "Green Hill 2001", sono stati entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi. Roberto Bravi, direttore dell'allevamento, invece, è stato condannato a un anno più risarcimento delle spese. Le accuse sono di maltrattamento e di uccisione di animali. Sospensione dalle attività per due anni per i condannati. Assolto Bernard Gotti, co-gestore di "Green Hill 2001", "per non aver commesso il fatto". I circa tremila beagle sono stati confiscati: dunque, possono rimanere nelle case degli affidatari. Per legge, inoltre, Green Hill non potrà comunque riaprire perché il decreto legislativo 26/2014, approvato alcuni mesi fa, vieta l'allevamento di cani, gatti e primati destinati ad esperimenti.
Presenti in aula una ventina di animalisti e attivisti che alla lettura della sentenza hanno manifestato la loro gioia, rivela il "Giornale di Brescia".
Il Pubblico Ministero Ambrogio Cassiani, nella sua requisitoria aveva chiesto per i capi d'imputazione del processo, 3 anni e 6 mesi per il veterinario Graziosi, 3 anni per Rondot e 2 anni per Bravi e Gotti. Inoltre aveva contestato a cinque dipendenti di Green Hill il reato di falsa testimonianza.
Sulla base di quanto emerso dalle prove e dai verbali del processo, inoltre, la LAV annuncia che chiederà l'imputazione dei veterinari dell'Asl di Lonato, dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell'allevamento.
Risarcimenti sono stati riconosciuti alle associazioni che si sono costituite parte civile; 30 mila euro alla LAV, che li utilizzerà - al netto delle spese legali - per costituire un fondo destinato a finanziare lo sviluppo di metodi alternativi alla vivisezione.
LAV: "I cani venivano lasciati morire"
"La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d'Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l'indifendibile – ha detto Gianluca Felicetti, presidente LAV - sapendo bene che 'Oltre il filo spinato di Green Hill', la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non dà alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua".
"A Green Hill essere uccisi era un lusso perché i cani venivano semplicemente lasciati morire: non vi era nessun interesse a curare i cani malati. Le terapie erano costose e comunque avrebbero potuto alterare i parametri delle sperimentazioni. I beagle erano quindi semplicemente lasciati morire (basti pensare che dalle h 18 alla mattina successiva nessun presidio sanitario era garantito) o sacrificati", ha detto l'avvocato Carla Campanaro, difensore della LAV, durante la sua arringa con la quale ha sostenuto le richieste di pena del Pubblico Ministero, la confisca dei beagle salvati e, per gli imputati, la sospensione delle attività di allevamento.
"Non è vero che in materia di vivisezione tutto è lecito – ha precisato l'avv. Campanaro -. Va rispettata l'etologia animale indipendentemente dalla sua destinazione finale, questo vale per un animale d'affezione quanto per quelli purtroppo allevati e poi macellati o ancora destinati ai laboratori. I beagle sono stati i protagonisti di un processo innovativo, che ha puntato l'attenzione sul rispetto del principio di legalità anche nella vivisezione. La norma comunitaria e nazionale e la giurisprudenza hanno ampiamente chiarito che tutti gli animali sono essere senzienti e vanno curati e accuditi rispettandone l'etologia, al di là del loro possibile 'utilizzo' commerciale".
Enpa: "Giornata della memoria dell'animalismo"
"Una sentenza storica che segna una straordinaria vittoria per gli animali. Il 23 gennaio sarà la Giornata della Memoria dell'animalismo", ha commentato la presidente dell'Enpa Carla Rocchi, oggi presente in aula a Brescia. "Si chiude - aggiunge Rocchi - la triste stagione degli allevamenti dei beagle da laboratorio. Animali che venivano trattati alla stregua di merci e non come esseri senzienti e che, in quanto tali, vedevano calpestato il loro diritto a una vita comunque dignitosa a prescindere dal fatto che fossero destinati alla sperimentazione. Questa sentenza è importantissima - prosegue Rocchi - proprio perché afferma in modo inequivocabile che nessun essere vivente può essere costretto in condizioni di sofferenza e di deprivazione, tanto più se ciò avviene come conseguenza di un impiego per attività umane".
Per tale motivo l'Enpa, che nel processo Green Hill si è costituito parte civile, rappresentata dall'avvocato Valentina Stefutti, e che ha dato un contributo fondamentale affinché gli oltre 2.600 beagle liberati dalla struttura trovassero una famiglia, auspica che questo pronunciamento possa rappresentare il primo tassello per superare tutte quelle situazioni di inaccettabile sfruttamento che gli esseri senzienti non umani sono costretti a subire in nome del profitto.
I principali elementi di prova contro Green Hill (a cura della LAV)
· L'esorbitante numero di decessi di cani, che avveniva per mancanza di cure idonee: 6023 beagle morti tra il 2008 e il 2012. Secondo il veterinario Moriconi, consulente del PM, almeno 40 cani, stando alla documentazione esaminata, sono stati uccisi senza reale necessità.
· Un unico veterinario doveva occuparsi di quasi 3000 cani, e dalle h18 alle 7 del mattino gli animali erano letteralmente abbandonati a loro stessi anche se malati. I beagle non venivano adeguatamente curati (es. emblematico il caso citato dal PM di un cucciolo affetto da diarrea emorragica, curato con una pomata per gli occhi!)
· Beagle soppressi con inalazioni di isoflurane o iniezioni di Tanax somministrati senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze.
· Il comportamento dei veterinari ASL che andavano a controllare la struttura era evidentemente doloso. La prassi di preavvisare le ispezioni della ASL a Green Hill era sedimentata e le ispezioni erano fatte in modo sommario. Il PM ha definito "superficiali" i controlli dell'istituto Zooprofilattico di Brescia. Mai nessuno è andato a verificare come e perché morivano i cani lì dentro.
· Incompletezza di verbali e registri di Green Hill: ad es. il registro di carico/scarico dei cani non era conforme, dunque impossibile sapere con esattezza quanti beagle erano presenti.
· L'uso di segatura scadente per le lettiere, causa di diversi decessi di circa 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato; nello stesso manuale di Green Hill era previsto come intervenire in tali casi, con procedure molto dolorose.
· La foto agghiacciante di un dipendente di Green Hill, con un beagle morto e il cervello di fuori, che sorridente alza il dito medio.
· Lo sfruttamento delle fattrici (la teste Giachini, veterinaria Asl, ha ammesso che Green Hill utilizzava anche fattrici di 8 anni di età).
· L'intenzione da parte di Green Hill di approfittare dell'introduzione nella struttura di alcuni manifestanti durante le proteste del 28 aprile 2012 per "sopprimere un numero maggiore di beagle con rogna demodettica".
· La mancanza di aree di sgambamento per i cani.
· La promiscuità degli animali e il frequente contatto con le feci.
· La pratica di ammansire i cani appendendoli ad un'imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale.
· Il fattore ambientale: 1) l'interno dei capannoni non era biologicamente puro (requisito per animali destinati ad esperimenti), tanto che l'impianto d'areazione aspirava aria dall'esterno; 2) il caldo e l'umidità (accentuata fino al 65% nel capannone n.3 dall'acqua che veniva gettata sul tetto) erano un fattore di stress per gli animali e concausa di problemi sanitari (es. rogna, diarrea).
· Il rappresentante legale di Green Hill Ghislane Rondot, secondo i messaggi di posta elettronica acquisiti dal PM, cercò di chiedere all'FBI di spiare gli animalisti impegnati nelle proteste contro l'allevamento di beagle perché la società temeva che fra gli addetti si potesse infiltrare una "talpa" incaricata di passare informazioni e immagini compromettenti dall'interno dell'allevamento alle associazioni e alle Istituzioni che chiedevano a gran voce la chiusura della struttura.
Dal sito: www.nelcuore.org
Per saperne di più: www.lav.it
23 gennaio 2015