SOS Gaia
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Uno dei beagle di Green Hill liberati durante l’irruzione degli animalisti nel 2012

Il caso dell’allevamento lager che ha suscitato sdegno in tutto il mondo è arrivato alla sua conclusione con delle condanne esemplari ai responsabili e la salvezza definitiva per i 3.000 Beagle che potranno rimanere nelle case degli affidatari

 

Venerdì, 23 Gennaio 2015

Questa data verrà ricordata nell’ambito dell’animalismo come una giornata che ha creato un passaggio epocale. Non era mai successo infatti che si arrivasse a sentenze così dure per i responsabili di maltrattamento e uccisione di animali.

La tanto attesa sentenza del processo Green Hill è arrivata poco dopo le 9 di stamattina davanti alla prima sezione del Tribunale di Brescia. Renzo Graziosi, veterinario dell'allevamento e Ghislane Rondot, co-gestore di "Green Hill 2001", sono stati entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi. Roberto Bravi, direttore dell'allevamento, invece, è stato condannato a un anno più risarcimento delle spese. Sospensione dalle attività per due anni per i condannati.

La cosa che più rincuora (e che più si temeva) è la sorte dei 3.000 beagle liberati da Green Hill. Ebbene, i cani sono stati confiscati, questo vuol dire che potranno rimanere definitivamente nelle case degli affidatari. Per legge, inoltre, Green Hill non potrà comunque riaprire perché il decreto legislativo 26/2014, approvato alcuni mesi fa, vieta l'allevamento di cani, gatti e primati destinati ad esperimenti.
È una giornata di grande gioia per tutti coloro che si erano presi a cuore il caso di questi poveri Beagle, colpevoli di essere docili e quindi facilmente usabili per le turpi e inutili pratiche a cui venivano sottoposti. E soprattutto per la LAV, Lega Antivivisezione, principale artefice di questa vittoria.

Credo che tutti si ricordino il caso Green Hill.

Già da molti anni grazie alle manifestazioni degli animalisti si erano accesi riflettori sull’allevamento di Montichiari (Brescia), un lager dove si allevavano cani Beagle destinati ai laboratori di tutta Europa.

Gianluca Felicetti, presidente LAV, con un gruppo di attivisti davanti al Tribunale di Brescia dopo la sentenza

Dopo anni di manifestazioni e proteste delle Associazioni antivivisezioniste per chiederne la chiusura, nel luglio 2012 la svolta: la Procura della Repubblica di Brescia ha affidato la custodia giudiziaria di tutti i beagle di Green Hill alla LAV e a Legambiente. 2.639 cani, tra cui mamme e molti cuccioli, sono stati messi in salvo e affidati a famiglie nel giro di poche settimane: un'operazione complessa, che non ha precedenti per numero di animali "da laboratorio" liberati.
Abbiamo potuto assistere tutti all’impagabile momento della liberazione dei cani, creature che non avevano mai camminato sull'erba, visto la luce del sole o ricevuto una carezza.

L'ultimo atto di questa battaglia si svolto in un'aula di Tribunale, con costi ingenti per le associazioni che si sono costituite parte civile. Tuttavia la vittoria di oggi ha portato anche a risarcimenti per le associazioni: 30 mila euro alla LAV, che li utilizzerà - al netto delle spese legali - per costituire un fondo destinato a finanziare lo sviluppo di metodi alternativi alla vivisezione.

Il Pubblico Ministero Ambrogio Cassiani, nella sua requisitoria aveva chiesto per i capi d'imputazione del processo, 3 anni e 6 mesi per il veterinario Graziosi, 3 anni per Rondot e 2 anni per Bravi e Gotti. Inoltre aveva contestato a cinque dipendenti di Green Hill il reato di falsa testimonianza.
Sulla base di quanto emerso dalle prove e dai verbali del processo, inoltre, la LAV annuncia che chiederà l'imputazione dei veterinari dell'Asl di Lonato, dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell'allevamento.
Gianluca Felicetti, presidente nazionale della LAV, ha dichiarato: "La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d'Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l'indifendibile sapendo bene che oltre il filo spinato di Green Hill la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non dà alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua".
L'avvocato Carla Campanaro, difensore della LAV, ha dichiarato nella sua arringa: "A Green Hill essere uccisi era un lusso perché i cani venivano semplicemente lasciati morire: non vi era nessun interesse a curare i cani malati. Le terapie erano costose e comunque avrebbero potuto alterare i parametri delle sperimentazioni. I beagle erano quindi semplicemente lasciati morire (basti pensare che dalle ore 18 alla mattina successiva nessun presidio sanitario era garantito) o sacrificati". L’avvocato Campanaro ha sostenuto le richieste di pena del Pubblico Ministero, la confisca dei beagle salvati e, per gli imputati, la sospensione delle attività di allevamento.

Alcuni beagle salvati dal Corpo Forestale dello Stato

L’avv. Campanaro ha precisato: "Non è vero che in materia di vivisezione tutto è lecito. Va rispettata l'etologia animale indipendentemente dalla sua destinazione finale, questo vale per un animale d'affezione quanto per quelli purtroppo allevati e poi macellati o ancora destinati ai laboratori. I beagle sono stati i protagonisti di un processo innovativo, che ha puntato l'attenzione sul rispetto del principio di legalità anche nella vivisezione. La norma comunitaria e nazionale e la giurisprudenza hanno ampiamente chiarito che tutti gli animali sono essere senzienti e vanno curati e accuditi rispettandone l'etologia, al di là del loro possibile 'utilizzo' commerciale".
Anche l’ENPA si è costituita parte civile, rappresentata dall'avvocato Valentina Stefutti che ha dato un contributo fondamentale affinché gli oltre 2.600 beagle liberati dalla struttura trovassero una famiglia.

La presidente dell'Enpa Carla Rocchi ha dichiarato: "Una sentenza storica che segna una straordinaria vittoria per gli animali. Il 23 gennaio sarà la Giornata della Memoria dell'animalismo. Si chiude la triste stagione degli allevamenti dei beagle da laboratorio. Animali che venivano trattati alla stregua di merci e non come esseri senzienti e che, in quanto tali, vedevano calpestato il loro diritto a una vita comunque dignitosa a prescindere dal fatto che fossero destinati alla sperimentazione. Questa sentenza è importantissima proprio perché afferma in modo inequivocabile che nessun essere vivente può essere costretto in condizioni di sofferenza e di deprivazione, tanto più se ciò avviene come conseguenza di un impiego per attività umane".
L’ex Ministro Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell'Ambiente, anch’essa in prima linea sulla battaglia per la difesa dei beagle e autrice della norma che vieta l'allevamento di cani, gatti e primati per i laboratori sul territorio nazionale, ha dichiarato: "La sentenza di Brescia è una grande vittoria, un traguardo di straordinaria importanza. Soddisfa perché riconosce la colpevolezza di 3 imputati su 4, la sussistenza dei reati (maltrattamento ed uccisione) e quindi il principio secondo cui, anche nel contesto di massimo sfruttamento economico e per scopi asseritamente scientifici, gli animali vanno rispettati e tutelati, come prevede la legge".

Tra i principali elementi di prova raccolti dalla LAV contro Green Hill vogliamo sottolineare l'esorbitante numero di decessi di cani, che avveniva per mancanza di cure idonee: ben 6.023 beagle morti tra il 2008 e il 2012. Secondo il veterinario Enrico Moriconi, consulente del PM, almeno 40 cani, stando alla documentazione esaminata, sono stati uccisi senza reale necessità.
Un unico veterinario doveva occuparsi di quasi 3000 cani, e dalle 18 alle 7 del mattino gli animali erano letteralmente abbandonati a loro stessi anche se malati. I beagle non venivano adeguatamente curati: emblematico il caso citato dal PM di un cucciolo affetto da diarrea emorragica, curato con una pomata per gli occhi!

L’On. Michela Vittoria Brambilla con alcuni beagle salvati da Green Hill

Vi sono stati casi di Beagle soppressi con inalazioni di isoflurane o iniezioni di Tanax somministrati senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze.
Il comportamento dei veterinari ASL che andavano a controllare la struttura era evidentemente doloso. La prassi di preavvisare le ispezioni della ASL a Green Hill era consolidata e le ispezioni erano fatte in modo sommario. Il PM ha definito "superficiali" i controlli dell'istituto Zooprofilattico di Brescia. Mai nessuno è andato a verificare come e perché morivano i cani.

Si sono verificate inoltre incompletezza di verbali e registri di Green Hill: il registro di carico/scarico dei cani non era conforme, dunque era impossibile sapere con esattezza quanti beagle erano presenti.
È stato provato l'uso di segatura scadente per le lettiere, causa di decessi di 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato; nello stesso manuale di Green Hill era previsto come intervenire in tali casi, con procedure molto dolorose.
C’è poi la foto agghiacciante di un dipendente di Green Hill, con un beagle morto e il cervello che fuoriesce, che sorridente alza il dito medio.
Possiamo citare ancora la pratica di ammansire i cani appendendoli ad un'imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale.

Potremmo continuare con molti altri elementi di prove a carico dell’allevamento, come il caldo e l'umidità (accentuata fino al 65% nel capannone n. 3 dall'acqua che veniva gettata sul tetto), un fattore di stress per gli animali e concausa di problemi sanitari (es. rogna, diarrea).


Questo insieme di atrocità che abbiamo riportato è solo quanto è stato possibile dimostrare come prove inconfutabili. Purtroppo non sapremo mai che cosa avveniva realmente in quel lager. Ciò che lascia sgomenti è che ci possano essere persone artefici di tali situazioni di sofferenza ai danni di esseri viventi e senzienti, ed altre che tollerano chiudendo entrambi gli occhi, per una qualche propria convenienza.

Ma la sentenza storica di oggi, oltre all’atto di giustizia, ha una valenza importante: quella di creare un precedente storico. Un precedente che scoraggerà chiunque fosse anche solo lontanamente sfiorato dall’idea di aprire in Italia un allevamento per la sperimentazione.

Il sacrificio dei 6.023 martiri di Green Hill non è stato vano: non si apriranno mai più allevamenti-lager in Italia.

Per saperne di più: www.lav.it

www.rosalbanattero.net


23 gennaio 2015

 

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