Si ribadiscono qui le considerazioni già formulate a suo tempo in merito agli aspetti soprattutto urbanistici e paesaggistici, con carenze che dovrebbero condurre a invalidare tutta la procedura, ovvero sia il bando che l’aggiudicazione provvisoria, e infine quella definitiva del 29 giugno 2016
LA CONCESSIONE PER VALORIZZAZIONE. Ogni atto di cessione o “valorizzazione” di aree di proprietà pubblica (demanio ed enti territoriali) deve sempre essere accompagnata da una verifica preventiva dell’interesse pubblico di carattere storico, architettonico e paesaggistico dell’immobile. Ciò è richiesto dal Codice dei Beni Culturali. Tale verifica va fatta preventivamente alla alienazione o concessione ad altri soggetti, a maggior ragione se privati. In questo caso invece è stato tutto demandato alla fase attuativa delle proposte progettuali di Zoom, per cui toccherebbe a Zoom ottenere poi le necessarie autorizzazioni per intervenire sugli immobili (Acquario-Rettilario, “Ippopotamo” ed altri reliquati dell’ex-Zoo, e infine le stesse aree esterne), dei quali non è indicata la tutela se non in modo molto generico. Mi pare che questo non sia regolare, nel senso che il Comune cede per “valorizzazione” un complesso di immobili di cui va ancora accertata la possibile tutela, pur tenendo presente che tutta la sponda destra del Po a Torino è oggetto di tutela per Decreto Ministeriale ed è posta in regime di salvaguardia per il PPR che deve ancora essere approvato dal Consiglio Regionale e poi all’intesa col MIBACT. E’ come se l’Amministrazione Comunale rinviasse l’esercizio di questa tutela a un futuro rilascio del Permesso di Costruire, senza un accertamento preventivo. La scheda del Piano Paesaggistico Regionale recepisce ovviamente il D.M. 11 gennaio 1950, che dichiara di “notevole interesse pubblico” tutte “le sponde del fiume Po che attraversa la città di Torino”; e queste si caratterizzano in sponda dx. dalla Gran Madre fino a Sassi per la continuità del viale alberato di platani impiantati verso la metà del XIX sec. Di cui va garantita la conservazione. Poi intervenne la “Legge Galasso”, come ulteriore elemento di tutela delle sponde fluviali, e di tutta la fascia posta “a Levante del fiumePo”. Nel 1995 il Consiglio Regionale approvò il Piano d’Area del Sistema delle Aree Protette delle Fasce Fluviali del Po – Tratto Torinese, che classificando il tratto torinese come area di salvaguardia in cui si recepivano gli strumenti urbanistici locali già in vigore (il PRGC), prevedeva l’emissione del parere dell’Ente Parco per ogni proposta di modifica o trasformazione di questa parte del territorio. Con la introduzione del Testo Unico sulle Aree Protette, approvato dal Consiglio Regionale nel 2015, non è più richiesto il parere formale dell’Ente, pur che le proposte siano coerenti col vigente Piano d’Area, e le zone di salvaguardia sono state trasformate in “aree contigue”. In questo caso come già da me trasmesso, il Comune di Torino approvò nel 2005 una variante urbanistica (di cui ho trasmesso già il testo brevi manu, n.d.r.) per gli edifici indicati come Acquario-Rettilario, affinchè all’interno di un’area complessivamente classificata dal PRG come Area a Servizi contrassegnata con la lettera “v” (verde), gli edifici suddetti potessero ospitare “attrezzature di interesse comune” (come è noto si ipotizzava all’epoca l’insediamento di attività teatrali), e non certo la trasformazione di tutto il parco.
1) LA VARIANTE AL PRG DEL 2005. A questo punto occorre a mio parere contestare la coerenza della procedura di “Concessione per Valorizzazione” con la Variante al PRG approvata dal Consiglio Comunale il 26 settembre 2005 (codice 02755/009), “Provvedimento di variazione al PRG ai sensi dell’art. 17 comma 8, lettera G della legge 56/77, relativo all’ex-Acquario Rettilario in corso Casale 15”. Tale provvedimento non mutava la destinazione d’uso del parco Michelotti, ma solo dell’edificio suddetto, che all’interno di una destinazione a servizi di una vasta area di proprietà comunale con la dicitura “v”, verde pubblico, assumeva una connotazione leggermente diversa, ovvero: con la lettera “a” poteva ospitare attrezzature di interesse comune, ma pur sempre funzionali al parco. Per contro, negli atti che hanno portato al bando e all’assegnazione a Zoom, tutto ciò è rimasto nel vago, e si fa riferimento anche a volumetrie di edifici non catastalmente censiti, in un’area oggetto di tutela ministeriale, per cui il Comune non può certo procedere ad una sorta di “autosanatoria” ignorando le norme. Eppure nel bando e nell’assegnazione si fa riferimento a S.L.P. che vanno ben oltre quelle dell’edificio oggetto della Variante citata. Il Comune di fatto cede non solo l’area complessivamente destinata a verde, ma anche SLP inesistenti che verrebbero triplicate o quadruplicate.
2) IL PARERE DELL’ENTE PARCO SULLA VARIANTE. DEL 2005 Sempre con riferimento alla Variante sopracitata, va sottolineato che: essa era stata subordinata al parere dell’Ente Parco del Po Torinese, che all’epoca aveva ancora titolarità ad emettere pareri. Il parere dell’Ente (anche questo da me trasmesso brevi manu, n.d.t.) riteneva la proposta pressochè inammissibile, condizionando tuttavia il suo parere favorevole all’approvazione da parte della Città di un progetto unitario di riqualificazione di tutto il parco, mantenendone e migliorandone la fruizione pubblica, conservando le alberate come elemento caratterizzante, e aprendo visuali verso il fiume, migliorando le connessioni con il percorso di sponda. L’area era già stata oggetto del primo intervento del Progetto Torino Città d’Acque, approvato dalla Città nel dicembre 1993, e nel parere si richiamava tale priorità. Orbene, da allora questa proposta e questo ridisegno, malgrado sollecitazioni da parte dell’Ente, non sono mai stati oggetto di uno specifico provvedimento, né della Giunta, né del Consiglio Comunale.
3) LA MANCANZA DI UN PROGETTO UNITARIO DI RIQUALIFICAZIONE DEL PARCO MICHELOTTI. Tale mancanza non può essere surrogata con una procedura di “concessione per valorizzazione”, che demanda di fatto le proposte progettuali ad un soggetto privato a cui l’area verrebbe assegnata. PRIMA di tutto Giunta e/o Consiglio avrebbero dovuto approvare una proposta di riqualificazione, e non collocarla all’interno di un bando così generico, che dava quasi carta bianca agli eventuali concorrenti, per generiche attività ludiche e didattiche. Un atto almeno della Giunta se non del Consiglio avrebbe dovuto stabilire coordinate di un progetto di riqualificazione del parco, raccogliere le osservazioni preliminari degli Enti interessati, per valutarne la coerenza urbanistica, ambientale e paesaggistica, e solo DOPO si sarebbe potuta attivare una procedura di “Concessione per Valorizzazione”. Senza questo progetto, la Giunta avrebbe potuto emettere un bando siffatto per il solo Acquario-Rettilario, che aveva già la coerenza urbanistica dopo la Variante del 2005, al fine di collocarvi “attrezzature di interesse comune”. La mancanza di un progetto unitario è testimoniata anche dalle prescrizioni molto “flessibili” indicate per la tutela delle alberature storiche del verde in piena terra, giacchè si ipotizzano in partenza ridimensionamenti delle alberature, possibili trapianti, e “pavimentazioni permeabili” anziché verde in piena terra, già ipotizzando di consentire di violare il Regolamento di Tutela del Verde approvato dalla Città nel 2006.Anche in questo caso, una sorta di “mano libera” agli operatori.
4) PERCHE’ NON SI E’ PROVVEDUTO A PROPORRE UNA VARIANTE URBANISTICA PER L’INTERA AREA DEL PARCO MICHELOTTI? La città, per perseguire i suoi intenti di cessione dell’intero parco e delle aree fronti stanti verso corso Casale, dovuto, con un nuovo procedimento, proporre l’approvazione di una nuova Variante Urbanistica per l’INTERO parco Michelotti. Una variante urbanistica, col suo iter (adozione e poi approvazione da parte del Consiglio Comunale), doveva allora accogliere anche osservazioni nel pubblico interesse, e l’Amministrazione era tenuta a controdedurre opportunamente. In questo caso si è invece voluto procedere d’autorità, senza consentire le forme di partecipazione previste dalla legge, al solo fine di costruire un bando in funzione delle proposte di Zoom, mentre da parte della Città pareva esistere solo una decisa volontà di liberarsi di una sorta di “oggetto ingombrante” e fastidioso e delle spese di manutenzione. Questo modus operandi a nostro parere viene di fatto ad invalidare l’intero procedimento partito con il Bando a cui ha fatto seguito la “Attivazione della Procedura di Valorizzazione” approvata dal Consiglio Comunale il 12 gennaio 2015, privo di coerenza dal punto di vista urbanistico.
5) UNA GENERICA E SCORRETTA DEFINIZIONE DELLE AREE A SERVIZI. Nelle procedure, come già detto, si fa riferimento ad una generica identificazione del parco Michelotti come Area per Servizi, e all’art 19 delle Norme di Attuazione del PRG vigente. Va premesso, come già detto, che salvo Acquario Rettilario tutto il resto dell’area reca la lettera “v”, quindi non si tratta di un’area a servizi di proprietà della Città di cui vada ancora decisa la destinazione o la trasformazione, bensì di un parco pubblico consolidato e storicamente identificato, da sempre di proprietà della Città, utilizzato costantemente come parco pubblico con un intervallo (1954-1987) in cui buona parte del parco venne adibito a giardino zoologico. La revoca da parte della Città della concessione alla ditta Molinar che gestiva lo Zoo lo rese nuovamente nei suoi intenti parco pubblico, e tale fu la priorità con cui venne attrezzato e risistemato, fatte salve le concessioni temporanee per diverse attività: come Experimenta, mostre tematiche, attività ludiche per i bimbi a libero accesso (mai a pagamento) come il Parco Gio. Un parco pubblico consolidato può vedere il coinvolgimento dei privati nella sua gestione, e concessioni di breve o lungo periodo degli edifici che su di esso insistono purchè sempre funzionali all’utilizzo pubblico del parco. All’art. 19 comma 5 si indica che “è ammesso l’intervento diretto del privato per la realizzazione di strutture di uso pubblico, solo previa stipulazione di specifica convenzione”. Nel caso in questione “l’uso pubblico”, nel momento in cui tutto il parco viene dato in concessione a privati operatori per realizzarvi un parco tematico a pagamento, di fatto non viene più garantito, se non con l’escamotage di lasciare aperto all’uso pubblico ciò che è già tale, ovvero l’area esterna. Difatti nell’attivazione della procedura di Concessione per Valorizzazione approvata dalla Giunta il 15 maggio 2015 anziché accennare alla proposta progettuale finalizzata all’uso pubblico, si dice che Zoom realizzerà (pag. 3 della delibera) un “polo di rilevanza pubblica”, cosa ben diversa. Inoltre persiste in tutta la procedura una sostanziale ambiguità circa le strutture già esistenti nel parco: come già detto solo Acquario-Rettilario risulta perimetrato e regolarizzato attraverso la Variante del 2005, mentre le altre strutture esistenti non sono definibili se non come”precari”, che non possono in alcun caso costituire nuovi volumi. Stranamente già la delibera della Giunta Comunale del 28 novembre 2014, approvata poi dal Consiglio 1l 12 gennaio 2015, dà per scontato (pag. 2) che viene prevista “la costruzione di nuovi volumi”, dei quali non si danno né giustificazione né consistenza, e che questi richiederanno il reperimento di quote di parcheggi pertinenziali. Eppure, come testimoniato anche dalla Commissione Consiliare svoltasi il 21 gennaio 2016, oltre ad Acquario-Rettilario si fa riferimento (intervento arch. Cavaglià a nome di Zoom) a ben “5.000 mq. di edifici da recuperare” (!). Non essendo ciò stato smentito dall’Amministrazione Comunale in alcuna forma, viene dato per scontato che la proposta di costruire nuovi volumi edificati all’interno del parco (come la cosiddetta “Biosfera”) venga assentita dall’Amministrazione, creando illusorie aspettative da parte dell’aggiudicatario, e la necessità di reperire quote rilevanti di parcheggi pertinenziali che, vedi caso, vengono proposti nell’arra esterna, unitamente ai parcheggi pubblici, con la tombatura delle vasche delle fontane monumentali di cui è ancora da verificare la possibile tutela, essendo addirittura preesistenti all’insediamento dello Zoo nel 1954. L’ipotizzata costruzione di nuovi volumi edificati è in contrato poi con il regime di salvaguardia vigente dopo l’adozione del nuovo Piano Paesaggistico da parte della Regione Piemonte, con la scheda specifica che riguarda “Il Torinese”; tale salvaguardia al più potrebbe consentire i soli interventi di manutenzione ordinaria dell’esistente. Anche se nelle aree a verde il PRG ammette la realizzazione di “attrezzature sportive, chioschi ed edicole per attività commerciali”, ognuna di queste attività deve essere oggetto di un provvedimento specifico, cosa ben diversa dall’assegnare tutta quanta l’area del parco ad un privato operatore.
6) LA MANCATE RICHIESTA DI UNA PROCEDURA DI V.I.A. L’aggiudicazione provvisoria, e soprattutto quella definitiva, non fanno alcun cenno alla necessità che la prevista trasformazione del parco Michelotti da parte di Zoom sia da sottoporre a Valutazione di Impatto Ambientale da parte della Città Metropolitana. Infatti a quest’ultima compete tale valutazione in base al Testo Unico sull’Ambiente, valutazione espressamente indispensabile per la realizzazione di “parchi tematici”, per i quali sono peraltro state abbattute di recente anche le soglie dimensionali. Un’aggiudicazione definitiva avrebbe dovuto quanto meno indicare tutti i passaggi a cui la proposta progettuale dovrebbe essere sottoposta, a maggior ragione se di questa si vuole sostenere l’interesse pubblico. Invece nella Relazione del Gruppo di Lavoro che ha condotto alla aggiudicazione definitiva si fa soltanto cenno al parere che dovrà essere dato dalla Commissione Locale per il Paesaggio della Città di Torino, senza menzionare la salvaguardia posta dal Piano Paesaggistico Regionale che non può essere aggirata col parere della Commissione Locale, data l’entità della trasformazione prevista. Nella frase conclusiva di tale verbale si evidenzia poi che le risultanze del gruppo di lavoro comunale e l’aggiudicazione definitiva non “rappresenteranno in alcun modo approvazione del Progetto da parte della Città, né degli altri Enti preposti a rilasciare… gli atti di assenso necessari (autorizzazioni, nulla osta, etc.), di cui è tenuto a farsi carico unicamente il soggetto Aggiudicatario”. Se ne parla quindi come di meri atti di “ordinaria burocrazia”, quando in realtà si tratta di passaggi di grande rilievo come la Valutazione di Impatto Ambientale e il regime di salvaguardia imposto dal Piano Paesaggistico Regionale, che l’Amministrazione Comunale avrebbe dovuto espressamente prescrivere prima di convalidare l’aggiudicazione.
Emilio Soave
Vice presidente Pro Natura Torino
- Torino non vuole uno zoo – La petizione
- L’innegabile libera fruizione collettiva del bene comune
- Proposta di Atto di Autotutela
- La dichiarazione dei giuristi
- Gli zoo, luoghi di sofferenza
- Negatività di bioparchi, oasi e parchi naturali
- Storia della protesta
- Storia del vecchio zoo di Torino
- Breve storia del Parco Michelotti di Torino
- Commissione consiliare per la chiusura del vecchio zoo
- Il Ricorso al T.A.R.
- La richiesta di Pro Natura alla Città Metropolitana di Torino
- Alcune puntualizzazioni sulla procedura dell’assegnazione del Parco Michelotti a Zoom
Petizione “No alla riapertura dello zoo in Parco Michelotti”
di Rosalba Nattero
Relazione presentata alla seduta della VI Commissione del Consiglio Comunale di Torino il 6 giugno 2017
A nome dei firmatari della petizione, chiediamo che nell’area dell’ex zoo di Parco Michelotti venga escluso qualsiasi utilizzo di animali vivi al fine di evitare la riapertura del modello “ZOO” chiuso definitivamente nel 1987. E inoltre che l’area non venga privatizzata, ma venga restituita ai cittadini come parco pubblico.
La storia e le motivazioni sono note: 30 anni fa chiudeva lo zoo di Torino dopo le migliaia di proteste dei cittadini che assistevano allo spettacolo indegno e quotidiano di animali in gabbia, stressati e depressi, proprio nel cuore della città e quindi in mezzo al traffico cittadino.
La chiusura del vecchio giardino zoologico ha rappresentato il diritto di ogni animale a vivere libero nel proprio ambiente naturale, importante tappa nella storia del movimento animalista italiano.
Il Parco Michelotti era diventato il simbolo della liberazione animale.
Ora, trent’anni dopo, se il progetto andrà avanti, la città farà un salto involutivo di decenni perdendo quella caratteristica di città sensibile agli animali che aveva acquisito in questi ultimi anni.
Le amministrazioni comunali sono cambiate, ma la situazione non muta: l’amministrazione attuale, nonostante nel suo programma si mostri sensibile al benessere degli animali, su questo caso sembra rappresentrare una continuità con quella precedente, non facendo nulla per evitare un nuovo lager per gli animali.
Dal programma di governo 2016-2021 dell’attuale Giunta leggiamo che sono previste:
● precise misure atte a sfavorire la detenzione a qualsiasi titolo di animali selvatici ed esotici in strutture fisse (vedi zoo, bioparchi) o temporanee.
● ed è previsto Riconvertire le fattorie didattiche in strutture di accoglienza per i Nuovi Animali da Compagnia e per il recupero e riabilitazione animali da reddito.
Il piano del Comune invece prevede la svendita del parco Michelotti alla società Zoom per un periodo di ben trent’anni (rinnovabili poi per ulteriori venti), per farne un nuovo zoo, anche se con il termine più moderno di “bioparco”.
Un’area di grande pregio naturalistico che da trent’anni attende di essere riaperta ai cittadini, e che rischia invece di essere privatizzata. Le strutture del nuovo zoo quindi sottrarrebbero per sempre un bene pubblico ai cittadini.
Osserviamo con rammarico come la nuova amministrazione comunale si sia schierata a favore del nuovo zoo, sotto la minaccia di fantomatiche multe plurimilionarie, che appaiono del tutto inverosimili da un punto di vista legale.
In un documento firmato da 11 autorevoli giuristi di tutta Italia si dichiara: “una penale congrua non potrebbe superare significativamente il costo ragionevole della progettazione, una cifra dunque relativamente modesta che lascia certamente all’amministrazione in carica la scelta politica sul se interrompere o meno la realizzazione dello Zoo eventualmente riconoscendola a Zoom.”
Pertanto non possiamo fare a meno di notare l’assenza della reale volontà politica di contrastare il progetto figlio dell’amministrazione precedente.
Ed è inevitabile porci delle domande: perché questa amministrazione intende perseguire questo progetto e non fa niente per tentare di fermarlo, in netto contrasto con quanto promesso nella campagna elettorale?
La Sindaca Appendino in un incontro al Salone del Libro ha dichiarato:
“Il bando era già stato assegnato dall'amministrazione precedente e quindi l'amministrazione non può contraddirlo per il principio della continuità amministrativa”
Si ritiene che non vi sia continuità amministrativa ma continuità politica in quanto altrimenti non si spiegherebbe come normalmente ad ogni cambio di Sindaco, nel caso di elezioni amministrative, vi sia sempre l’attuazione del proprio programma elettorale, differente da quello degli altri. Altrimenti perché si presenterebbero liste con programmi differenti?
Sempre la Sindaca Appendino ha dichiarato:
“La rinuncia a proseguire la decisione presa sullo Zoo esporrebbe l’amministrazione a una causa certa che costerebbe milioni.”
E ha aggiunto:
“Dal momento in cui è stato assegnato il bando c'è un diritto che non si può violare, altrimenti poi tutti i bandi non avrebbero più valore.”
Per quanto riguarda l’aspetto del risarcimento milionario si richiama al documento dei giuristi, primo firmatario Prof. Ugo Mattei. Ma si aggiunge anche che la legge 241/90 prevede che l’amministrazione pubblica possa applicare un atto di AUTOTUTELA per revocare i propri atti “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, come da documento del dott. Alessandro Piacenza Resp. Settore Giuridico OIPA.
Concetto espresso anche dall’attuale assessora all’Ambiente Stefania Giannuzzi che in data 9 gennaio 2017, in una intervista al giornale Vegolosi, ha dichiarato "per fermare questo progetto ci devono essere cause di forza maggiore, come un alluvione che impedisca l'uso dell'area, oppure (citando il regolamento della Città di Torino) sopravvenuti motivi di pubblico interesse”.
Quindi sia la legge 241/90 sia il regolamento della Città di Torino prevedono la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse…”
Ma cosa si intende per pubblico interesse? Nella filosofia del diritto non si è arrivati a dare una definizione univoca, però si avvicina molto quella che lo associa al concetto di bene comune attuato con la discrezionalità amministrativa per il perseguimento dell’interesse pubblico primario.
Si ritiene pertanto che tali sopravvenuti motivi di interesse pubblico ci siano, sia per evitare lo zoo con animali sia per privatizzare un importante parco cittadino, come dimostrano l’adesione alla manifestazione del 27 maggio scorso e di fatto alla campagna 2017 contro lo zoo a cui oltre alle 9 associazioni promotrici hanno partecipato anche oltre trenta realtà associative e movimenti.
E soprattutto, sono da valutare l’interesse delle circa 2.000 persone, per la maggior parte torinesi, presenti alla manifestazione, al di là delle cifre ridicole citate dai media, facilmente verificabili dalle foto e dai filmati, nonché le centinaia di firme raccolte nelle varie iniziative.
Avremmo desiderato poterci confrontare su questi temi con la Sindaca nell’incontro che le associazioni le hanno chiesto in data 1° Febbraio 2017, richiesta a cui non abbiamo mai avuto risposta.
Riteniamo che non possano esserci priorità più importanti del benessere di esseri senzienti. E anche se il progetto non parla di zoo ma di bioparco, il termine più “moderno” non cambia la sostanza: saranno comunque animali estrapolati dal loro habitat naturale, e quindi sottoposti a stress e al pericolo di depressione e patologie.
Lo zoo inoltre è diseducativo per i giovani in quanto non contribuisce a far conoscere gli animali, poiché non vengono conosciuti nel loro ambiente ma in cattività.
Lo spettacolo di animali detenuti è altamente antieducativo poiché mostra la violenza su esseri senzienti considerati inferiori, comunicando un messaggio di sopraffazione dell’essere umano verso le altre specie. Un messaggio devastante che vedremo proposto ai giovani per 30 anni e forse per ulteriori altri 20.
Se questo progetto andrà avanti, Torino diventerà un esempio negativo nazionale e con molte probabilità anche internazionale, così come invece era stata di esempio internazionale quando fu la prima città europea a vietare i botti di Capodanno, poi imitata da molte altre città italiane ed europee. La città farà un salto indietro nel tempo in un momento storico in cui sono sempre più numerose le persone sensibili agli animali e al loro benessere.
Pertanto chiediamo accoratamente che questo progetto venga fermato.
Le associazioni animaliste e ambientaliste, insieme a tutti coloro che amano e rispettano gli animali e l’ambiente, non si fermeranno nell’azione contro la riapertura dello zoo in Parco Michelotti.
Dopo la manifestazione nazionale del 27 maggio il Comitato promotore ha intenzione di proseguire nella protesta fino al totale annullamento del progetto.
Rosalba Nattero
Presidente di SOS Gaia
Membro della Consulta Animalista della Città di Torino
di Monica Fontana
Relazione presentata alla seduta della VI Commissione del Consiglio Comunale di Torino il 6 giugno 2017
Il sostenere i diritti degli animali è differente dalle altre rivoluzioni dei diritti in quanto è un movimento non portato avanti in prima persona dagli interessati poiché non sono in condizioni di promuovere la loro causa, sono allora gli esseri umani spinti da empatia e ragione a favorire il riconoscimento degli interessi degli animali. Se siamo qui a parlarne è perché non c’è dubbio che ancora esiste indifferenza nei confronti del loro benessere ed una delle tante realtà che purtroppo lo conferma è lo Zoo. La città di Torino sta rendendo possibile l’installazione di un giardino zoologico in un area verde di diritto pubblico. Grandi cambiamenti si attendevano da parte dell’amministrazione attuale che invece desta preoccupazione perché quella direzione di novità che doveva essere rappresentata dalla nuova Giunta risulta assente, la città non è accompagnata e rappresentata nella sua crescita di sensibilizzazione per combattere l’indifferenza nei confronti del benessere degli animali e neppure nella doverosa crescita politica per la tutela dei Beni Comuni, trovandoci di fronte alla logica della privatizzazione del Bene Pubblico ragionando in termini di interesse puramente economico non tenendo in considerazione i diritti dei cittadini e degli animali. Parco Michelotti parco pubblico, Bene Comune di diritto pubblico da poter liberamente fruire viene concesso a privati.
Il Bene pubblico, diritto della persona in quanto cittadinanza e comunità diventa la vittima sacrificale di una cieca legge di mercato al solo fine di “fare cassa”: sostanziale privatizzazione del Bene Comune proposta come la sola possibile soluzione senza ascoltare le istanze provenienti dalla cittadinanza. In quanto Bene Comune tutti devono avere la possibilità di goderlo, poterne fruire escludendo la privatizzazione che implica la privazione, il venir meno ai cittadini di un bene di loro diritto avente come fine il benessere della comunità. Il Bene Comune non deve rimanere semplicemente un termine di convenienza in occasione di programmi elettorali, bensì una partecipata realtà da vivere condividendola al meglio tra le differenti energie attive sul territorio per cercare e trovare quelle soluzioni che derivano dalle proposte dei cittadini. La fruizione collettiva compete al Bene Comune che non coglie la sostenibilità della pura legge di mercato poiché di dimensione collettiva, nell’interesse pubblico di libera fruizione e godimento da parte della cittadinanza implicante la “titolarità diffusa” nel senso che tutti devono poter accedervi senza che nessuno possa vantare pretese esclusive, rendendo possibile l’attuazione dei diritti della collettività. Bene Comune quale specifico bene di interesse pubblico da condividere da tutti i membri della comunità in quanto proprietà collettiva implicante l’uso civico, diritto di libero godimento collettivo. E’ andando oltre la logica del mercato che si privilegia l’attenzione alle esigenze del Bene Comune liberamente godibile e fruibile dalla cittadinanza consolidando l’innegabile diritto di avvantaggiamento della collettività, evitando la sottrazione al godimento comune.
Monica Fontana
Responsabile Leal Torino
Membro della Consulta Animalista Comune di Torino
OSSERVAZIONI ALLE PRINCIPALI MOTIVAZIONI DEL COMUNE SUL MANTENIMENTO DEL PROGETTO ZOO IN PARCO MICHELOTTI
di Alessandro Piacenza
PREMESSA
SITUAZIONE ATTUALE : Aggiudicazione definitiva della gara N. 56/2015 per la Concessione di valorizzazione della porzione del Parco Michelotti costituente l’area dell’ex Giardino Zoologico di Torino a favore di - Zoom Torino S.p.a -- Zoom in Progress S.r.l. Tale aggiudicazione è stata fatta in data 29 giugno 2016, esattamente dopo 23 giorni dalle elezioni ed il giorno prima dell’insediamento ufficiale della Giunta Comunale attuale. Però non sono ancora iniziati i lavori e la presa del parco Michelotti da parte dell’aggiudicante in quanto mancano ancora dei presupposti documentali tra i quali il parere delle Belle Arti ed il progetto definitivo da parte di Zoom. Pertanto, essendo ancora tutto a livello astratto formale si ritiene che sia il momento da parte della Giunta di intervenire.
OSSERVAZIONI IN MERITO ALLE DICHIARAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Dalle affermazioni della Sindaca Appendino (durante un colloquio con un attivista al Salone del Libro 2017):
“Il bando era già stato assegnato dall'amministrazione precedente e quindi l'amministrazione non può contraddirlo per il principio della continuità amministrativa”
Si ritiene che non vi sia continuità amministrativa ma continuità politica in quanto altrimenti non si spiegherebbe come normalmente ad ogni cambio di Sindaco, nel caso di elezioni amministrative, vi sia sempre l’attuazione del proprio programma elettorale, differente da quello degli altri. Non si spiegherebbe perché si presentino liste con programmi differenti. Nel caso specifico anche la Sindaca Appendino ha promesso discontinuità con la precedente Giunta contro il “Sistema Torino”, e l’ha attuata ad esempio cambiando competenze a 9 dirigenti su 12, o il progetto di variazione del piano regolatore ed altro.
La discontinuità politica esiste invece nella attuale Giunta da prima delle elezioni a dopo essere stati eletti, proprio con la scelta di voler continuare il progetto zoo,basta richiamare il programma elettorale del Movimento Cinque Stelle torinese.
Sempre dalle dichiarazioni della Sindaca Appendino:
“La rinuncia a proseguire la decisione presa sullo Zoo esporrebbe l’amministrazione a una causa certa che costerebbe milioni, visto che c'è un diritto dal momento che è stato aggiudicato il bando. Inoltre il Consiglio di Stato ha confermato questo diritto.”
Premesso che il Consiglio di Stato non essendo entrato nel merito, così come il TAR Piemonte, non ha sostenuto questo. Per quanto riguarda l’aspetto del risarcimento milionario si richiama al documento dei giuristi primo firmatario Prof. Ugo Mattei. Ma si aggiunge anche che la legge 241/90 prevede che l’amministrazione pubblica possa applicare un atto di AUTOTUTELA per revocare i propri atti. Infatti all’art. 21-quinquies (Revoca del provvedimento) viene previsto che “1.Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (che deve essere letto insieme al concetto di bene comune e di discrezionalità amministrativa) ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.
[1-ter. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico. “
Tale possibilità inoltre è stata citata dalla attuale assessora all’Ambiente della Città di Torino Stefania Giannuzzi che in data 9 gennaio 2017 in una intervista al giornale ‘Vegolosi’ ha dichiarato "dal punto di vista politico siamo in difficoltà, perché non possiamo fermare questa procedura anche se avevamo spiegato in campagna elettorale che avremmo fatto di tutto per fermarlo, ma allora l'iter amministrativo non si era ancora concluso e potevamo intervenire -racconta- il problema è che per fermare questo progetto ci devono essere cause di forza maggiore, come un alluvione che impedisca l'uso dell'area, oppure, citando il regolamento: "sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario", in caso contrario il Comune verrebbe citato per danni erariali che ad oggi non sono quantificabili; in poche parole il Comune di Torino potrebbero dover pagare i danni anche del mancato guadagno di Zoom per i prossimi trent'anni”.
Quindi sia la legge 241/90 sia il regolamento della Città di Torino prevedono la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse…”. Ma cosa si intende per pubblico interesse? Nella filosofia del diritto non si è arrivati a dare una definizione univoca, però si avvicina molto quella che lo associa al concetto di bene comune attuato con la discrezionalità amministrativa per il perseguimento dell’interesse pubblico primario. Si ritiene pertanto che tali sopravvenuti motivi di interesse pubblici ci siano sia per evitare lo zoo con animali sia per privatizzare un importante parco cittadino, un’area di grande pregio naturalistico situata sulle sponde del Po nel pieno centro della città. Tali motivi esattamente sono:
- La tanto dichiarata politica ambientalista e di rivalutazione dei parchi cittadini della attuale Giunta Comunale ( http://www.chiaraappendino.it/programma/#tab4 ) (http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/torino/gruppo-di-lavoro.html )
- L’interesse della maggioranza dei cittadini torinesi, visto che è stata eletta la lista che in campagna elettorale aveva promesso che non si sarebbe fatto lo zoo ed avrebbero rivalutato il verde pubblico, ovviamente non privatizzandolo.
- L’adesione alla manifestazione del 27 maggio e di fatto alla campagna 2017 contro lo zoo, oltre alle 9 associazioni promotrici anche di oltre trenta realtà associative e di movimenti.
- Le circa 2.000 persone, per la maggior parte torinesi, presenti alla manifestazione.
- Centinaia di firme raccolte nelle varie iniziative.
Se l’amministrazione comunale non fosse ancora convinta del pubblico interesse da parte dei cittadini contro lo zoo, privatizzando un parco pubblico, ha ancora una strumento a sua disposizione per poterlo verificare:
- Indire ai sensi dello STATUTO della CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO un referendum consultivo, deliberato a maggioranza assoluta dal Consiglio Comunale, con il quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi su materie che non siano tributi locali, tariffe o provvedimenti esecutivi vincolati dalla legge. Però tenuto conto che un referendum consultivo cittadino potrebbe costare oltre 500.000 euro l’Amministrazione Comunale potrebbe indire delle consultazioni on line ed investire una minima parte dei soldi previsti per un eventuale referendum per le spese di revoca dell’atto.
- Inoltre non si esclude, se non vi sia ascolto da parte della Commissione Consiliare, che le associazioni e i movimenti partecipanti alla manifestazione del 27 maggio u.s., seguendo la procedura formale prevista dallo Statuto, non raccolgano le 2.000 firme per richiedere un referendum abrogativo della delibera della gara o di altri atti amministrativi attinenti.
Se invece non si vuole parlare di revoca ma di recesso dell’eventuale contratto si richiama quanto previsto dall’ex art . 21-sexies della legge 241/90 Recesso dai contratti “ 1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto.” Si invita alla lettura dell’articolo al seguente link: “http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3031 “Sempre in caso di recesso si richiama anche quanto previsto dall’art. 1373 codice civile “Recesso unilaterale.- Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario.” (si presume che l’opzione di recesso sia stata inserita nel contratto tra Città di Torino e Zoom, ma non possiamo saperlo non avendo copia dello stesso - ndr)
Per concludere, non si capisce quale sia il diritto superiore anche alla volontà dei cittadini al quale si appella la Giunta. Inoltre in caso di revoca o recesso di tale bando, esistono dei precedenti e pertanto non sarebbe la prima volta e nemmeno l’ultima, come dimostrato dall’interessante contenuto del link:
“Revoca e annullamento in autotutela della procedura di gara: il Consiglio di Stato esemplifica i casi concreti che consentono alla Stazione Appaltante di fare marcia indietro”
Dott. Alessandro Piacenza
Resp. Settore Giuridico OIPA Italia Onlus
Parere circa la validità di una clausola penale milionaria che renderebbe eccessivamente oneroso mantenere la promessa elettorale del Sindaco di Torino di impedire la realizzazione di un giardino zoologico al Parco Michelotti di Torino.
I sottoscritti giuristi, Professori universitari di diritto, portati a conoscenza del fatto che una gravosa penale, dell’ordine di uno o più milioni di Euro, impedirebbe all’amministrazione Torinese in carica di adempiere alla promessa fatta in campagna elettorale di interrompere il progetto della precedente Amministrazione volto alla sostanziale privatizzazione del Parco Michelotti al fine di allestirvi un giardino zoologico privato, dichiarano quanto segue:
Sebbene sia molto difficile esprimere un parere in astratto senza avere contezza reale degli accordi formali di natura contrattuale o concessionaria fra il Comune di Torino e la Società Zoom al fine di valutare la congruità di tale presunta gravosa penale, si può certamente affermare che il diritto italiano consente l'introduzione delle c.d. clausole penali previste in via generale (e dunque applicabile anche a rapporti fra soggetti pubblici e privati) al fine di rafforzare le promesse contrattuali. La norma che le prevede è l'Art 1382 del Codice Civile. Per pacifica giurisprudenza tuttavia le clausole penali che pure hanno una funzione sanzionatoria nel caso di inadempimento (quale sarebbe quello nel caso in cui la nuova Amministrazione si rimangiasse quanto pattuito dalla vecchia) non possono essere del tutto scollegate dal danno effettivamente subito. Esse ne costituiscono una liquidazione anticipata che può certo essere superiore allo stesso e che libera dall'onere probatorio del danno effettivamente subìto ma sempre vanno interpretate in relazione al danno subìto. Per tutte Cass 1183/07.
In particolare quando la clausola penale risulti manifestamente sproporzionata rispetto al danno effettivamente subìto essa può essere ridotta e riportata a ragionevolezza da parte del giudice (Art. 1384 Cod civ.). La giurisprudenza dà al giudice questo potere anche quando le parti dovessero aver espressamente pattuito l' irriducibilità della penale.
Da questi principi generali di natura imperativa discende che molto difficilmente la penale a favore di Zoom potrebbe essere milionaria, perché il danno ragionevole in questa fase non può essere molto superiore alle eventuali ragionevoli spese di progettazione del giardino zoologico. Qualora dovesse esserlo, in virtù di un'inopinata decisione dell'amministrazione precedente, (che potrebbe pure integrare gli estremi del danno erariale) il giudice manterrebbe comunque il potere di riduzione ad equità (cioé di collegarla al danno effettivamente provato come subìto e non meramente ipotetico). Inoltre, lo scopo della penale sproporzionata non potrebbe considerarsi meritevole di tutela in quanto presumibilmente introdotta al solo scopo di impedire alla successiva amministrazione, in una fase ancora preliminare del processo, di operare una valutazione differente da quella precedente.
Di più allo stato delle nostre conoscenze non è possibile purtroppo dire. Sarebbe importante conoscere, tramite procedura di accesso agli atti, quanto effettivamente pattuito fra il Comune e la Zoom al fine di valutare la congruità della penale eventualmente apposta.
In ogni caso una penale congrua non potrebbe superare significativamente il costo ragionevole della progettazione, una cifra dunque relativamente modesta che lascia certamente all’amministrazione in carica la scelta politica sul se interrompere o meno la realizzazione dello Zoo eventualmente riconoscendola a Zoom. E’ certo che il principio di ragionevolezza e proporzionalità, cardine del nostro sistema di interpretazione del diritto, non consente che una decisione politica di grande delicatezza quale quella volta a privatizzare per ben trent’anni un parco pubblico possa essere dettata dai contenuti di una penale pattuita fra un’amministrazione uscente e una società privata.
Rilasciamo questo parere, pro bono in spirito di cittadinanza attenta alle esigenze della democrazia e dei beni comuni, soprattutto al fine di evitare l’uso strumentale del diritto come alibi per non affrontare il costo politico dell’inadempimento di promesse elettorali di cambiamento.
In fede,
Prof. Avv Ugo Mattei, Ordinario di Diritto Civile, Università di Torino
Prof. Avv. Carmelita Camardi, Ordinario di diritto civile, Università di Venezia
Prof. Avv. Maria Rosaria Marella, Ordinario di diritto civile Università di Perugia
Prof. Avv. Alessandro Ciatti, Ordinario di diritto civile, Università di Torino
Prof. Avv. Antonio Gambaro, Emerito Università di Milano, Accademico dei Lincei
Prof. Avv. Luca Nivarra, Ordinario di diritto civile, Università di Palermo
Prof. Avv. Francesco Astone, Ordinario di diritto privato, Università di Foggia
Prof. Avv. Alberto Lucarelli, Ordinario di diritto pubblico, Università di Napoli
Prof. Avv. Alessandro Somma, Ordinario di diritto Comparato, Università di Ferrara
Prof. Giovanna Savorani, Ord. Diritto Privato, Università di Genova
Prof. Oberdan Tommaso Scozzafava, Ordinario di diritto civile, Università di Roma Tor Vergata
Prof.ssa Francesca Poggi professore di Diritto e bioetica e Teoria generale del diritto Università degli Studi di Milano
Prof. Avv. Diana Cerini, professore di diritto privato comparato Università Milano Bicocca
Prof. Francesca Rescigno, professore di diritto pubblico Università di Bologna
Prof. Avv. Raffaele Torino, Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Scienze Politiche
Contributo al sostegno della petizione “No alla riapertura dello zoo in Parco Michelotti”
di Marco Francone
Alle Consigliere e ai Consiglieri comunali della Città di Torino
Quale contributo al sostegno alla petizione al Consiglio comunale dal titolo “No alla riapertura dello zoo in Parco Michelotti” riporto uno stralcio del documento che presentai nel dicembre 1986 alla Commissione consiliare per il problema dello Zoo:
Poco più di un secolo fa sorsero numerosi giardini zoologici che avevano come scopo unico o prevalente quello di esporre animali esotici per soddisfare curiosità superficiali e divertire il pubblico.
Se si tratta di vedere le dimensioni, il colore e l’aspetto di certi animali è sufficiente visitare un museo zoologico.
Se invece si tratta di vedere gli animali come si muovono, come si comportano allora bisogna vederli nel loro ambiente naturale. Osservare un animale avulso dal suo ambiente poteva avere un senso uno o due secoli fa quando non si sapeva assolutamente nulla di ecologia e di etologia. Un animale è parte integrante di una comunità di organismi, in cui occupa una certa posizione spaziale, si trova ad un certo livello della catena alimentare, cioè mangia certi organismi ed è mangiato da altri, è diurno o notturno, migratore o no. La forma, le dimensioni, il colore, la voce, il comportamento - spesso complesso - sono tutti in relazione con l’ambiente in cui vive (Carlo Consiglio, Una società a misura di natura, l’Alternativa, 1981).
Gli zoo hanno favorito un rapporto aberrante con gli animali e riguardo alla sofferenza degli animali in cattività Konrad Lorenz ne “L’anello di Re Salomone” del 1949 scrisse che gli animali più infelici in cattività non sono in genere quelli che suscitano maggiormente la compassione dei visitatori.
Comunque sicuramente soffrono quegli animali che in stato di libertà compiono grandi distanze. Dice Carlo Consiglio, zoologo: “a giudicare dal puntare spasmodico verso una direzione geografica fissa da parte di un uccello in gabbia all’epoca della migrazione, si deve arguire che si tratta di un istinto fortissimo, paragonabile all’istinto sessuale; è quindi verosimile ritenere che l’impossibilità di soddisfare questa esigenza dia sofferenza”.
Scrisse Lorenz, nel libro sopracitato: “…molto più infelici di tutti gli altri animali in condizioni di cattività sono le scimmie, e soprattutto le antropomorfe, animali a cui le sofferenze possono cagionare gravi danni fisici…”.
Negli ultimi anni le condizioni di cattività di alcuni animali, ed in particolare delle scimmie, in alcuni zoo europei sono migliorate, ma ciò non è sicuramente sufficiente. I responsabili di zoo (e bioparchi) in diversi casi hanno evitato di realizzare barriere troppo evidenti, preferendo fossati non visibili al pubblico e anche cavi elettrici ben celati alla vista. Sono i cosiddetti “exbit”: si prefiggono l’obiettivo di creare angoli spettacolari di fittizie ricostruzioni bucoliche, utili all’ambiente e agli animali selvatici quanto un quadro di natura morta da appendere in salotto, ma più facilmente accettati dall’occhio del visitatore della domenica.
Per quanto riguarda la ricerca scientifica l’etologo Danilo Mainardi (nella prefazione del libro di Sandro Lovari, Etologia di campagna, Boringhieri, 1980), scrisse: “l’etologia di campagna (lo studio del comportamento degli animali nel loro ambiente naturale) è senz’altro la più qualificante per quella scienza comportamentale che è l’etologia. E’ lì infatti, nel contesto ove gli animali si sono andati evolvendo, che è possibile verificare il significato adattativo dei loro comportamenti, è lì soprattutto che questi devono essere osservati, descritti, catalogati”.
Gli animali selvatici ed esotici vanno osservati e studiati liberi in natura, per cui SI al sostegno di rifugi faunistici, oasi di protezione, riserve e parchi naturalistici in ogni luogo della nostra Terra!
No a Zoom a Torino!
Marco Francone
Presidente della Consulta Animalista della Città di Torino
Zoom e le sue contraddizioni
di Enrico Moriconi
Si è pensato che, sostituendo la parola “Zoo” con quelle come “Bioparco” “Parco o Oasi Naturalista” o altre ancora, cambiasse l'atteggiamento critico verso le strutture che ospitano gli animali esotici. Lo Zoom di Cumiana non è diverso dalle altre strutture realizzate con le stesso scopo: oggettivare la visione di animali non presenti alle nostre latitudini, cercando di giustificare l'operazione con obiettivi sulla carta, ma solo sulla carta, condivisibili: tutela della biodiversità, occasione di studio e attività scientifiche, educazione e formazione per tutti, ma soprattutto giovani.
Gli obiettivi dichiarati però decadono ad una analisi oggettiva ma soprattutto eludono il punto più spinoso: il confinamento in spazi limitati e in condizioni inusuali crea condizioni vita di etologicamente e totalmente diversa agli animali. Bioparchi e simili non sono Parchi Naturali che che si basano su di un principio opposto: invece di privilegiare la visione oggettiva da parte delle persone devono garantire le condizioni migliori per gli animali, per cui l'ambiente viene lasciato naturalmente a loro disposizione.
In ogni caso, le negatività di Zoom si evidenziano ad un semplice esame.
Non serve alla tutela biodiversità. Gli animali esotici presenti in Zoom appartengono talvolta a specie a rischio, come le tigri, ma è dimostrato scientificamente che la funzione di salvaguardia delle specie in via di estinzione non è di alcune utilità concreta e pratica; infatti sono circa 5926 le specie catalogate dall'International Union for the Conservation of Nature (IUCN) in via di estinzione, e solo circa 120 (pari al 2%) sono coinvolte in programmi internazionali di allevamento negli zoo. Anche sulle singole specie è inutile poiché non si mantiene il patrimonio genetico originale delle diverse specie. Le acquisizioni da altri zoo, come ammette la stessa Direzione di Zoom, comportano il mescolamento genetico, quindi non si salva il patrimonio di una specie ma si modifica il Dna e si impoverisce la specie, che risulta altamente mescolata, per cui la progenie non corrisponde geneticamente a nessun individuo presente in natura. E pertanto gli eventuali nati non si possono immettere in libertà. Il problema della confusione genica è ugualmente massimo nel caso in cui, contravvenendo alle regole, si immettessero animali catturati allo stato libero poiché ugualmente si mescolerebbero geni provenienti da gruppi di popolazioni diverse. Le nascite sono molto pubblicizzate, ma, dati alla mano, non danno ricadute pratiche, ad esempio le popolazioni di elefanti in cattività in Europa e negli Stati Uniti, centinaia di esemplari, non sono in grado di sostenersi autonomamente, cioè le nascite non compensano i vuoti delle morti. E ciò vale per tutte le specie. Inoltre, per essere veramente utili, le nascite dovrebbero permettere il ripopolamento territoriale, cosa impossibile in primo luogo perché il patrimonio genetico, come detto, non è compatibile con gli animali con cui dovrebbero accoppiarsi in natura; secondariamente perchè i nati in cattività sono difficili da ambientare affinchè abbiano possibilità di sopravvivere e infine perché le popolazioni libere sono in declino, fino alla scomparsa, per la distruzione dei loro habitat naturali, e per la caccia spesso illegale: i nuovi esemplari eventualmente immessi sarebbero destinati alla stessa fine dei loro simili.
Non è utile ad attività scientifiche. Zoom, come le altre strutture simili, non è un luogo in cui l'osservazione degli animali possa fornire elementi scientifici validi. L'eventuale studio, infatti, è limitato alla vita in una condizione di confinamento e non offre elementi utili alla conoscenza reale dell'animale, che andrebbe osservato in condizioni di vita naturali. Pertanto lo studio può, al massimo, essere utile per comprendere le difficoltà di adattamento degli animali ad una situazione per loro negativa.
Non svolge azione di educazione, formazione, divulgazione corretta. Zoom fa opera di divulgazione della sua attività anche presso le scuole con lo scopo, esplicitato, di diffondere un messaggio di conoscenza e fors'anche di simpatia per gli animali. Molte volte, purtroppo, le direzioni scolastiche organizzano visite di ragazzi alla struttura, forse senza riflettere che il significato educativo è totalmente distorto in quanto presenta la visione degli animali confinati e rinchiusi, rafforzando l'idea della superiorità umana rispetto agli altri esseri. Si conferma inoltre l'opinione che gli animali per salvarsi hanno bisogno dell'essere umano, concetto totalmente ribaltato rispetto alla realtà storica che ha visto l'essere umano distruggere gli altri viventi, e perseverare nel devastare gli habitat naturali e nella caccia, legale e illegale. Anche a livello ecologico la lezione degli zoo, e di Zoom, è assolutamente negativa poiché conferma l'idea che l'uomo possa ricreare la natura artificialmente, dopo averla distrutta. È questo il significato vero dell'insistere, nella pubblicità, sulla creazione degli ambiti naturali, come la piscina dei pinguini, la savana, ecc. E' una lezione pericolosissima poiché la natura si deve difendere e non distruggere per poi ricostruirla artificialmente.
Una domanda fondamentale: come stanno veramente gli animali? Come si garantisce il loro benessere. I principali protagonisti sono gli animali e quindi è giusto chiedersi come stanno veramente. Lo “star bene” degli animali deriva, come è dimostrato scientificamente, dal loro rapporto con l'ambiente, dove per ambiente si intende l'habitat naturale delle diverse specie. E' chiaro che gli animali di allevamento sono obbligati a sacrificarsi in cattività per rendere possibile l'attività economica, perciò anche gli animali cosiddetti esotici sono confinati per permettere l'attività degli zoo. Però questo non è un vantaggio per gli animali. Il benessere degli animali dipende non solo dall'assenza di malattie di lesioni di trattamenti nocivi, ma anche dalle condizioni ambientali. Gli animali, da milioni di anni, si sono sviluppati in armonia con l'ambiente dove si sono stabiliti e l'ambiente permette loro di svolgere le funzioni naturali che diventano bisogni ineliminabili. Per giudicare se gli animali “stanno bene” occorre esaminare dove e come vivono, valutando le conseguenze indotte.
Come ammesso universalmente per il benessere di un animale è fondamentale che possa esprimere un comportamento etologicamente rispondente alle sue esigenze naturali, comportamento che si esprime nelle attività riassunte in: riposo naturale, comportamento alimentare, di esplorazione, ludico, di apprendimento, parentale. Per manifestare i comportamenti il ruolo fondamentale è svolto dall'ambiente in cui vivono. Se si analizzano le condizioni di Zoom, per tutti gli animali, si possono constatare molte negatività.
Il riposo naturale non è il sonno vero e proprio, gli animali passano un tempo considerevole di riposo, durante il giorno, per il quale cercano ambiti appartati in cui non siano visibili. Infatti la vista di un altro animale o persona umana suscita, a seconda delle situazioni, interesse, paura, timore, aspettative, per cui mantiene il soggetto in una condizione di attenzione che è esattamente contraria al riposo. Il riposo diurno è un periodo etologico fondamentale, che richiede un'area in cui si possano nascondere alla vista delle persone o di altri animali; ciò non può avvenire in un parco poiché nel caso essi sarebbero per molto tempo invisibili ai visitatori.
Per tutte le specie viene alterato il ciclo etologico vitale che comprende alimentazione rapporti sociale esplorazione del territorio gioco e apprendimento.
Queste attività, proprie di tutte le specie, sono direttamente dipendenti dall'ambiente di vita. L'alimentazione in natura non è solo il cibarsi ma la ricerca del cibo, mentre in cattività diventa semplicemente l'introduzione dell'alimento fornito dall'esterno. Nella ricerca del cibo l'animale esplora il territorio, riconosce tramite i segnali che raccoglie con i sensi le caratteristiche ambientali, le cataloga nella mente per i momenti futuri in cui ritornerà negli stessi luoghi, ricordando aspetti positivi, ad esempio dove si trova più facilmente cibo, e quelli negativi da evitare, segnali di possibili ostacoli, predatori, competitori.
L'esplorazione del territorio è un'attività quotidiana, collegata a tutte le funzioni vitali, e sollecita l'apprendimento poichè permette di acquisire elementi utili per la salvaguardia della vita.
E ancora l'ambiente fornisce oggetti con i quali l'animale può svolgere attività ludiche, di gioco, e infine costituisce l'ambito nel quale si stabiliscono i rapporti sociali. Con questi comportamenti, l'animale tiene in esercizio le attività cerebrali che dipendono quindi in modo diretto dalle condizioni di vita cioè dall'ambiente.
Una limitazione fortissima è quella del movimento: ogni specie vive un habitat sempre molto esteso rispetto alla propria mole corporea, habitat che percorre quotidianamente e quindi viene stimolata una importante funzione motoria; è del tutto evidente che gli spazi offerti in cattività, anche se a qualcuno potrebbero sembrare dimensionati, non permettono agli animali di soddisfare il loro bisogno etologico di muoversi in libertà.
Un altro comportamento etologico negato è quello sessuale riproduttivo che comprende anche la cura parentale, della prole. In libertà l'accoppiamento fa parte, in tutte le specie, di un rituale complesso che inizia con la ricerca del partner e il corteggiamento; si può ben capire come tutto ciò sia impossibile in una struttura chiusa. Ugualmente la cura parentale, l'educazione dei figli per insegnare gli aspetti fondamentali della vita libera, diventa impossibile poiché un recinto artificiale non può certamente offrire le opportunità e i pericoli dell'ambiente naturale.
Se consideriamo alcune specie in particolare si notano altri elementi. Ad esempio i suricati in natura vivono in gruppi da 10 a 30 individui, nei quali stabiliscono gerarchie secondo l'età; le colonie sono territoriali e coprono superfici dai 200 ai 1000 ettari; hanno vita sociale e costruiscono tane complesse con molti cunicoli in cui si rifugiano quando individuano un problema, segnalato dagli animali sentinella con un grido di allarme. Come si può capire la vita in un recinto limitato, da soli o con qualche compagno, non corrisponde al bisogno etologico.
Le Giraffe non soddisfano il bisogno etologico naturale poiché in libertà costituiscono gruppi di cui riconoscono i componenti all'interno di un territorio di un chilometro quadrato. La situazione realizzata a Zoom configura la negazione di un bisogno essenziale.
L'istrice o porcospino è un roditore che si affida per la difesa agli aculei che ricoprono il suo corpo. In natura è animale schivo che ama i luoghi solitari boscosi e cespugliosi. Come rifugio, predilige le cavità naturali del terreno, delle rocce o anche tane abbandonate da altri mammiferi. Se non ne trova, scava tane proprie quasi sempre nel folto di un bosco e con più di un accesso, di norma, ben celato dalla vegetazione. Di giorno occupa la tana anche per lunghi periodi; la specie è notturna e si attiva con il buio, periodo nel quale esplora l'habitat comprendo fino a 10 chilometri; a Zoom vivono una vita diurna, contraria alla loro natura, per poter essere osservati dai visitatori e non hanno un habitat rispondente alle abitudini naturali.
Gli uccelli sono fortemente condizionati nel non poter manifestare la loro caratteristica precipua di specie, il volo. Ad esempio pellicani e fenicotteri sono volatori che coprono grandi distanze, bisogno che certamente non può essere soddisfatto in uno spazio delimitato. I fenicotteri sono specie migratoria che non realizza di sicuro tale comportamento etologico. Tra l'altro viene spontanea la domanda relativa a come si impedisce agli animali di volare via.
I pinguini vivono in acque fredde ad alte latitudini e invece allo Zoom la temperatura e tipica del clima temperato, cioè non adatta a questa specie. Inoltre i pinguini hanno una fase acquatica intensa, possono restare fino a 30 minuti, senza respirare, immersi in cerca di cibo. Certamente non il tipo di vita che possono svolgere a Cumiana in una piccola piscina.
I Lemuri sono una specie notturna, secondo l'interpretazione corrente gli occhi particolarmente evidenti sarebbero proprio il risultato evolutivo di una specie che svolge l'attività in ore caratterizzate da una scarsissima visibilità. Anche loro non possono vivere secondo i loro bisogni etologici, cioè di notte, altrimenti verrebbe meno lo scopo di averli ridotti in cattività per esibirli.
Gli Ippopotami vivono vicino ai corsi d'acqua in cui passano molte ore immersi, e sono una specie sociale che vive in gruppo. Uno o due esemplari non possono certo realizzare la vita naturale.
Le Tigri sono animali che in natura hanno un habitat molte esteso e che percorrono lunghe distanze ogni giorno, dai 30 ai 50 chilometri. La percorrenza così estesa permette agli animali di svolgere una intensa attività esplorativa. Il confinamento in uno spazio limitato è fortemente penalizzante per questa specie ed infatti sono disponibili molti lavori scientifici che dimostrano le ricadute negative per le tigri mantenute nelle strutture chiuse.
Apriamo gli occhi
Non resta, per chi vuole comprendere la realtà, che aprire gli occhi e vedere cosa rappresenta veramente Zoom, sulla base delle conoscenze scientifiche attualmente disponibili. Ci sono modi diversi di guardare, e non si può negare che la struttura nel suo insieme sia stata costruita per “soddisfare” lo sguardo. A molte persone, che hanno nel ricordo l'immagine delle gabbie degli zoo, vedere gli animali senza sbarre può apparire come un grande risultato; sembra, superficialmente, che gli animali possano muoversi in uno spazio non troppo limitato e ciò basta a pensare che possano star bene. Se però si paragona la diversità gli ambienti naturali con le dimensioni territoriali di Zoom allora si comprende che lo spazio non permette una vera vita naturale o etologica. Certamente si potrebbe dire che in cattività gli animali devono sempre rinunciare alla loro libertà ma la domanda a cui rispondere è se veramente è indispensabile confinare altri esseri solo per il “piacere” di vederli, sapendo che si osservano animali etologicamente sofferenti.
Perché, sulla base di un'ampia documentazione scientifica, Zoom non risolve le maggiori negatività che presentano gli zoo e strutture simili. Non solo impedisce i bisogni etologici specie specifici, come il rispetto della vita notturna o del volo, ma di fatto impone una serie di negatività insopprimibili quali la possibilità di un riposo ristoratore al riparo dallo sguardo delle persone, costringe a una forte limitazione del movimento, nega l'esplorazione territoriale, impone la rinuncia al comportamento ludico, alimentare, sessuale parentale. Complessivamente la vita in Zoom rappresenta una fonte di continuo stress per gli animali, e quindi di sofferenza, poiché le strutture sono più pensate e realizzate per “confondere” le persone, soprattutto i bambini, invece che per creare condizioni soddisfacenti per gli animali.
Dr. Enrico Moriconi - Medico Veterinario
Dipendente ASL TO 3 - Consulente Tecnico Etologia e Benessere animale
Novembre 2014
La Giunta delibera lariqualificazione dell'ex zoo al Parco Michelotti e l’attivazione di procedura di concessione di valorizzazione.
Prende atto che sono pervenute alla Civica Amministrazione proposte volte alla riqualificazione ed alla gestione in concessione dell'area del Parco Michelotti consistenti in progetti di riqualificazione dell'area, aventi come obiettivo l'introduzione di attività per il tempo libero e lo sport, piuttosto che la trasformazione dell'area in fattoria didattica con annessi laboratori educativi, fino a vere e proprie ricostruzioni di ecosistemi naturali di tipo innovativo e maturati da esperienze internazionali di successo.
Gennaio 2015
Il presidente della VI Commissione Consiliare di Torino, il 9 Gennaio 2015, informa la commissione che nell’interesse per la gestione del parco c’era la contesa tra Decathlon e Zoom, ma nel bando quest’ultimo solamente si presenta come unico soggetto partecipante, con un punteggio ottenuto lunedì 21 Dicembre appena sufficiente. Tutto ciò avviene nonostante l’assessore all’Ambiente Enzo Lavolta avesse dichiarato che il parco sarebbe diventato pubblico e non ci sarebbero più stati animali dopo la chiusura dello zoo precedente.
Maggio 2015
Le associazioni animaliste e ambientaliste si mobilitano per cercare di evitare una simile eventualità e iniziano a organizzare petizioni e manifestazioni. Nel maggio 2015 il Coordinamento No Zoo costituito da varie associazioni animaliste e ambientaliste a seguito di una petizione ha ottenuto un Diritto di Tribuna a Palazzo Civico in cui ha illustrato le ragioni della protesta ai consilieri comunali e alla stampa. In quell’occasione SOS Gaia ha realizzato un servizio video con intervista all’assessore all’Ambiente Enzo Lavolta il quale ha dato ampie rassicurazioni sul fatto che non ci sarebbero mai più stati animali al Parco Michelotti. Affermazione ribadita pubblicamente anche in altre occasioni.
Giugno 2015
La Città di Torino pubblica l'avviso di asta pubblica per l'affidamento in concessione di valorizzazione della porzione del Parco Michelotti costituente l'area dell'ex giardino zoologico da destinare ad attività naturalistiche ludico-scientifiche-didattiche.
Giugno 2015
La Consulta delle Associazioni del Volontariato Animalista, che si è sempre dichiarata ufficialmente contraria al progetto della riapertura dello zoo di Torino, organizza un incontro pubblico sul tema “Sulla cattiva strada – Dagli zoo alle fattorie didattiche tra iniquità e messaggi distorti” a cui intervengono Marco Francone (presidente Consulta Animalista), Enrico Moriconi (veterinario ASL) e Annamaria Manzoni (psicologa e psicoterapeuta).
Dicembre 2015
Il Comune di Torino assegna provvisoriamente l'area del Parco Michelotti a Zoom, società che gestisce un sedicente "bioparco" a Cumiana. Il Bando per la valorizzazione del Parco era così specifico, che quella di Zoom è stata l'unica offerta pervenuta.
Dicembre 2015
Continuano le proteste degli animalisti e ambientalisti. Si organizzano petizioni, assemblee e manifestazioni. Grande partecipazione alla fiaccolata del 6 dicembre nel centro di Torino in cui molte centinaia di persone si sono unite al corteo e agli slogan di protesta. Sempre in dicembre si è svolta un’assemblea pubblica in cui, davanti ad un pubblico numeroso, sono intervenuti come relatori Enrico Moriconi (veterinario ASL Torino), Marco Francone (presidente Consulta animalista), Maurizio Trombotto (presidente Commissione Ambiente Città di Torino), Ugo Mattei (docente di Diritto Civile Università di Torino), Emilio Soave (Pro Natura Torino). I relatori hanno evidenziato l’assurdità di un progetto che con la giustificazione di una presunta “riqualificazione del parco” in realtà si spiega unicamente con motivazioni esclusivamente economiche.
Giugno 2016
In data 29 giugno 2016 è stato adottato apposito provvedimento deliberativo di aggiudicazione definitiva ai soggetti già dichiarati assegnatari provvisori, ovvero l'R.T.O. " Zoom Torino S.p.A. / Zoom in Progress S.r.l."
La determina dirigenziale che vincola il Comune a proseguire nel progetto è firmata da un dirigente comunale il 29 giugno 2016, cioè 9 giorni dopo la vittoria al ballottaggio di Chiara Appendino e prima del suo insediamento.
Ottobre 2016
Le associazioni L.a.c. (Lega per l’abolizione delle caccia), L.A.V. (Lega antivivisezione), Le Sfigatte, L.i.d.a. (Lega italiana diritti degli animali), L.i.d.a. tutela felini, Oltre la Specie Onlus, Pro Natura Torino, Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori, SOS Gaia presentano ricorso al TAR con il quale si chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare, della Determinazione Dirigenziale del Comune di Torino per i molti i profili di illegittimità riscontrati nella procedura: violazioni di legge, vizi di difetto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso di potere.
La Città di Torino presenta a sua volta una memoria difensiva di quasi 60 pagine, difendendo in pratica la posizione della precedente giunta.
Dicembre 2016
Il TAR non accetta il ricorso pur non esprimendosi nel merito. Le associazioni ricorrono in appello al Consiglio di Stato.
Gennaio 2017
Un gruppo di Associazioni animaliste e ambientaliste nazionali composto da ENPA, LAC, LAV, LEAL, LEGAMBIENTE, LIDA, OIPA, PRO Natura, SOS Gaia costituisce il Comitato “NO agli ZOO” con lo scopo di organizzare una grande manifestazione nazionale contro la riapertura dello zoo di Torino. La data decisa è il 27 maggio 2017.
Nel contempo organizzano una serie di eventi per far conoscere le ragioni della protesta.
SOS Gaia organizza una petizione online contro lo zoo che in poche settimane raccoglie più di 25.000 firme.
Il Comitato “NO agli ZOO” scrive alla Sindaca Appendino chiedendo un colloquio, ma non ottiene risposta. Il Comitato si appella a Beppe Grillo, quale Garante del M5S, con una lettera in cui chiede che vengano rispettati gli impegni presi nella campagna elettorale e nel programma di governo della Città di Torino. Non c’è stata risposta.
Si procede altresì a una petizione scritta che raccoglie 470 firme per il Diritto di Tribuna.
Venerdì 10 marzo 2017
Il Comitato “NO agli ZOO” organizza un’assemblea pubblica presso la sede di SOS Gaia per annunciare la manifestazione nazionale.
Marzo-Maggio 2017
Il Comitato organizza eventi per pubblicizzare la manifestazione nazionale di maggio e per raccogliere fondi per pubblicizzarla: cene vegane, serate culturali, spettacoli.
Le associazioni facenti parte del Comitato “NO agli ZOO” si autotassano raccogliendo 6.000 euro da destinare alla propaganda della manifestazione.
Vengono impiegati i fondi per la pubblicità sugli autobus, manifesti e poster in tutta Torino, locandinaggi. I volontari delle associazioni promotrici tappezzano tutta la città di manifesti NO ZOO.
Maggio 2017
Al Salone del Libro di Torino la Sindaca Chiara Appendino in un incontro informale con alcuni volontari di SOS Gaia afferma che lo zoo si farà perché non è più possibile fermare il progetto per il principio della continuità amministrativa e per via dei danni che la Città non potrebbe permettersi in caso di recessione.
Maggio 2017
Il giurista Ugo Mattei è il primo firmatario di una dichiarazione di 15 tra i più noti giuristi e Professori universitari di Diritto italiani in cui si sostiene l’infondatezza della paventata penale milionaria in caso di recessione dal progetto.
Martedì 23 maggio 2017
I primi firmatari della petizione vengono convocati per il Diritto di Tribuna dal Presidente del Consiglio Comunale alla presenza della stampa.
Nello stesso giorno il Comitato tiene una conferenza stampa presso il Comune per annunciare la manifestazione nazionale del 27 maggio.
Maggio 2017
Il Consiglio di Stato rigetta l’appello delle associazioni pur non prendendo in considerazione gli aspetti di merito, ma paventando profili di tardività del ricorso introduttivo di I grado.
La battaglia continuerà nel merito.
Sabato 27 Maggio 2017
Alla Manifestazione Nazionale “NO AGLI ZOO – NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DEI BENI COMUNI” partecipano più di 2.000 persone da tutta Italia. Il corteo attraversa la città con striscioni, bandiere, slogan e si conclude in Parco Michelotti con i comizi dei presidenti delle associazioni promotrici.
Martedì 6 giugno 2017
La VI Commissione Consiliare dedica una seduta alla petizione “No alla riapertura dello zoo in Parco Michelotti” in cui vengono ascoltati i primi firmatari. Dopo un’articolata discussione la Presidenza decide che seguirà un aggiornamento sull'argomento in seduta congiunta tra 1° CCP, 4° CCP e Commissione Gestione. Si riapre quindi la discussione sullo zoo al Comune di Torino.
Luglio-Settembre 2017
Vengono organizzati tavoli e gazebo per dare informazioni ai cittadini sulla protesta NO ZOO. SOS Gaia promuove una nuova raccolta firme cartacea, la petizione popolare “NO ALLA RIAPERTURA DELLO ZOO DI TORINO”, che in poco tempo raccoglie migliaia di firme.
Sabato 14 ottobre 2017
Il Comitato “NO agli ZOO” organizza un presidio Piazza Gran Madre a Torino che apre una nuova stagione di appuntamenti ed eventi. L’evento si svolge pacificamente e in armonia, tra slogan, rulli di tamburi, discorsi, cori. L’intera zona viene “decorata” dai manifestanti con striscioni, bandiere, manifesti, vengono distribuiti volantini informativi sul motivo della protesta e raccolte firme per la petizione, il tutto con la scorta delle forze dell’ordine.
La protesta pacifica si estende fino alla parte opposta della piazza, con gazebo per raccolte firme e striscioni che attraversavano il ponte.
Novembre 2017
Continuano i Tavoli e i Gazebo per la raccolta firme e la petizione supera le oltre 7 mila adesioni.
Il Comitato chiede ufficialmente un incontro con la Sindaca Appendino per consegnarle le firme raccolte.
Venerdì 15 dicembre 2017
L’Assessore all’Ambiente Alberto Unia comunica alla stampa la notizia dell’abbandono definitivo del progetto zoo in Parco Michelotti.
(dall’archivio storico de La Stampa)
La storia del giardino zoologico di Torino si dipana nell'arco di poco più di trenta'anni dal 1955 al 1987. La sua nascita avviene nel 1955 quando la Giunta comunale delibera di concedere la zona del Parco Michelotti, per trent’anni, alla Società Molinar. La scelta del luogo viene fatta dopo aver preso in considerazione altre aree scartate, come nel caso del Giardino Ginzburg, per non oscurare la prospettiva del Monte dei Cappuccini.
Di seguito le vicende del giardino zoologico desunte dagli articoli de La Stampa dalla sua nascita nel 1955 alla chiusura nel 1987.
15 Gennaio 1955
Dopo la decisione presa dal Comune si cerca un giardino per la sede dello Zoo.
Il parere del soprintendente ai Monumenti e alle Belle Arti: non guastare il panorama caratteristico, il Monte dei Cappuccini. Non v’è dubbio che una delle decisioni più simpatiche e popolari prese di recente dall'amministrazione civica sia stata quella di dotare Torino d'un giardino zoologico, accettando una nota proposta privata. Cosi poco pittoresca è la vita contemporanea in una grande città, così tediose e monotone sono le giornate malgrado il tumulto delle cose e dei casi straordinari — anzi, proprio per questo, perché nulla v'è di più malinconico del non potersi più stupire, nel male e nel bene —, che l'idea degli elefanti e delle tigri, degli orsi e dei pitoni, delle scimmie e dei marabù sulle rive del Po, ridestò in tutti, grandi e piccini, fantasie liete, colorite di esotismo. Benvenute dunque le belve, quando giungeranno in questa nordica e nebbiosa Torino. Dove ospitarle, dove crear loro, così la dimora, l'illusione della selva, del deserto, del fiume questa scelta, il Municipio l'ha fatta. Tra i vari luoghi che la città offre, sulla sponda del Po, a ponente di corso Moncalieri e a breve distanza dalla Gran Madre di Dio, fra la villetta della Società canottieri «Esperia» ed il grande edificio del Centro ricreativo Fiat, si stende un terreno lievemente ondulato di forse trecento metri per ottanta, con qualche albero annoso, sistemato con decoro a zone erbose, vialetti, giovani alberelli, con al centro un piazzale per giochi sportivi. E' il Giardino Leone Ginzburg, nome caro alla memoria di tutti gli spiriti liberi e colti. I nostri padri coscritti hanno detto: Ecco il luogo ideale; il puma riudirà il mormorio delle correnti amazzonie, il giaguaro risognerà l'agguato dell’alligatore. Hanno dimenticato un particolare: che proprio sopra il Giardino Ginzburg, al di là del Corso Moncalieri. s'alza boscosa — precisiamo, in via di rimboschimento — la costa del Monte dei Cappuccini; e che questa deliziosa, impareggiabile, e tanto caratteristica architettura torinese, per metà naturale e per metà creazione dell'uomo, offre la sua visuale più bella e completa, serena, armoniosa, col nitido poliedro della chiesa del Vittozzi e il lungo fianco del convento, dal nobile ingresso di corso Cairoli, sull’opposta riva del nostro caro fiume. A questa incantevole e stampa antica bavarese serve di ben composta base, raccolta e amena, appunto il Giardino Ginzburg, ultimo lembo di terra, su codesta sponda, libero ancora d'intruse presenze di fabbricati. Perchè di fabbricati, quantunque di ridotte dimensioni, necessiterà pure il nuovo giardino zoologico; gli elefanti, ad esempio, vogliono una loro casa, esigono <casette> le più freddolose fiere; poi ci saranno rocce artificiali, gabbie, steccati, reti, pali e piloni. Sappiamo che l'architetto Manfredi, incaricato di studiare la sistemazione, ha fatto miracoli, da quell'intelligente progettista che è; ma sappiamo anche che non si tengono leoni e tigri come conigli; e allora addio al fianco aprico del nostro bel Monte, già guastato da quello stupido piazzaletto-fontana. Proprio è obbligatorio, a Torino, alterare i più tipici aspetti locali? Si effettuerà la minaccia all'antica Bastita, il famoso <castelletto del Po>, cui il giovane duca Carlo Emanuele, dopo averlo comprato dai conti Scaravelli, ascendeva nel 1583 — con il corteo recante la gran croce di legno — per donarlo ai Padri Cappuccini? Di questo proposito è impensierito il soprintendente ai monumenti prof. Chierici, cui spetta anche la tutela del paesaggio torinese. Come non esserlo? Basta immaginarne le conseguenze; e con lui è d'accordo il prof. Giorgio Rosi, ispettore centrale della Direzione Antichità e Belle Arti. Si dirà: i soliti guastafeste, coi loro bastoni da gettar nelle ruote d'ogni idea accolta con favore. Nessuna festa da guastare: basta non guastare, invece, e irrimediabilmente, uno dei pochi panorami caratteristici che restano a Torino. Chi penserebbe, a Parigi, di toccare i dintorni del Pont Neuf, di disturbare la quiete della Pointe du Vert-Galant? La vera civiltà, che è sempre gusto e cultura, è fatta anche di queste minuzie. Allora, niente giardino zoologico? Manco per sogno. Ci sono altri luoghi: il Parco Michelotti, ad esempio, nei pressi del ponte Regina Margherita. Nessuno più di noi strenuo difensore del Valentino; ma, scelto bene il punto, le belve ci potrebbero stare. Poi c'è la zona, che sarà tutta giardinata, di corso Polonia. Lontana? L'elefante Annone di papa Leone X era la mascotte del popolo romano. Il popolo torinese non farà una passeggiata per vedere il suo elefante?
2 marzo 1955
Le partenze di Arduino e Sandro Terni per una spedizione nelle foreste Caccia per lo «Zoo». Il serraglio di Torino sarà il più moderno d'Europa.
Per la costruzione del giardino zoologico, pronto secondo le previsioni entro luglio di quest'anno, i tecnici devono risolvere sempre nuovi problemi. Approvato il progetto che l'8 marzo sarà presentato al Consiglio Comunale, discussa la sistemazione, iniziate le prime delimitazioni sul terreno del parco Michelotti, si comincia orai a parlare degli animali. Una popolazione di 2000 unità non è facile da riunire tenendo conto delle migliaia di chilometri che separano il luogo di nascita di leoni e leopardi da quello dei pinguini o degli orsi polari. Ma gli organizzatori non si spaventano delle distanze, nè delle difficoltà. Fra meno di un mese cacciatori ed esperti partiranno da Torino per i quattro angoli del mondo. Primo fra tutti, come è naturale, sarà Arduino Terni, l'uomo che da parecchi lustri vive cercando e allevando, con l'amore del collezionista, animali di ogni latitudine ed è stato uno dei migliori collaboratori dei fratelli Molinar nel nome da quali continua a lavorare. “Non posso dirvi nulla per ora dello Zoo di Torino — ci ha detto stamane nel suo ufficio di via Goldoni — una cosa è certa: sarà fra i più belli e quasi certamente uno dei più moderni d'Europa. Poche gabbie, molta libertà per gli animali: questo è il nostro motto”. Terni sta preparando qualche grossa sorpresa per lo zoo di Torino. Fra pochissimo tempo andrà in Birmania a raggiungere il figlio Sandro diciottenne, partito anch'egli alla caccia di elefanti. Oltre ai grossi pachidermi arriveranno sulle rive dei Po dall'Oriente tigri malesiane, orsi, serpenti dalle lunghe schiene striate. E, forse, il rinoceronte indiano. Sono animali ormai rarissimi, quasi introvabili — racconta Terni — un tempo gli indigeni li uccidevano senza pietà per prendere il loro unico corno da cui traevano una sottilissima polvere inebriante, Nel '52 ho partecipato ad una battuta di caccia contro questo strano rinoceronte. Un’avventura piena di emozioni. Abbiamo impiegato un mese e mezzo per portare l'enorme bestione pesante 22 quintali, in una fossa pantanosa di dove si poteva farlo entrare, senza ferirlo, in gabbia. Il nuovo giardino sarà ricco anche di belve feroci: un collaboratore di Arduino Terni sta girando, in questo momento, le foreste dell'Africa equatoriale per catturare leoni, tigri, pantere, puma, ippopotami. Fenicotteri palmipedi, rapaci, uccelli tropicali, serpenti saranno presenti, come in ogni zoo che sia degno dir questo nome, anche nel giardino di Torino. Poiché noi vogliamo accontentare i gusti del pubblico ci porteremo anche numerose scimmie, orsi e foche, gli animali più amati dai visitatori, i veri incontrastati divi degli zoo di tutto il mondo.
3 giugno 1955
Arrivano le belve. A Parco Michelotti si lavora alacremente per portare a termine la costruzione di gabbie, recinti, fontane. Gli animali saranno ospitati provvisoriamente allo zoo di Milano.
18 luglio 1955
Arrivano i primi ospiti. Leoncini e scimmie entrano nel giardino zoologico. Il Sindaco in visita al cantiere.
2 settembre 1955
La firma per lo Zoo. A mezzogiorno è stato firmato l'atto di nascita dello Zoo di Torino. Il signor Terni, amministratore della ditta Molinar, si e recato dal Sindaco e in sua presenza ha siglato la convenzione. Il giardino zoologico, uno dei più piccoli e più belli d'Europa, sarà aperto alla fine di settembre. Le scolaresche avranno ingresso libero, il prezzo del biglietti sarà di 100 lire per gli adulti e 50 per militari e ragazzi.
20 Ottobre 1955
Sarà inaugurata nel pomeriggio dal Sindaco la città zoologica al parco Michelotti. I vigili del fuoco alla caccia di un pellicano fuggito nella notte. Da oggi pomeriggio Torino avrà un suo zoo: un pizzico di jungla nel Parco Michelotti, una delle zone più suggestive del lungo Po. Sarà uno zoo modesto nelle proporzioni, ma il più moderno di tutta Europa. Stamane arriveranno gli ultimi ritardatari: un orso bruno, regalo dello zoo di Vienna, decine di uccelli esotici e numerose scimmie. Poi il Parco sarà al completo, pronto per la cerimonia inaugurale che si svolgerà alle ore 16 con la presenza del Sindaco avv. Peyron e di altre autorità. Lo zoo (il progetto è opera dell'ing. Gabriele Manfredi) si vale di una costruzione geniale che unisce alla razionalità degli impianti, una moderna eleganza di linee: le gabbie, le vasche, le abitazioni notturne, le isole degli anfibi hanno fisionomie del tutto diverse da quelle che hanno sempre caratterizzato tali impianti. Le recinzioni, nel limite del possibile, sono ridotte al minimo, grazie anche a particolari accorgimenti i quali, mentre non consentono alcuna possibilità di fuga agli animali, danno al pubblico la impressione di vederli nella loro vita di libertà. Il terreno è variamente movimentato e i sinuosi tracciati muovendosi anche in altezza offrono una prospettiva sempre varia. Le bestie che popolano questa minuscola loro città sono alcune centinaia. Le specie rappresentate sono numerosissime, ma mancano i rettili e i pachidermi che potranno essere ospitati dallo zoo quando le possibilità finanziarie (l'opera fino ad ora è costata 80 milioni) permetteranno di realizzare anche la seconda parte del progetto la quale comprende la casa per i pachidermi, la voliera magica per gli uccelli tropicali e il terrarium per i rettili. Fra gli animali ospiti dello zoo sono un bisonte europeo regalato al sindaco di Torino dal collega di Roma, tre orsi lavatori offerti dallo zoo di Monaco, tre cervi dello zoo di Basilea, un leopardo mandato in regalo dallo zoo di Colonia. L'elenco degli altri presenti sarebbe lunghissimo; ne citeremo alcuni a caso: cinque leoni, due puma, due leopardi, dieci canguri, due lama, due tigri, una pantera nera, due orsi polari, tre cervi, un elefante, quattro otarie, quattro pellicani, cinque zebre, cento palmipedi, dodici pinguini, quattro struzzi, centinaia di scimmie e centinaia di uccelli delle specie più rare e dai colori più sgargianti. Il giardino sarà diretto dal signor Arduino Terni, un veterano nel campo zoologico, che ha al suo attivo vent'anni di Asia dedicati alla cattura e alla raccolta degli animali esotici. Un altro personaggio importantissimo per la città zoologica è il veterinario, che terrà sotto controllo tutti gli animali. Già in questi giorni ne ha due in cura: un'otaria e un pellicano. I’otaria, che è della famiglia delle foche, ha sofferto durante il lungo viaggio di trasferimento dai mari del Nord a Torino: è rimasta circa 33 ore senza potersi tuffare nell'acqua e questa astinenza le ha procurato disturbi che si sono palesati al suo arrivo con inappetenza e con il desiderio di rimanere nella tana anziché godere della magnifica piscina azzurra a disposizione sua e delle compagne. Adesso ogni mattina il veterinario fa all'otaria ammalata una iniezione e imbottisce di pillole una delle tante sardine che le sono destinate per pasto. Il pellicano è malato per una brutta avventura che egli stesso ha voluto vivere. Appena giunto allo zoo, approfittando del fatto che il suo recinto non era ancora ultimato, riusciva a fuggire e si rifugiava nel Po, sotto il ponte Regina, dove rimaneva per tutta la notte. L'indomani mattina, quando i pompieri, in barca, cercavano di avvicinarglisi, riusciva ad allontanarsi nuovamente. Più tardi veniva raggiunto e catturato; ma aveva un'ala colpita da una scarica di pallini tiratagli evidentemente da un cacciatore poco scrupoloso. Nel giardino zoologico un ampio settore è dedicato alle scimmie. Nelle giornate estive o comunque non fredde le scimmie potranno stare all'aperto in un'ampia isola al centro di un pozzo di cemento di una ventina di metri di diametro e profondo circa tre. Ai visitatori, che seguendo un percorso in salita si affacceranno alla sommità del pozzo, gli agili animali daranno lo spettacolo dei loro giochi: l'isola è infatti una specie di luna park, con ruota della fortuna, giostra, sbarra e altalena. Un'altra originale costruzione all'interno dello zoo è quella della casa dei leoni e delle tigri, la quale fa spicco per i quattro alti coni di cemento e vetro che sovrastano le gabbie e alla cui sommità sono installati gli aeratori. I coni di vetro daranno luce di giorno nelle gabbie e di notte, illuminati, saranno visibili dall'oltre Po. Il quadro scenografico del giardino è completato, oltreché dalle rocce che delimitano i settori degli orsi e delle otarie, dalle piantagioni che, quando raggiungeranno il loro pieno vigore, daranno un aspetto di vera jungla all'insieme dello zoo. Ai fanciulli che con impazienza aspettano l’apertura del giardino sarà riservata una sorpresa: essi dovranno rispondere a un referendum per dare il nome all'unico elefante dello zoo che é arrivato al Michelotti nella mattinata di ieri dalla Birmania.
7 agosto 1956
L’elefante Sabè evade per annientare uno struzzo. Il pachiderma, reso furioso dalle beccate del suo vicino di prigionia, per vendicarsi sfonda un muro, afferra con la proboscide il pennuto e lo scaraventa lontano.
6 marzo 1957
Addentato da un orso un guardiano dello zoo. Guaribile in 12 giorni.
17 agosto 1958
Cinque scimmie fuggono dallo zoo e dagli alberi bombardano i passanti.
28 febbraio 1962
Bloccano il traffico in Borgo Po 23 scimmie evase dallo Zoo.
29 gennaio 1971
I leoni dello zoo se ne vanno. Previsto il trasferimento di una parte del giardino zoologico a Stupinigi.
Lo zoo del Parco Michelotti ospita attualmente 117 mammiferi, 739 uccelli, 114 rettili e 1353 pesci su una superficie quadrata di 50.000 metri. Uno zoo medio ormai insufficiente per una metropoli quale vuole essere Torino. Per questo il sindaco si è preoccupato di trovare una nuova sistemazione nel parco di Stupinigi. Qui sarà possibile aumentare il numero degli animali con nuove specie e creare un moderno parco zoologico in cui siano abolite le sbarre e gli animali possano vivere in un ambiente naturale e non più completamente ricostruito. E' un nuovo orientamento già adottato in alcune capitali europee, più piacevole per i visitatori che possono unire alla visita l'occasione per una scampagnata. Ci sarà anche, sia pure in miniatura, la possibilità di un safari fotografico. Un progetto in questo senso è già stato preparato e verrà consegnato nei prossimi giorni ai competenti uffici comunali. Nel Parco Michelotti resteranno soltanto gli impianti fissi con l'acquario, che è ancora considerato fra i più moderni e completi d'Europa, una parte degli uccelli e degli animali più domestici. Verrebbe cosi ridotto lo zoo del Parco Michelotti e l'area lasciata libera diventerebbe verde pubblico con la costruzione di aiuole e fontane per il gioco dei bambini. Questa soluzione accontenterebbe tutti: chi asserisce che lo zoo del Parco Michelotti rappresenta un'attrattiva nel centro della città e coloro (sono la maggioranza) che sostengono la necessità di dare alla città un grande giardino zoologico capace di aumentare ancora il richiamo che gli animali esercitano sulla popolazione e sul turismo. Quando sarà realizzato il progetto? Impossibile dirlo. I problemi sono molti. Oltre al reperimento dell'area dietro il castello di Stupinigi sulla strada per Piossasco, è necessario creare tutti i servizi primari (acqua, luce, telefono), costruire gli edifici per il ricovero degli animali, le abitazioni dei guardiani, i recinti e creare l'habitat per le singole specie della fauna da ospitare. Il piano di massima è già pronto e, se approvato, potrà dare l'avvio al progetto esecutivo. Un'iniziativa che può contare a Torino su tecnici preparatissimi come Terni e Molinari.
30 agosto 1972
L’ippopotamo dello zoo ucciso da una bambola. E’ un esemplare femmina di 17 anni proveniente dalla Somalia. Da qualche giorno non mangiava più e deperiva. All’autopsia trovata una testa di bambola (probabilmente lanciata da una bambina) che aveva bloccato lo stomaco.
18 Febbraio 1978
I molti problemi e i moltissimi progetti del Parco Michelotti.
Lo zoo (in letargo) aspetta finanziamenti al parco Michelotti; il giardino zoologico si prepara ad uscire dal letargo invernale. Proprio in questi giorni il cigno nero, «fingendo» di essere ancora in Australia, cova le sue uova tra la neve invece che in mezzo alla sabbia rovente. Intanto, mentre i procioni — ultimi arrivati — sono praticamente ambientati, si finisce di preparare la gabbia destinata ai nuovi caprioli. «Ma le novità più importanti sono altre, e riguarderanno pesci e rettili — anticipa il vicedirettore Giusto Benedetti —. Uno zoo moderno ha scopi di divulgazione naturalistica, ricerca scientifica, conservazione di specie rare, didattica. Siamo piccoli, abbiamo pensato fosse meglio restringere gli obiettivi a quest'ultimo settore, visto anche che qui arrivano più di 150 mila scolari ogni anno. Da tutto ciò, le attuali ristrutturazioni». Da maggio, la piccola sala superiore fino a ieri destinata ad una serie di acquari apparirà completamente diversa. «Tre vasche mediterranee illustreranno la vita che si svolge ai diversi livelli di profondità. In più, accanto ad alcuni esempi di acquari "giusti" e di acquari "sbagliati", verranno esposti modelli illustrativi delle varie fasi della riproduzione, delle leggi genetiche e di un ecosistema: dei rapporti e degli equilibri, cioè, che caratterizzano un determinato ambiente». Al piano sottostante, invece, due esperimenti portati avanti con il gruppo biomarino Fias (Federazione attività subacquee) di Torino, in primo, già in allestimento e che verrà probabilmente completato entro la tarda primavera, consiste (ed è il primo tentativo del genere realizzato in Italia), nella riproduzione artificiale di una biocenosi mediterranea. «In parole povere, si tratta di mettere insieme tutti gli organismi che vivono in natura in un certo habitat (nel caso specifico, nelle acque costiere della Liguria), e di portarli ad un equilibrio di completa autosufficienza: con il pesce grande che mangia il pesce piccolo; con il pesce piccolo che si garantisce la sopravvivenza aumentando le sue capacità riproduttive, e così via. Si tratta, ovviamente, di un'esperienza che esige un lungo rodaggio». A farne le spese, per ora, sono stati soprattutto i paguri, decimati senza pietà. Già a maggio, però, si spera che anemoni e cefaletti, oloturie e stelle marine, pesci-ago, «gallinelle» e spirografi avranno raggiunto un ragionevole patto di coabitazione. Secondo esperimento (questa volta a tempi necessariamente più lunghi) quello relativo ad un nuovo, grande «paludario». Ospiterà libellule e rane, bisce e ramarri, piante palustri e uccelli acquataci. Per completarlo, bisognerà aspettare circa un anno. «Nel frattempo — sottolinea il direttore Terni — ci auguriamo di poter proseguire su questa strada grazie anche ad appoggi esterni di cui fino ad ora siamo sempre stati costretti a fare a meno. Questo zoo, com'è noto, dipende da una società privata che in passato poteva contare su introiti legati all'importazione ed al commercio di animali selvatici. Ora però il vento è cambiato: i Paesi importatori hanno chiuso le frontiere, non possiamo più sostenere da soli un onere finanziario tanto grande. Dì conseguenza speriamo che il Comune, il quale da tempo dimostra di aver capito che uno zoo non è un baraccone da fiera ma può diventare un istituto culturale con tutte le carte in regola, ci offra in futuro qualcosa in più della sua amicizia». Un omaggio, a dire il vero, è già stato offerto parecchi anni fa. Fu l'arrivo del professore di scienze Ernesto Sbarsi, dislocato qui appunto dal Comune come «guida» per le scolaresche e come responsabile delle attività culturali abbinate al settore della didattica. Tocca a questo insegnante spiegare a decine di migliaia di ragazzi i segreti dello zoo: il buon carattere della iena, i getti di sabbia con cui si difende la lince, l'indole da «maschio latino» del ghepardo il quale, quasi per far loro rabbia, si accoppia solo se in presenza di altri maschi. E tocca ancora a lui, furibondo con le enciclopedie naturalistiche italiane («Testi orribili, pieni di foto ma anche di errori mostruosi»), respingere per carenza di tempo e di personale, almeno un trentesimo delle visite di scolaresche, almeno il 90 per cento delle insegnanti alla ricerca di una consulenza «che è ovviamente gratuita, come l'ingresso offerto a tutte le scuole della città». Appunto a Torino, patrocinato dall'istituto di antropologia, si terrà a maggio il secondo congresso nazionale dei musei scientìfici naturalistici. Intanto (mentre nei giorni scorsi i giornali di mezzo mondo hanno annunciato la «clamorosa scoperta», in Nuova Zelanda, di alcuni gabbiani «Magenta Petrel» che si ritenevano scomparsi da secoli e di cui l'unico esemplare (imbalsamato) che si conosca, è ospitato nel museo zoologico torinese) si fanno sempre più concrete le voci che anticipano un grande, completo Museo delle Scienze in programma su iniziativa della Regione. Dice il prof. Sbarsi: «I ragazzi ai quali "spiego lo zoo" non sono certo quelli che hanno buttato 33 chili di pietre nella vasca delle otarie o che cercano di accecare gli animali in gabbia, sono convinto che la strada per quella coscienza naturalistica e quel rispetto verso l'ambiente che in Italia ci sono sempre mancati passi anche di qui.»
Ipotesi di chiusura. I tempi sono mutati. L'importazione di animali esotici ha subito severe restrizioni, segnando la fine di un businnes lucroso, la sensibilità ecologica verso il mondo animale si è affinata e l'animale dietro le sbarre non suscita più curiosità, ma pena. Il giardino zoologico cittadino è economicamente in grave perdita e allo scadere della convenzione con la Ditta Molinar, risulta improponibile per le casse comunali l'accollarsi di un deficit così oneroso così come il riscatto di animali di cui non si sa più cosa fare.....
10 Dicembre 1986
Si riunisce la commissione che deciderà la sua sorte. Ultimi giorni per lo zoo.
Entro fine mese scade la convenzione tra il Comune e la ditta che lo gestisce. Tre ipotesi: ristrutturazione dell'impianto (la meno probabile), trasferimento o totale abolizione. Molti auspicano un territorio ampio e senza gabbie, che ospiti solo animali di queste latitudini. Ore contate per lo zoo? Ne discuterà giovedì la Commissione consiliare costituita nel giugno scorso dalla Giunta municipale con l'obiettivo di giungere rapidamente ad una decisione. La convenzione fra il Comune e la ditta Molinar, che da trent’anni gestisce il Giardino zoologico, scade infatti il 31 dicembre mentre l'impianto, che conta ogni anno circa 320.000 visitatori, è in cattive condizioni e necessita di interventi radicali. Si è dunque alla vigilia di scelte importanti, con tre soluzioni possibili: rinnovo della convenzione (che dovrà prevedere vasti lavori di ristrutturazione), trasferimento dell'impianto in altra sede oppure abolizione dello zoo. L'ipotesi del rinnovo è, al momento, la meno probabile. Quasi tutte le forze politiche sono d'accordo che l'area del parco Mlchelotti venga destinata ad altro uso. Il plano regolatore prevede che debba diventare un parco pubblico. Ampio credito trova invece, l'ipotesi del trasferimento, ma non mancano vigorose pressioni per la chiusura totale. Sarebbe un atto di civiltà — spiega l'assessore al verde Marziano Marzano — un modo per scrollarsi di dosso retaggi che risalgono all'impero romano, rinvigoriti dopo il colonialismo, ma ora fuori dei tempi. Lo zoo, come è concepito attualmente, non va bene. Violenze ai danni degli animali sono incontestabili. Basti pensare a predatori e predati costretti a vivere a contatto di vista e di odori. I bambini avrebbero poco da perdere: lo zoo offre loro un'immagine distorta della realtà. Non va tenuto aperto solo per il fatto che si vendono molti biglietti. C'è già una precisa idea sul riutilizzo dell'area: Potrebbe, nascere un parco naturalistico con le strutture murarie già esistenti usate per ospitare piante rare ed un cinematografo, inserito nel normale contesto della programmazione ma specializzato nella programmazione di pellicole a tema ecologico. L'ingegner Luigi Momo, presidente del quartiere Borgo Po, ribadisce la volontà di trovare un'alternativa all'attuale soluzione. Lo zoo non può essere mantenuto nella sua attuale collocazione. Sull'utilizzo dell'area si pronuncerà il Consiglio di Circoscrizione: un parco, magari con qualche struttura sportiva, sembra però la soluzione migliore. Primo ad aver richiesto fermamente l'abolizione dello zoo fu, oltre due anni fa, il consigliere Sergio Galotti: E' una struttura anacronistica — ribadisce ora — che costringe gli animali a vivere in situazioni allucinanti e costituisce uno spettacolo diseducativo ed incivile per le giovani generazioni. Per il prof. Giusto Benedetti, direttore scientifico dello zoo, che la convenzione venga o meno rinnovata è relativo: in caso negativo sarà la città di Torino a farsi carico dell'impianto. Una chiusura è comunque improponibile, piuttosto può essere sensato un trasferimento. Il giardino zoologico adesso è allo stretto: tre ettari sono pochi, l'ideale sarebbero una quarantina. Potremmo cosi creare recinti più ampi e zone per l'allevamento. Dove potrebbe nascere un nuovo zoo? Si è parlato di Stupinigi, della Mandria e delle Voliere. Le soluzioni più praticabili sono forse le prime due, ma è un problema che andrà analizzato nei dettagli. Oggetto di studio dovrà essere anche la gestione economica dell'Impianto se è vero, come sostiene il dottor Sodaro, responsabile amministrativo della Molinar, che l'anno scorso il giardino zoologico ha chiuso con un rosso di quasi trenta milioni.
E poi l’epilogo:
22 marzo 1987
Rimangono 6 giorni alla chiusura dello zoo che era stato aperto 31 anni fa (1956). Dice il direttore: 'Ricordo quando, il 20 ottobre 1955, i giornali con orgoglio lo chiamavano La città zoologica e lodavano il progetto avveniristico dell’ing. Gabriele Manfredi….'
(Dall’archivio storico de La Stampa)
RELAZIONE FINALE DELLA COMMISSIONE CONSILIARE PER IL GIARDINO ZOOLOGICO DEL 19 DICEMBRE 1986
Commissione ZOO
Commissione Consiliare per il Giardino Zoologico del Comune di Torino
19 Dicembre 1986 - Relazione finale
Al termine dei suoi lavori – consistiti in audizioni di esperti di diverse discipline, nella visita ad alcuni giardini zoologici europei e in un ampio dibattito al proprio interno – la Commissione Consigliare per il Giardino Zoologico ha elaborato il seguente documento.
Al momento della sua approvazione erano presenti i consiglieri: Abbà, Alfieri, Antinoro, Bianchi, Francone, Guazzone (presidente), Magnani Noya, Tartaglia, Tedeschi.
1°) La Commissione all'unanimità ritiene che le strutture che ospitino animali vivi sono accettabili solo se esse risultano utili agli animali stessi e più in generale all'ambiente naturale. L'utilità concerne in primo luogo la conservazione di specie in via di estinzione e il ricondizionamento di animali in vista della reimmissione negli ambienti naturali; quindi la ricerca scientifica e il conseguente incremento di conoscenze sugli animali difficilmente acquisibili per altra via; infine l'informazione del pubblico e la sua educazione al rispetto dell'ecosistema terrestre attraverso una conoscenza non superficiale degli animali.
L'organizzazione generale e la gestione di strutture con animali vivi che assolvessero i tre compiti citati devono essere tali da evitare qualsiasi sintomo di “malessere” fisico e psichico degli animali contenuti.
2°) La Commissione a maggioranza ritiene che le tre funzioni di cui sopra devono rappresentare le finalità fondamentali e compresenti di strutture con animali vivi anche se eventualmente non coincidenti con continuità nel tempo.
I consiglieri Bianchi, Francone, Tartaglia preferiscono la seguente formulazione: strutture per la ricerca scientifica o per finalità protezionistiche e/o di ripopolamento possono esistere anche separatamente, ma la funzione espositiva di animali non domestici è accettabile solo se strutturalmente connessa con le altre due.
3°) La Commissione all'unanimità ritiene che per garantire le condizioni suddette è indispensabile che, come avviene nelle situazioni più avanzate, siano gli enti pubblici ad assumersi l'iniziativa in prima persona e che le relative istituzioni vengano equiparate a quelle di interesse scientifico, culturale, educativo.
4°) La Commissione a maggioranza, in considerazione di quanto sopra, propone al Consiglio Comunale l'allestimento di una struttura di vaste dimensioni, da collocare in area idonea, che sia in grado di ospitare una popolazione di animali che appartengano alla fascia climatica e ambientale in cui si trova la nostra regione (temperata, relativamente umida, di pianura, collinare, montana) e una popolazione di animali che appartengano a specie che rientrino in piani collaborazione locale e internazionale per la conservazione, la cura, il ripopolamento.
Particolare attenzione dovrà essere rivolta all'evidenziamento del rapporto tra gli animali e l'ambiente di origine con particolare riferimento alla flora.
In detta struttura dovrebbero essere inclusi:
a) un ampio settore dedicato agli animali domestici organizzato in modo da illustrare le caratteristiche di questi animali e la natura e tipologia del loro rapporto con l'uomo (attuale e passato);
b) un laboratorio didattico per le attività a carattere educativo e informativo che verranno rivolte agli studenti e ai normali visitatori.
I consiglieri Bianchi e Tartaglia ritengono che, pur essendo le precedenti condizioni tali da rendere accettabile una struttura con animali vivi, non sia opportuna la sua realizzazione nell'area torinese; propongono invece la costituzione nella nostra città di uno zoo-fattoria con laboratori didattici annessi.
Il consigliere Francone, in base alle considerazioni espresse nei punti 1°, 2°, 3° fornisce le seguenti indicazioni:
A) Si può realizzare una “animal house” in cui siano mantenute quelle specie in via di estinzione che sono oggetto di un progetto di salvataggio e le specie autoctone per le quali vi è un progetto di reinserimento. Questa struttura potrà essere inoltre attrezzata a ricovero per animali selvatici feriti da curare e reimmettere nell'ambiente.
B) La ricerca scientifica sugli animali potrà essere svolta principalmente presso parchi naturali, oasi di protezione o comunque in natura.
C) Nei parchi naturali e nelle oasi di protezione devono essere incrementate le iniziative rivolte all'informazione naturalistica e all'educazione con la predisposizione di percorsi naturalistici guidati (natur trail) e itinerari didattici per le scuole.
D) Ai margini della città si potrebbe realizzare uno zoo-fattoria per bambini organizzato in modo da illustrare le caratteristiche degli animali domestici e la tipologia del loro rapporto con l'uomo (attuale e passato); un laboratorio didattico per le attività a carattere educativo.
5°) La Commissione all'unanimità propone la creazione, alle stesse condizioni sopra indicate, di una stazione di osservazione, conoscenza, ricerca sul fiume, in stretta relazione con il costituendo “Museo del Po” nel Parco delle Vallere.
Le sue componenti potrebbero essere le seguenti:
-ambienti fluviali e lacustri con pesci, molluschi, anfibi, rettili, insetti ricostruiti in acquari e terrari;
-riproduzione all'aperto di una zona umida con uccelli e piccoli mammiferi;
-centro audiovisivi con documentazione relativa al fiume e ai suoi problemi;
-spazi per esposizioni temporanee di argomento fluviale e naturalistico in genere;
-laboratorio didattico per lo studio operativo delle acque e degli organismi presenti nel fiume;
-punti di osservazione diretta dell'ecosistema fluviale.*
*Il Consigliere Francone ritiene che la suddetta struttura sia l'unica alternativa allo Zoo attuale da prospettarsi in ambito urbano per favorire una corretta cultura ambientale.
6°) La Commissione all'unanimità ritiene che l'ubicazione del suddetto sistema dovrà essere attentamente esaminata. Al momento si possono individuare alcuni criteri di massima.
Tale struttura potrebbe articolarsi lungo il fiume Po, con riferimento principale al “Museo del Po” alle Vallere da un lato all'Acquario-Rettilario già esistente dall'altro.
Il Parco Michelotti dovrà comunque essere restituito alla sua destinazione di verde pubblico per i cittadini (elemento del Parco Fluviale) attraverso l'eliminazione dell'attuale recinzione, di gran parte dei fabbricati, mantenendo esclusivamente quelli pregevoli dal punto di vista architettonico ed indispensabili agli usi di cui al punto precedente, e attraverso l'eliminazione del deturpante parcheggio esistente.
7°) La Commissione all'unanimità ritiene che per procedere nella direzione delineata il Comune dovrebbe:
- costituire un ente autonomo al quale vengano chiamati a partecipare la Regione, la Provincia, l'Università, le associazioni conservazionistiche, eventuali altre istanze pubbliche e private; in particolare l'Università dovrebbe fornire garanzie di scientificità per la progettazione e la conduzione e la Regione i collegamenti con la politica dei parchi naturali e dei musei;
- contemporaneamente incaricare un collegio di esperti qualificati di produrre un progetto operativo delle nuove strutture, definendo il valore dei relativi parametri quantitativi (estensione, numero animali, servizi e infrastrutture, personale, fabbisogno finanziario ecc.).
Il finanziamento delle opere necessarie e della gestione dovrà essere garantito dagli Enti Locali e potrà venire integrato dai proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso e dalle sponsorizzazioni.
8°) La Commissione, con l'astensione del Consigliere Francone, ritiene che il Comune debba comunicare entro il 31/1/87, come previsto in delibera, alla Ditta Molinar quali animali, tra quelli esistenti nello Zoo attuale, intende acquisire in vista della loro sistemazione definitiva negli impianti sopra indicati e si adoperi perché tutti gli altri vengano rimossi entro il 31/3/87 per venire collocati in strutture che non determino un regresso ambientale e di trattamento rispetto alla condizione attuale.
A partire dal 1/4/87 l'attuale Zoo di Parco Michelotti venga chiuso al pubblico e sia cura del costituendo ente, o in attesa della sua costituzione direttamente del Comune con i mezzi che si renderanno necessari, gestire la fase di transizione.
Torino, 19 dicembre 1986
PARCO MICHELOTTI: LE ASSOCIAZIONI PRESENTANO RICORSO AL T.A.R.
Comunicato Stampa del 7 Novembre 2016
Le associazioni (ambientaliste ed animaliste) che fin dai primi mesi del 2015 hanno seguito la “riqualificazione” di parco Michelotti, Giovedì 27 ottobre 2016 hanno presentato il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, con il quale si chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare, della Determinazione Dirigenziale del Comune di Torino, datata 29 giugno 2016, che ha disposto l’aggiudicazione definitiva della concessione di valorizzazione della porzione c.d. exZoo di Parco Michelotti al r.t.o. composto da Zoom Torino s.p.A. e Zoom in Progress s.r.l., nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenti.
Sono molti i profili di illegittimità riscontrati nella procedura: violazioni di legge, vizi di difetto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso di potere. Criticità che si traducono in una gravissima lesione degli interessi diffusi della collettività e del diritto di fruizione di un parco pubblico da parte dei cittadini, per la realizzazione di un progetto che, nonostante gli annunci, avrebbe un pesantissimo impatto ambientale.
Tra le altre cose il progetto prevede infatti un consistente aumento sia delle superfici cementificate ed impermeabilizzate, sia delle volumetrie. La realtà è ben lontana dagli slogan e dalla narrazione che è stata fatta da Zoom e dall’amministrazione. Il “sostenibile” “Bioparco” ZoomCity sarà un grosso parco divertimenti, con enormi strutture che altereranno pesantemente e in maniera definitiva parco Michelotti e i suoi bellissimi viali.
In generale, si è proceduto alla aggiudicazione definitiva senza indagare sufficientemente su troppi aspetti fondamentali: lasussistenza della finalità di interesse pubblico, il rispetto della normativa in materia urbanistica, gli effettivi impatti sul territorio, l’affidabilità economico-finanziaria del soggetto proponente.
Il tutto è ancor più grave per la assurda riproposizione di un Zoo, nonostante la chiusura nel 1987 del giardino zoologico del Michelotti fosse stata fortemente voluta e condivisa dalla cittadinanza. L’utilizzo di denominazioni (Bioparco, Fattoria didattica) con cui si cerca di ammorbidirne i contenuti, non ne cambiano certo la sostanza: il progetto è chiaro sul punto e parla di molteplici specie di animali esotiche e non: lama, tacchini, maiali, zebù, oche, cavalli, pesci, uccelli, rettili, ecc. La memoria storica del vecchio zoo andrebbe piuttosto cancellata, abbattendo i reliquati esistenti.
La precedente amministrazione comunale, nel 2015, ha agito non nell’interesse della collettività, svendendo un bene pubblico, ignorando varie proposte di privati pervenutegli (che lasciavano il parco liberamente fruibile da tutti), a cui è stata preferita quella di Zoom s.p.A. L’attuale amministrazione ha dichiarato di non poter revocare in autotutela perché sconsigliato da un parere dell’avvocatura comunale, il quale però non è stato mostrato alle associazioni e, stando a quanto riportato dall’amministrazione, presenta un contenuto assai generico e vago. L’amministrazione inoltre non ha risposto relativamente alle molte irregolarità procedurali, che le associazioni hanno segnalato nell’ambito di una seduta di commissione consiliare che si è svolta lo scorso mese e che, se confermate, solleverebbero il comune da ogni responsabilità qualora decidesse di non firmare la convenzione (il comune in tal caso sarebbe anzi tenuto a fermare il progetto). Ci chiediamo, quindi, se questi approfondimenti siano stati realmente effettuati dal Comune. Essi sarebbero doverosi, considerando che, con il progetto Zoom, si perderebbe definitivamente un parco pubblico molto importante per la città. Le gravi irregolarità sono state comunque sottoposte alla valutazione dell’autorità giudiziaria preposta, che ci auguriamo faccia chiarezza su questa operazione.
Queste le associazioni/comitati che hanno presentato il ricorso: L.a.c. (Lega per l’abolizione delle caccia), L.A.V. (Lega antivivisezione), Le Sfigatte, L.i.d.a. (Lega italiana diritti degli animali), L.i.d.a. tutela felini, Oltre la Specie Onlus, Pro Natura Torino, Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori, S.O.S. Gaia.